Dopo aver letto Il Primo Cittadino (conversazione con la giornalista Marta Serafini) e Una rivoluzione normale (scritto di suo pugno) sono giunto a una conclusione: Federico Pizzarotti, il Sindaco di Parma, ha poco da dire.
Per la prima volta negli ultimi tempi ho nominato il Sindaco con il suo nome e cognome e non con il Capitan Pizza con cui lo apostrofa Beppe Grillo e che certo non è un vezzeggiativo nè tantomeno un attestato di stima. Ho letto in Una rivoluzione normale che Pizzarotti non accetta la presa in giro e lo posso anche capire. Ho poi seguito con attenzione (via Facebook) la conferenza stampa di Pizzarotti e mi hanno colpito queste parole: “Dietro un Amministratore c’è sempre una persona”.
Devo ammettere che mi sono sentito solidale con Federico (un altro po’ e diventiamo amici…), semplicemente perchè nella sua situazione mi sono trovato anch’io: c’è gente che ti offende (anche in modo gratuito) e se poi reagisci, sei tu quello cattivo.
Solidarietà a parte, Federico, ora che siamo amici te lo posso dire: sei stato un Sindaco mediocre e che non lascerà il segno. Ti vanti tanto della riduzione del debito, ma per quello sarebbe bastato lasciare la gestione al Commissario Prefettizio. Da parte di un Sindaco eletto (oltretutto, da ben 6 elettori su 10, tra quelli che hanno partecipato al secondo turno) ci si aspetta anche altro. Ad esempio, una visione.
E’ vero che io a Parma non ci sono stato poi tanto spesso (specie da aprile a settembre), ma in che direzione vuoi far andare la nostra (mia e tua) città, proprio non l’ho capito. Per cui, te lo voglio dire chiaro, se ti ripresenterai alle elezioni io farò esattamente come ho fatto nel 2012: non ti voterò.
Fine della parte confidenziale.
La cosa che mi piace meno del Sindaco è che Federico Pizzarotti è stato eletto perchè visto come l’uomo capace di cambiare tutto, l’uomo che avrebbe impedito di accendere il forno inceneritore, l’uomo che sale sul palco con Beppe Grillo. Nel libro Il Primo Cittadino scrive o Marta Serafini riporta): “Non mi ci ritrovo nella loro logica delle poltrone (…) Invece con il Movimento è diverso. E’ impegno civile aperto a tutti…”
Una volta diventato Capitan Pizza, impiega invece circa 150 pagine (scritte, sia detto per la cronaca, con un font a prova di presbite) per convincerci esattamente del contrario. Ovvero che lui non è uno che accetta di dividere il mondo in buoni e cattivi, che il forno non si poteva evitare che venisse acceso, che il comico uscito dalla pensione (se lui è Capitan Pizza, chiamo anche Beppe Grillo in modo coerente con la definizione che trovate in altri articoli di questo sito) e il povero Casaleggio pretendono di manovrare gli eletti e questo è inaccettabile.
Una rivoluzione normale è edito da Mondadori (ho già detto che sono invidioso, perchè a me Mondadori non ha mai offerto di pubblicare) e fa parte della catena Madeleines Memorie, che ha ospitato il memorabile Sono una donna, sono la Santa di Daniela Santanchè.
A pagina 100 Capitan Pizza ci regala qualcosa che il suo ex capo definirebbe così (cito da uno spettacolo di Beppe Grillo, che parlava del libretto inviato da Berlusconi alle famiglie): “De Amicis deve andare a cagare, qui siamo di fronte a qualcosa di stupendo”.
Ecco le parole di Pizzarotti: “…Mi dedico al libro nella tranquillità di un pomeriggio scandito dalla cicala, che a qualche decina di metri dalla finestra socchiusa frinisce tra i rami…”.
Escludo che Mondadori non abbia un editor capace di dire: “Pizza, che cacchio ne sai che era a qualche decina di metri e tra i rami?”. Per cui, sono assolutamente convinto che questa frase da telenovela brasiliana sia lì per uno scopo.
