Gli Stati Uniti sono in finale al World Baseball Classic

BASEBALL, World Baseball Classic 2017

Al quarto tentativo, gli Stati Uniti sono in finale al World Baseball Classic. Il Team USA ha battuto (2-1) il Giappone alla fine di una semifinale giocata sotto la pioggia a Los Angeles davanti a oltre 33.000 spettatori.
“Ho giocato tante volte qui” ha detto l’esterno degli USA Andrew Mc Cutchen, che gioca nei Pittsburgh Pirates e conosce il Dodger Stadium “Ma mai in queste condizioni”.
Il Giappone è stato più che degno avversario sul campo e sugli spalti, dove ha operato senza sosta l’orchestra che guida il tifo del Tokyo Dome. La sentite in sottofondo negli highlights (commentati in Spagnolo) che potete visualizzare clickando sotto.

Sono stati decisivi gli errori

Entrambi i punti degli Stati Uniti sono arrivati su incertezze difensive dei Samurai.
Al quarto, con un out, la violenta radente di Yelich è schizzata via dal guanto del seconda base nipponico Kikuchi e Yelich ha poi segnato sul singolo che Mc Cutchen ha battuto contro l’ottimo partente Sugano. All’ottavo il rilievo Senga, che aveva ottenuto 4 strike out in fila, ha subito un singolo da Crawford e ha poi commesso un evidente errore sulla palla ad affetto. Kinsler ha trasformato il lancio in un doppio contro la recinzione. Crawford si è fermato in terza e il Giappone ha avanzato gli interni. Sulla battuta di Adam Jones, il terza base del Giappone Matsuda ha avuto difficoltà a raccogliere la palla. Ha ottenuto l’out in prima (quindi, per lo score non ha commesso errori), ma ha perso l’opportunità di fermare Crawford in terza. Sarà il punto decisivo.
“Innegabilmente ci sono stati errori” ha detto il manager giapponese Kokubo attraverso l’interprete “E la squadra che commette errori di solito perde. Ma i miei giocatori hanno fatto il massimo, non ho niente da rimproverare alla squadra”.
Al cambio campo il Giappone si è giocato il pinch hitter Seiichi Uchikawa (veterano di Fukuoka e del Classic 2009 e 2013, già MVP in Patria sia in campionato che nelle finali), che ha ottenuto la valida sul secondo lancio nel torneo di Mark Melancon e ha lasciato il compito di correre a Kosube Tanaka. Un bunt (chiesto al pur formidabile designato Yamada; è stato il nono del Classic per il Giappone, quanti ne hanno messi a terra tutte le altre squadre messe assieme) ha portato in seconda Tanaka. Melancon ha messo al piatto Kikuchi e poi ha concesso la base ad Aoki. Senza esitazioni, gli Stati Uniti hanno rilevato Melancon e si sono affidati a Pat Neshek per affrontare il temibile slugger Tsutsugoh. Neshek ha servito come quarto lancio un cambio da 70 miglia all’ora scarse, Tsutsugoh ci si è avventato, ma la palla è finita nel guanto di Mc Cutchen all’esterno destro per il terzo out.
Sulla sconfitta, è laconico alla maniera nipponica il commento di Uchikawa: “Eravamo qui per vincere, quindi l’unico sentimento che posso esprimere è quello di grossa delusione”.

