20220504 Real Madrid

Money League di Deloitte ci spiega che il calcio italiano non è povero, spende male

CALCIO, Sport Management e Marketing

La Money League di Deloitte è la miglior analisi indipendente sui conti delle squadre di calcio europee. Non a caso, la stampa mainstream italiana le riserva solo trafiletti. Me ne sono occupato in passato, ma dopo l’impatto della pandemia sulle ultime 2 stagioni, è bene leggerla con occhi diversi. L’ultima edizione, la numero 25, riguarda i dati della stagione 2020-21.

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Sono aumentati i ricavi dei 20 club più ricchi del mondo. Toccano quota 8.2 miliardi di euro ma, avverte Deloitte, nel 2018-19 il totale dava un miliardo in più.

La vera differenza la fanno i ricavi da stadio. Valgono l’1% del totale, mentre prima della pandemia erano pari al 15%. Nella stagione 2016-2017 toccavano il 17%.

Il fatturato dei 20 club è composto al 56% dai diritti televisivi, che sono pari a 4.5 miliardi, più di quanto i club introitassero prima della pandemia. Il 43% dei fatturati è dato dagli introiti commerciali, che sono calati del 6% ma valgono pur sempre 3.5 miliardi in totale.

La classifica di Deloitte ci consegna chiaro il perché della superiorità della Premier League. La metà dei primi 10 club è rappresentata da squadre inglesi. Ci sono anche 3 spagnole, 3 italiane, 2 tedesche, 1 russa e 1 francese.

Tra le posizioni 21 e 30 ci sono 4 inglesi, 4 italiane, 1 spagnola e 1 tedesca.

Insomma, noi piangiamo tanta miseria, ma a parte i club inglesi, non c’è nessuno in Europa che possa contare su così tante risorse come i club italiani.

Occorre naturalmente sottolineare come tra il club più ricco (il Manchester City, 644.9 milioni di fatturato) e la più ricca delle italiane (la Juventus, nona assoluta, con 433.5 milioni) ci sia di mezzo praticamente il Milan (al posto 19 con 216.3 milioni). Va anche detto che tra le prime 5 ci sono 2 delle spagnole (Real Madrid, secondo a 640.7, e Barcellona, quarto a 582.1). Aggiungendo che il tedesco Bayern Monaco è terzo (611.4) e che il francese Paris St Germain (PSG) è sesto (556.2). Non c’è insomma nessuna italiana nel club di chi fattura dai 500 milioni in su (l’ultima iscritta, il Liverpool, è settima a 550.4). La Juve abbiamo visto che è nel club dei 400, l’Inter (posto 14) fattura 330.9 milioni e le altre ricche italiane variano dai 163.5 milioni della Lazio ai 190.4 della Roma. L’Atalanta, pur avendo partecipato alla Champions League, si ferma a 187.6 milioni.

La Juventus ha un fatturato composto al 55% dai diritti televisivi. Introita 237 milioni, più del PSG (201.8), che però ha un fatturato composto al 61% da introiti commerciali. Dei sospetti sul fatto che si tratti di sponsorizzazioni di comodo, sappiamo tutti. Ma qui parliamo di numeri ufficiali e non di voci.

Gli unici altri club che introitano più da proventi commerciali che da diritti televisivi sono il Bayern (42 contro 56%) e Real Madrid (49 contro 50%). Entrambi hanno avuto, nonostante la gran parte della stagione sia stata giocata a porte chiuse, proventi da stadio. Il Milan (68%) e l’Inter (65%) hanno avuto un budget 2020-21 in gran parte prodotto dai diritti televisivi.

Questa composizione di bilancio si riscontra anche in gran parte dei club della Premier League e non si tratta di un segnale particolarmente incoraggiante per il futuro.

Il report completo di Deloitte

So benissimo che il primo esercizio che abbiamo fatto tutti compilando il nostro budget nei lavori da studenti è stato aumentare gli introiti da sponsorizzazioni per far quadrare i conti. Nella realtà, farlo non è facile come dirlo. Nemmeno se si è il PSG o il Manchester City o la Juventus e si conta su proprietà in grado di chiedere e ottenere “favori”. Ma la strada che porta a gestioni sostenibili è solo questa: aumentare gli introiti che non derivano dai diritti televisivi. Quindi i soldi che arrivano dagli sponsor (proventi commerciali) e quelli che derivano dallo stadio (biglietti, abbonamenti ma anche concessioni, intitolazione dell’impianto e quant’altro).

C’è un’ultima considerazione da fare. Una gestione sostenibile passa dallo spendere in base a quello che il nostro conto economico (costi operativi e ammortamenti) ci permette di spendere. Non ci si dovrebbe indebitare per finanziare la gestione corrente. Non è razionale. Una società per azioni non è uno Stato sovrano che emette debito pubblico e lo finanzia a scandenza emettendo nuovo debito. E’ un’azienda a fine di lucro che se subisce perdite deve andare dai soci a chiedere di ripianarle. E indebitarsi significa (o dovrebbe significare) spendere oggi quello che si sa non potrà essere speso in futuro.

Andrea Agnelli ha detto pubblicamente che il suo compito non è fare utili ma vincere trofei. L’affermazione contiene una parte di verità. Ma alla luce di questo, Agnelli e la Juventus non dovrebbero scegliere la formula della società quotata in borsa. O concepire operazioni cervellotiche come l’ingaggio di Cristiano Ronaldo. Del quale non si discute il valore di calciatore, ma si stigmatizza l’impatto catastrofico sui conti della società.

I club italiani contano, come abbiamo visto, su risorse importanti. Devono però imparare a spenderle meglio. E devono sposare modelli di gestione che garantiscano la sopravvivenza anche se per qualche stagione si fallisce la qualificazione alla Champions League.

I club devono imparare a condividere la loro situazione economica con i tifosi, aiutarli a capire cosa aspettarsi. La stampa deve aiutare i club facendo il suo mestiere. Ovvero raccontando le cose come stanno. Senza mettere in giro scemenze come quella delle magliette con il numero 7 che avrebbero ripagato quanto speso per portare il magico Cristiano in Italia.

2022 Money League Deloitte
I fatturati dei 20 club più ricchi d’Europa

 

La foto di copertina è tratta dal profilo Twitter del Real Madrid