Il Nador Tour si allarga. Alla volta di Grosseto, sono partiti 2 equipaggi. Non sono mancate discussioni per individuare il percorso più adatto.
Per farmi alzare il sabato mattina prima delle 8 ci devono essere motivi molto seri. In effetti, non riesco su 2 piedi a trovarne uno più serio del Nador Tour. E dopo aver lottato per ottenere la scelta del percorso (da Parma verso La Spezia, A12 fino a Rosignano e poi super strada), non avevo la forza per lottare anche sull’orario.
Grosseto è il posto dove ho debuttato come radiocronista in trasferta. Era il 1985 e ricordo un viaggio in treno non esattamente comodissimo e 3 radiocronache effettuate sotto l’occhio (e l’orecchio…) vigile del Commissario Politico travestito da classificatore Cinzia Machetti. Con la quale ebbi anche un acceso scambio verbale e rimediai pure un rimbrotto dal primo classificatore: “Non puoi trattare male una signora che aspetta un bambino”.
Dovete sapere che a quel tempo avevo una mia personale battaglia con i classificatori di tutta Italia (a parte un certo Caldonazzo di Torino), che erano gelosi della linea telefonica come nemmeno Otello con Desdemona.
La scena più bella la vissi però poco prima della partita pomeridiana del sabato. Come mia abitudine, nata allora e conservata attraverso i decenni, ero passato dai 2 dugout per recuperare le formazioni e stavo ridacchiando con qualche giocatore del Parma. Dalla balconata una ragazza mi si rivolse così: “Che ti ridi, che sei tanto frocio che non saresti neanche capace di venire a letto con me” (la parte finale della frase l’ho resa più presentabile, rispetto a quanto l’autrice aveva sentenziato a suo tempo).
A pranzo sabato 28 maggio ho confessato a Marco Mazzieri, che quel giorno doveva essere in campo, che a distanza di quasi 40 anni (37, ad essere precisi; per dire, Alessandro Maestri veniva al mondo in quei giorni) sono giunto alla conclusione che dovevo prenderlo come un complimento.
Il pubblico di Grosseto in quegli anni era appassionato e molestissimo. Ma più che altro durante la partita. Nel dopo partita, il rischio peggiore era di trovarsi invischiati in discussioni interminabili e nelle quali era impossibile avere ragione. Spesso le si concludevano seduti allo Yellow, unica pizzeria di Grosseto con orari adatti ai cronisti e ai tifosi di baseball. Non ho mai veramente imparato la strada per andarci dallo stadio Iannella, ma questo è un altro discorso.
Mazzieri, che ci ha accolti per l’aperitivo presso il suo autosalone, è stato uno dei 2 allenatori della nazionale di baseball (l’altro è Giampiero Faraone, che spero di visitare a Nettuno quanto prima) con cui ho lavorato in qualità di responsabile della comunicazione della FIBS. L’unico che mi ha costretto a fare lavoro atletico defaticante con la squadra dopo un volo Roma-Bangkok-Taichung (Taiwan). Fu istruttivo, perché mi permise di capire quanto relativo sia il concetto di corsa lenta. Intendo che quello che pare a me corsa lenta differisce non di poco da quello che intendono, che so, Mario Chiarini o Gianni Natale.
A tavola con noi c’era anche Angelo Fanara, primo allenatore di Mazzieri e mio personale Maestro. Più di vita che di baseball, se vogliamo dirla tutta, visto che non ho mai avuto l’onore di giocare per lui.
La prima volta che mi confrontai con Fanara nel mio ruolo di responsabile della comunicazione FIBS, lui mi trattò malissimo. Incassai, feci una riflessione, e tutto sommato convenni che dovevo rispetto a questo signore dal capello candido e dal pizzetto perfettamente curato come io non lo avrei mai avuto. E dissi a me stesso che non aveva avuto tutti i torti a trattarmi male, visto che io da responsabile comunicazione non è che avessi tutta questa autorità sulla formazione dei tecnici.
Da quel giorno del lontano 2002, penso che il professor (titolo da me conferitogli a seguito di quella ramanzina) Fanara non mi abbia mai più dato torto. Al contrario della di lui signora, di cui al momento mi sfugge il nome di battesimo, che ha sempre vivisezionato la mia intera produzione per Baseball.it e FIBS.it, non facendo mancare gli appunti critici. Che sono qualcosa che, superato il primo momento di ego ferito, ho sempre ritenuto utile strumento di crescita.
