Non mi sconcerta tanto che il Veneto Fronte Skinheads esista. Piuttosto, mi lascia perplesso il fatto che nessuno se ne sia preoccupato. Veneto Fronte Skinheads esiste dal 1986, ma per accorgersene le forze politiche italiane hanno avuto bisogno di quella che, attraverso il suo sito, questa sedicente associazione culturale rivendica come “azione”. Una delegazione si è presentata al Chiostrino di Sant’Eufemia di Como durante l’assemblea “degli aderenti alla sedicente organizzazione Como Senza Frontiere”.
Leggo dal sito, incidentalmente caratterizzato dall’uso del carattere gotico, che il Fronte è nato “dopo alcuni anni che il movimento skinhead era già attivo in Veneto, dalla volontà di unire le forze delle varie realtà esistenti sul territorio”. In quegli anni era ormai compiuta la trasformazione degli skinhead britannici (quelli originali, dello spirit of 1969) da sottocultura proletaria sostanzialmente priva di ideologia, caratterizzata dall’amore per la musica ska e reggae (quindi, di origine nera) e per il calcio (passione fatale: porterà alla nascita degli hooligans), a simpatizzanti del National Front (movimento suprematista bianco). Secondo la sua farneticante “terza via fascista”, il National Front chiedeva la reintroduzione della pena di morte (per omicidio, stupro, pedofilia e terrorismo), la messa fuori legge dell‘aborto e l’introduzione del reato di omosessualità. Oltre che l’uscita della Gran Bretagna dall’Unione Europea, cosa che poi riuscirà anche a ottenere.
L’origine proletaria di Veneto Fronte Skinheads appare evidente a chi analizza il contenuto della “denuncia” che hanno fatto a Como il 28 novembre nei confronti della “pletora di organizzazioni o reti che dir si voglia” che dal “dilagare dell’immigrazione traggono i più evidenti vantaggi “. Parlano di “logica schiavista” che “sacrifica i popoli di tutto il mondo sull’altare di un turbocapitalismo alienante”.
Il comunicato è scritto moderatamente da cani (con tutto il rispetto per come scrivono i cani) e, continuando la lettura, si arguirebbe che “tutto questo” (quindi, leggendo letteralmente, il “turbocapitalismo alienante”) è “amplificato ad arte” (ergo: non è vero che è “turbo” e forse nemmeno che è “alienante”) da “un megafono propagandistico di pseudo clericali irretiti dalla retorica mondialista”.
Ovviamente, i nostri intendono dire che il “megafono propagandistico” minimizza gli effetti del “dilagare dell’immigrazione” a favore di coloro che “appoggiano una logica schiavista”.
Come ha scritto qualcuno, questi sembrano “scappati di casa”. Quindi potrebbe essere facile liquidarli con un’alzata di spalle. Ma il problema è che questi sono gli stessi concetti espressi (scritti meglio) da Matteo Salvini tramite i suoi (profumatamente pagati) spin doctor. E sono concetti che ottengono fior di approvazione sui social network, da un sacco di “brave persone”.
La storia di quelli che traggono “evidenti vantaggi” dal “dilagare dell’immigrazione” è stato inoltre uno dei cavalli di battaglia del Movimento 5 Stelle e di Sua Ignoranza Di Maio.
A questo livello, è vero, non c’è più la differenza tra destra e sinistra. Definiamo estremisti di destra personaggi che partono da idee di sinistra per trasformarle in proclami deliranti. O meglio: che io definisco deliranti, ma che non pochi trovano probabilmente illuminanti. Tanto è vero che chi dispone di consulenti per la comunicazione bravi (come lo sono quelli che lavorano per Salvini e i 5 Stelle) ci si tuffa e li fa propri.
Benché io non ami (eufemismo) il Movimento 5 Stelle, mi preme però sottolineare che dall’episodio di Como ha preso nettamente le distanze. Matteo Salvini invece no. Per lui “sono altre le cose importanti”. Ha ridotto tutto a una bravata.
Inqualificabile, al punto che persino Umberto Bossi (che una mente illuminata non la è mai stata ) ha preso posizione per chiarire che la Lega quei voti non deve andarli a cercare. Ma Salvini, e con lui l’ineffabile Giorgia Meloni (che per questo con lui è in conflitto), quei voti li cerca eccome.
