Ripenso alle visuali drammaticamente inebrianti delle rocce a picco sul mare che mi regalava la barchetta a noleggio in giro per Ponza. E’ un esercizio come un altro e mi induce a una serie di riflessioni a ruota libera.
La nazionale di calcio è oggi il vero catalizzatore dell’essere Italiani. Lo avevo già notato durante il Mondiale 2006: ero in giro con la nazionale di baseball che, come è noto, comprende Italiani di lingua Spagnola e Inglese. Ragazzi di cittadinanza italiana, ma che sono nati e cresciuti a migliaia di chilometri dall’Italia. E il tifo per la nazionale di calcio mi è parso una lingua comune di utilizzo più immediato, rispetto all’Italiano.
Fare l’allenatore (con termine di orgogliosa origine d’apparato, lo si chiama in effetti Commissario Tecnico) della nazionale di calcio è un mestiere ben pagato, ma piuttosto difficile.
Poco prima del Mondiale 1982 (la più bella esperienza vissuta della mia vita di sportivo, magari anche perchè non arrivavo a 19 anni di età…), una donna apostrofò Enzo Bearzot come “scimmione” perchè non aveva convocato il suo calciatore preferito (Beccalossi, penso).
Dopo il Mondiale 1970 il CT della nazionale che perse la finale con il Brasile 4-1 (Brasile, dico quello di Pelè, Rivelinho, Jairzinho, Tostao…mica quello di Dunga e Taffarel) Ferruccio Valcareggi venne accolto a suon di pomodori a Fiumicino. Roba da matti, eh?
Gli italiani sono più politically correct, oggi. L’attuale CT Cesare Prandelli si è “tolto” il seguente “sassolino dalla scarpa”: “Mi ha ferito il fatto che si sia sottolineata la presenza di mio figlio nello staff”.
Eh, Cesare. Siamo in un paese complessato dal nepotismo e pretendi che nessuno lo noti? Suvvia!
“E’ un professionista” aggiunge Prandelli. E ci mancherebbe anche che tu facessi ingaggiare alla Federazione Calcio un dilettante solo perchè è tuo figlio.
Voglio dire: fare illazioni è ingiusto, ma chiederti che curriculum ha tuo figlio (che è un preparatore atletico e non tutti conosciamo a memoria l’albo dei preparatori atletici…) mi sembra perfettamente normale.
Sono sicuro che nessuno criticherà il “sassolino”. Perchè Prandelli ha fatto vedere, in un paio di partite, la più bella nazionale che si ricordi dal 1982 (assieme a quella dei tempi supplementari della semifinale contro la Germania nel 2006, che poi conquistò il quarto titolo Mondiale). Ma così non va bene. Lo stesso Prandelli dice che il risultato non deve giustificare tutto o farci dire che va tutto male.
E’ un uomo di buon senso, Cesare Prandelli. Ed è il CT. Quest’ultima qualifica porta a pensare che debba avere un’opinione su tutto.
“Il paese sta cambiando e anche la nazionale deve far posto ai nuovi italiani” disse Prandelli, all’atto della convocazione di Tiago Motta (brasiliano di origine italiana, che ha ottenuto la doppia cittadinanza). Motta è, per la verità, un “vecchio italiano”, nel senso che il suo diritto alla cittadinanza deriva da una legge del 1912 il cui principio di attribuzione della cittadinanza per discendenza non è mai stato messo in discussione. Almeno, non prima del 2008.
La stampa unita alzò allora gli scudi perchè Mario Balotelli (nato Barwha in Italia e affidato dai genitori naturali a una famiglia italiana) era cittadino del Ghana e non poteva rappresentare l’Italia alle Olimpiadi. I ragazzi nati da genitori stranieri in Italia possono ottenere la cittadinanza solo al compimento del diciottesimo anno di età e se hanno vissuto in Italia per almeno 10 anni. Per Balotelli, insigni editorialisti erano pronti a concedere la cittadinanza a tutti i bambini nati in Italia. Ma sono sicuro che avrebbero storto la bocca, se una mamma incinta, magari recuperata su un barcone al largo di Lampedusa, avesse dato alla luce il suo bimbo in un centro profughi e conquistato il diritto a vivere quindi in Italia (straniera, ma madre di un Italiano incapace di provvedere a sè stesso).
La nazionale di calcio rappresenta a tal punto l’Italia, che qualcuno crede di segnalarsi come “unico” sbandierando il tifo contro. Se ci pensate, è molto tipico di noi Italiani parlare malissimo dei vizi del nostro Paese, salvo poi ritenerli virtù se riguardano noi stessi (vedi il babbo CT che assume il figlio preparatore).
Qualcun altro (molti altri), è fermamente convinto che farebbe meglio del CT, gli fosse data l’opportunità di fare le convocazioni.
Non capisco però perchè i CT (negli ultimi 20 anni, tutti: da Vicini a Sacchi, da Maldini a Zoff, da Lippi a (un po’ più sottovoce di altri) Prandelli stesso) si indignano così tanto se le loro scelte vengono criticate.
Prandelli dice che l’Italia deve fare un passo verso la modernità. E io sono d’accordo. Ma la modernità prevede anche che un giornalista si ponga il dubbio: “Perchè hai convocato Borini e non Destro” e il CT risponda argomentando e non con uno stizzito: “Perchè io sono il CT e tu no”.
Per la cronaca: si tratta di un esempio estremo. Prandelli non ha mai risposto così a nessuno.
Da tifoso, ho digerito male il 4-0 contro la Spagna. Specie gli ultimi 5 minuti, specie al gol di Torres (3-0) e per la sua esultanza.
Visto che una delle parole preferite dei calciatori del secolo 21esimo è “rispetto”, perchè gli azzurri non ne hanno chiesto di più a Torres? A calcio si rispetta un avversario anche segnandogli tutti i gol che si possono segnare, ma certamente si sta molto attenti a non irriderlo. Il rispetto dovrebbe essere al primo posto, nel codice d’onore di un professionista.
Con questo: la Spagna ha meritato di vincere, l’Italia ha meritato il famoso rispetto, io mi sono conquistato un tavolo con vista tramonto in un ristorante di Ponza perchè era l’unico dal quale non si vedeva bene Italia-Germania.
E adesso che ci penso, non è che abbiamo perso la finale perchè io non ho rispettato il rituale di Italia-Inghilterra e Italia-Germania (cioè cenare e guardare solo la parte finale)?
Scaramanzia e tutte queste parole sulla nazionale di calcio? Sono proprio Italiano…