Capitan Pizza ci vuol dare l’immagine di uno di noi e ce la dà attraverso il linguaggio di quelli di noi che vivono di serie TV. Eccellente operazione di comunicazione. Ma di vero, c’è poco.
Questa frase passa anche meno: “Vivo per la mia città, tenendo i piedi nel fango e lo sguardo rivolto verso le stelle”.
A questo punto, mi aspettavo anche che scrivesse: “Ho visto cose che voi umani non potete nemmeno immaginare”. Saremmo stati a posto.
Con il libro Capitan Pizza prova anche ad accreditarsi come quello delle letture giuste (citare Oltre il confine di Cormac Mc Carty è una buona mossa; trovo invece sospetto che il verso da E l’amore guardò il tempo e rise di Pirandello sia presentato con le stesse parole con cui la presenta il blog Restaurars). Mi cade invece un po’ sui film, perchè Ogni maledetta domenica di Oliver Stone è un po’ troppo facile (e ovvio), come citazione di chi deve accreditarsi come uno capace di fare squadra. Lui è tornato (lui è Adolf Hitler, il film è tratto dal primo romanzo del giornalista tedesco Timur Vermes) di David Wnendt invece è stato bravo a beccarlo su Netflix, visto che al cinema in Italia c’è rimasto solo 3 giorni nello scorso aprile.
Apprezzo di più il Pizzarotti realista: “…e nelle passioni, nelle aspirazioni, nei traguardi, nella vita e nella politica, per ogni storia finita ce n’è sempre una che, alla fine, comincia…” (torniamo amici, Federico: credici o no, sono solidale anche qui).
Trovo anche (resto confidenziale), per parlare della tua Amministrazione, positivi i risultati che hai ottenuto con la raccolta differenziata dei rifiuti.
Al Pizzarotti realista voglio segnalare, se gli è sfuggita, la dichiarazione di Chiara Appendino (neo Sindaco di Torino; a me dire Sindaca con la a non piace, preferisco dire la Sindaco, con il genere nell’articolo), che definisce la sua scelta di uscire dal Movimento “Legittima, ma non la condivido”.
La Chiara (sono quasi amico anche con lei…), in una intervista concessa a Massimo Gramellini per La Stampa, dice anche che “Il cliché Cinque Stelle pesa (…) ma io non mi presento mica con il bazooka…”.
Parla di “senso sabaudo delle Istituzioni” Appendino e dice che “per il cambiamento ci vorrà tempo”.
E’ talmente impeccabile che fa dire a Gramellini: “Questa non è un’intervista in senso classico, ma un eroico (patetico?) tentativo di un dentista delle parole di far spalancare la bocca a un paziente che tiene le labbra serrate un un enigmatico sorriso”.
Tornando a Una rivoluzione normale, visto che è parte di una collana che tira a mano le madeleines, mi permetto di ricordare a Capitan Pizza e alla casa editrice Mondadori la madeleine originale di Marcel Proust: “(…) oppresso dalla giornata uggiosa e dalla prospettiva di un triste domani, mi portai alle labbra un cucchiaino da tè dove avevo lasciato ammorbidire un pezzetto di madeleine. Ma, nello stesso tempo in cui quel sorso frammisto alle briciole del dolce toccò il mio palato, trasalii, attento a qualcosa di straordinario che accadeva dentro di me. Un piacere delizioso mi aveva invaso, isolato, senza nozione della sua causa. Di colpo m’aveva reso indifferenti le vicissitudini della vita, inoffensivi i suoi disastri, illusoria la sua brevità, allo stesso modo in cui agisce l’amore, colmandomi di una essenza preziosa: o meglio, questa essenza non era in me, era me stesso. Avevo cessato di sentirmi mediocre, contingente, mortale. Donde mi era potuta venire questa gioia potente? Sentivo che era legata al sapore del tè e del dolce (….)”.
Voglio dire: magari, il prossimo titolo di una collana sceglietelo meno impegnativo.