Alessandra Mussolini, come vedete dal video sotto, fa parte invece di una categoria talmente impresentabile da scadere nel sublime.
Ci vogliono spregiudicatezza, incoscienza e ignoranza per cavalcare queste idee. Tutte qualità che a Silvio Berlusconi non sono mai mancate. Ma se il Berlusconi di oggi vuole che la Storia arrivi a considerarlo uno Statista, con questi personaggi non si deve alleare.
Allo stesso tempo, chi ce l’ha con il turbocapitalismo, dovrebbe vedere un’alleanza con Berlusconi come il fumo negli occhi. E invece no. Questi qui, non sono neanche buoni come Fascisti. Mussolini, che di suo era bello confuso, un’idea chiara ce l’ha sempre avuta: opporsi alle plutocrazie (Stati caratterizzati dal dominio di grandi industriali e finanzieri), quali lui definiva Inghilterra, Francia e Stati Uniti d’America.
A proposito di Stati Uniti d’America, scrive Ian Buruma (Direttore della New York Review of Books; l’articolo è stato pubblicato in Italiano da Repubblica): “Durante la campagna elettorale Trump ha alimentato il risentimento popolare nei confronti delle élite urbane, ivi compresi i Capitalisti di Wall Street. E ancora oggi continua a fomentare la sensibilità dei razzisti bianchi e di altri individui malamente istruiti che, sentendosi lasciati da parte nel mondo moderno, attribuiscono i propri problemi ai liberali e alle malviste minoranze etniche e religiose”.
Salvini è amico (o almeno, così dice) di Trump, non a caso promette una flat tax, un’unica aliquota fiscale. Su questo lo inseguono i 5 Stelle, mentre Berlusconi queste cazzate le ha già promesse, quindi fa di meglio: dentiere gratis per tutti, via l’IVA sul cibo per cani, pensioni minime a 1000 euro.
Questi sono anche quelli che si lamentano a gran voce per il fatto che l’Italia ha un debito pubblico troppo alto. Che chissà come calerà, se i ricchi che oggi pagano il 43% al fisco su quel che eccede i 70.000 euro di reddito, domani pagheranno il 15%.
Tutti i Fascisti brava gente, che nei bar inveiscono contro gli immigrati (per i quali lo Stato spende i soldi che preleva a loro in tasse), forse non immaginano chi sarà il maggior beneficiario dei cali delle tasse per le aziende che Trump sta provando a introdurre negli USA. Quindi, glielo dico io: Apple che, il Financial Times stima, potrà risparmiare un 47 miliardi di dollari.
Di questo tipo di politiche fiscali ho già parlato a proposito del ritorno di fiamma di qualcuno sulla famigerata curva di Laffer.
Nell’articolo che ho già citato, Buruma parla dell’incontro (1933) di Adolf Hitler con gli industriali dell’HerrenKlub, che finirono con il sostenerlo con 2 milioni di marchi. Cifra che sarebbe stata rispettabile anche nel 2001, ma che all’epoca (per quanto non mi sia tanto facile fare una conversione precisa, vista la particolare situazione economica nel passaggio dalla Repubblica di Weimar al Terzo Reich) era addirittura enorme. L’incontro era stato accettato dagli industriali per verificare cosa avesse realmente in testa Hitler, le cui idee di politica economica erano certamente più di sinistra di quanto potessero tollerare.
Hitler, come scrive Buruma: “Usò i capitalisti per i suoi abominevoli scopi”. Garantì agli ospiti (tra i quali Fritz Von Opel) che avrebbero continuato a essere ricchi. Anzi, in caso di guerra sarebbero diventati ancora più ricchi.
Allora Thomas Mann scrisse che l’HerrenKlub era “l’apripista della miseria”. Ma nessuno lo ascoltò. I discorsi urlati di Hitler erano molto più efficaci.
In questo fatto io trovo un formidabile stimolo alla riflessione: ottiene consenso chi sa come parlare alla gente. E pur essendo lungi da me l’idea di proporre di parlare come Salvini o la Meloni o Trump, devo fare un appello a tutti coloro che inorridiscono di fronte a discorsi come quelli degli Skinhead: troviamo il modo di parlare alla gente.
Vi lascio con il tentativo di chiarimento del Fronte Skinheads. Che certamente chiarisce una cosa: questa gente è pericolosa.