Ho letto un libro che è un capolavoro

CINEMA, LETTERATURA, SCHIROPENSIERO

Ho appena finito di leggere un libro che, secondo me, è un capolavoro.
“La scomparsa dell’Erebus” di Dan Simmons parte dalla spedizione delle 2 Una illustrazione ispirata alla spedizione di John Franklynnavi della marina Inglese “Erebus” e “Terror” che, capitanate da Sir John Franklyn, erano partite nel 1845 alla ricerca del cosiddetto Passaggio a Nordovest, ovvero un modo per andare dall’Oceano Atlantico al Pacifico passando dal Polo Nord e senza necessariamente doppiare il Capo di Buona Speranza.
La spedizione finì in tragedia. Solo recentemente, il ritrovamento del corpo di un membro della spedizione (conservato per tutti questi anni dal gelo del Polo Nord e restituito dal riscaldamento globale) ha permesso di ipotizzare che una delle possibili cause del disastro fu il cibo avariato, per l’imperizia di chi ha stivato le scorte alimentari della spedizione, cercando di risparmiare nella gara al ribasso per assicurarsi l’appalto della Royal Navy. Ma cosa sia successo davvero, non lo sa nessuno.

Simmons ci presenta la storia da quando le navi sono bloccate nel ghiaccioDan Simmons e uno strano essere mostruoso (che viene descritto come un gigantesco orso bianco) inizia a decimare l’equipaggio. Ci racconta anche della morte di Franklyn e di come l’irlandese Francis Crozier assuma il comando dell’intera spedizione. Ci racconta di quando i 2 equipaggi decidono di abbandonare la nave. E io non andrò oltre nel descrivere l’ossatura del libro, perchè vorrei che chi mi legge fosse incuriosito e andasse a cercare il come finisce nell’originale stesso.

“La scomparsa dell’Erebus” è letteratura popolare, ma estremamente colta. Simmons si ispira palesemente a Melville (con tanto di citazione in premessa di uno dei passi di “Moby Dick” in cui si parla della bianchezza, questa volta abbinandola al terrore e non agli aspetti mistici legati al personaggio di Achab) e a Edgar Allan Poe e al suo “Resoconto di Arthur Gordon Pym” (1838, si può dire che sia il primo e unico romanzo del geniale scrittore statunitense e certo Melville, “Moby Dick” è del 1851, lo lesse con attenzione). Poe viene anche citato direttamente, visto che i marinai delle 2 navi preparano la scenografia di una festa ispirandosi al racconto “La maschera della morte rossa”, che all’epoca dei fatti era stato appena pubblicato.
Simmons dedica addirittura il libro al cast del film “The thing”, un classico della Fantascienza anni ‘50, di cui realizzò un remake di successo Carpenter a fine anni ‘70 (ambientato proprio al Polo) e che a sua volta è ispirato a “Who goes there” di John W. Campbell, un libro scritto nel 1938 e ritenuto uno dei capolavori assoluti della Science Fiction di ogni tempo. Campbell,  ai tempi in cui dirigeva la rivista “Astounding Science Fiction”, fu colui che scoprì il grande Isaac Asimov.

“La scomparsa dell’Erebus” è nobilitato da un personaggio strepitoso come Francis Crozier, un perdente (ci viene presentato con la descrizione di una pesante delusione d’amore) dall’animo nobile e dai valori importanti (pur vacillanti), che conosce bene il “Leviatano” di Thomas Hobbes e ne fa suo il pessimismo sulla condizione dell’uomo: “La vita dell’uomo è solitaria, povera, cattiva, brutale e breve”.
In fondo, anche Melville era un perdente. “Moby Dick” è un caposaldo della letteratura americana, ma con l’autore in vita vendette meno di 3.000 copie.

“La scomparsa dell’Erebus” è in gran parte tratto dal diario (trucco di fiction, visto che è un diario immaginario) del medico di bordo Goodsir e ci avvicina all’orrore del cannibalismo. Proprio come “Il resoconto di Arthur Gordon Pym”.

“La scomparsa dell’Erebus” è scritto magnificamente. Nonostante sia quasi 800 pagine, facevo fatica a staccarmi e le ultime 100 pagine le ho centellinate, dispiaciuto all’idea che stesse avvicinandosi l’ultima pagina.

“La scomparsa dell’Erebus” ci avvicina alla cultura degli esquimesi, alla mitologica figura del Tuunbaq (il mostro con sembianze di orso bianco) e ci dice che l’uomo bianco in quell’ambiente c’entra poco e tende a fare danni.

“La scomparsa dell’Erebus” si intitola originariamente “The Terror”, che è il nome della seconda nave della spedizione, ma anche un agevole gioco di parole in Inglese. I traduttori temevano evidentemente che quella “e” in più impedisse al lettore Italiano di capire il gioco di parole in questione.