Il professor Fanara si è presentato all’appuntamento con un carico di olio d’oliva ragguardevole. Dopo averlo travasato, è apparso chiaro come il signor Giulio Montanini (destinatario dell’olio e precedentemente manager del professor Fanara in selezioni azzurre) avesse correttamente indicato la necessità di muoversi verso la Maremma con 2 auto. Il nostro fotografo e food&beverage manager Corrado Benedetti ha naturalmente inteso riservarsi un quantitativo di quanto prodotto dai frantoi indicati dal professor Fanara.
Oltre all’olio, Fanara ha regalato il suo primo contatto con il baseball (e il softball) avvenuto nei primi anni 50 del secolo scorso nella natia Isola d’Elba. Un futuro Preside della Normale di Pisa, all’epoca studente titolare di borsa di studio negli Stati Uniti, avviò i giovani isolani alla pratica. Fu amore a prima vista, naturalmente.
Mentre sfogliavo la sua ultima produzione (Il grande romanzo del circolo pattinatori, scritto assieme a Matteo Alfieri) Maurizio Caldarelli ha provato a mettere in discussione lo scudetto vinto dal Milan la domenica precedente. Non ho potuto rispondere come avrei voluto, visto che avevo promesso a Fabio Ferrini (che tifa per l’altra squadra di Milano, quella nata dopo) che non avrei infierito a tavola. Mi sono limitato a dire: “Il Milan spera che continuiate a sottovalutarlo”.
Grosseto, insomma, è tornato. Me lo hanno confermato Caldarelli, che nella miglior tradizione dalla tavola si è portato allo stadio, e Ferrini. Ambisce a piazzarsi tra le prime 4. E un Grosseto nelle finali, fa baseball italiano di quello che vale la pena andare a vedere.
Mazzieri invece era preso dalla sua squadra Under 15. Personalmente, faccio fatica a capire come il baseball italiano di alto livello possa prescidere da un tecnico come Marco. Ma sarò io che non capisco.
La guida gastronomica Baldhead
La Parolaccia da Primo in Roselle ci ha accolti in una saletta riservata. I menu sono rimasti in tavola pochi minuti, visto che si è capito subito che Mazzieri era di casa. E memore di come mi abbia salvato la vita non poche volte a Taiwan con l’olio e il parmigiano che si portava dall’Italia, ho deciso di dargli incondizionata fiducia.
Al fatto che il prosciutto sarebbe arrivato in tavola salato e il pane sarebbe stato sciapo, ero preparato. Meno preparato ero al fatto che i tortelli con il ripieno di erbette e ricotta fossero ricoperti di ragu. Ma superato l’iniziale orrore da purista parmigiano (i tortelli con lo stesso ripenio a Parma si mangiano affogati nel burro e asciugati nel parmigiano), ho apprezzato. Non tanto come ho apprezzato le tagliatelle al ragu di cinghiale. Cottura perfetta, consistenza ed equilibrio del sugo impeccabile. Anche qui, si è sfiorato un mezzo incidente diplomatico quando il cameraman del Nador Tour Davide Ferrari, dall’angolo opposto del tavolo, ha ipotizzato di accompagnare il ragu di cinghiale con formaggio grattuggiato. Ferrari ha anche disdegnato il Sangiovese della casa, preferendo il Prosecco. Ma è un bravo cameraman. E un amico.
I secondi erano una tagliata che io ho assaggiato appena, un misto di arrosti appena sfornati e cotti in maniera impeccabile (classico test scottadito, superato) e un cinghiale in umido del quale mi era evidentemente rimasta la voglia, visto che l’oste si è affacciato per chiedermi se ne volessi ancora un po’. Senza che io accennassi al rifiuto, ovviamente.
E’ stato un pranzo da cinque teste pelate con lisciata di testa.
Di solito in queste occasioni salto il dolce. Ma l’offerta di tiramisu fatto in casa ha scalfito la mia resistenza. Tanto, come insegna il Pato, basta poi saltare la merenda.
Considerato il prezzo veramente da amici, la saletta riservata e tutto, ci stanno anche le cinque bacche di prunolo.
Nota: le teste pelate (da 1 a 5) si riferiscono alla cucina, le bacchie di prunolo (sempre da 1 a 5) al servizio.
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