Il grande Jim Leyland all’inizio della preparazione

Jim Leyland, MVP degli Stati Uniti

“So che Nishek è il tipo di lanciatore che i giapponesi conoscono, con i suoi punti di rilascio atipici e i cambi di ritmo” ha spiegato il manager del Team USA Jim Leyland a MLB TV “Ma avevo notato che Melancon non era nella migliore giornata e mi sono basato sul quello che Neshek ha fatto fin qui per noi. Se è stata una decisione da bravo manager? Direi proprio di sì…”
Non è un caso se Leyland (classe 1944) ha vinto nella sua carriera 1769 partite ed è stato manager dell’anno sia in National League (1990 e 1992 con i Pirates) e in American League (2006 con i Tigers). Leyland è uno dei 7 manager (gli altri sono Joe Mc Carthy, Al Dark, Yogi Berra, Dick Williams, Sparky Anderson, Tony Larussa; Anderson e Larussa sono gli unici ad aver vinto le World Series in entrambe le Leghe) che hanno vinto sia la National (Leyland l’ha vinta con i Marlins 1997; portò Miami a vincere le World Series e non mi è mai stato chiaro come mai non vinse in quella stagione il premio di manager dell’anno) che l’American League (Tigers 2006).
“È la prima finale per gli Stati Uniti” ha detto Leyland “Ma per me non era questo il problema. Ho lavorato per creare un gruppo e i ragazzi hanno risposto in maniera fantastica”.
Sull’esperienza nel suo complesso Leyland ha commentato: “Questo è il miglior peggior lavoro che ho avuto…devi muoverti con i limiti sui lanci, ti chiedono di dare a tutti l’opportunità di giocare e devi anche vincere…”.
Poi ha mandato una carezza ai club: “Prima di decidere quali lanciatori posso utilizzare nel bull pen in finale, mi confronterò con i General Manager, indipendentemente da quel che dicono le regole del torneo”.
Leyland, che ha accettato il ruolo di manager della nazionale dopo essersi ritirato dalla MLB, ha risposto a una domanda su cosa gli mancava del suo ruolo di allenatore: “Certamente il rapporto con i ragazzi, ma soprattutto la competizione. Per chi opera nello sport, è tutto…”.
Aggiungo che gli USA sono arrivati in semifinale quando in campo a guidarli c’erano veri manager: Davey Johnson nel 2009 e appunto Leyland. Buck Martinez nel 2006 e Joe Torre nel 2013 erano troppo compresi nei loro ruoli di saggi e padri nobili del gioco, più concentrati sul concedere interviste per preoccuparsi di come motivare nel modo giusto gli atleti.

Atmosfera e instant replay

La moviola in campo ce la siamo dovuta bere altre 5 volte, ma almeno in un paio di occasioni ha contribuito a cambiare la decisione dell’arbitro e in fondo la partita è durata solo 3 ore e 12 minuti.
Particolarmente significativo è stato il challenge del terzo inning, chiesto su un pivoting di Kikuchi sul cuscino di seconda che aveva dato luogo a quello che in gergo gli americani chiamano neighborhood play, ovvero quando il seconda base gira il doppio gioco nei paraggi ma non sul cuscino. Da quando è obbligatorio per chi rompe il doppio gioco fermarsi sul cuscino dopo la scivolata, c’è meno tolleranza da parte degli arbitri MLB.
L’arbitro canadese Trevor Grieve (che non ha mai diretto in MLB, ma era anche al Classic 2013) aveva chiamato il salvo. Ma al video opera un arbitro MLB, che ha cambiato il giudizio.
Il baseball dunque cambia, ma continua a suscitare grandi emozioni. La novità (dal punto di vista degli americani) è che i tifosi si stanno appassionando per le imprese del Team USA. Il Dodger Stadium tutto in piedi a scandire iu-es-ei al nono inning era un bello spettacolo.
“Certo, è ben diverso dallo Spring Training” ha detto Brandon Crawford, che nel recente passato ha vinto le World Series con i Giants “E c’è molta più energia rispetto alla regular season. L’atmosfera che abbiamo vissuto qui si avvicina a quella dei play off”.

Andrew Mc Cutchen in battuta

Gli Stati Uniti sono in finale contro Portorico

Saranno Marcus Stroman (Blue Jays) per gli Stati Uniti e Seth Lugo (Mets) per Portorico ad aprire sul monte questa notte la finale.
Leyland ha descritto così Portorico: “Una squadra di giovani di talento, che sono squadra grazie al contributo di professionisti scafati come Beltran e Molina”.
Il manager di Portorico Edwin Martinez ha rilanciato così sul Team USA: “Ti possono battere in molti modi, visto che hanno un line up potente, grandi lanciatori, sanno correre e hanno un’eccellente difesa”.
Entrambe le squadre sono molto profonde a livello di bull pen. Leyland, come abbiamo visto, sta facendo i conti su chi sarà disponibile; in base agli accordi con i Mariners, Martinez era convinto di non avere in rotazione Edwin Diaz e aveva commentato lunedì sera: “Proveremo ad arrivare al nono in vantaggio 7-0….”.
In effetti, (grazie a Daniele Mattioli per la segnalazione) è successo che Diaz in persona si è rivolto ai Mariners perchè gli venisse data la possibilità di lanciare in finale e il manager Servais ha concesso il permesso. Stando a Bob Nightengale di USA Today, potrà lanciare comunque una sola ripresa.
 Per chiudere: a sintetizzare il modo differente che Portorico e Stati Uniti hanno di concepire la partita ci ha pensato Mc Cutchen: “Loro sono una squadra che entrerà in campo a voce alta, saltando e cantando. Non vedo l’ora di giocare…”.