Quando non ero neanche praticante

FICTION E PROGETTI EDITORIALI, Il praticante

Sono professionista dal marzo del 2000, ma in effetti il giornalista lo faccio da molto prima. Il progetto de ‘Il Praticante’ è proprio quello di raccontare di quegli anni di speranze, nei quali l’unico scopo sembrava quello di ottenere il fatidico praticantato. Ma andiamo per ordine

Il 2 novembre del 1990 la Comunicazioni Parmensi s.r.l. mi ha assunto part time. Io collaboravo a Onda Emilia dalla sua nascita (1985) e ne ero stato Amministratore dal marzo del 1988 all’ottobre del  1989, quando avevo iniziato il Servizio Civile. Una volta dimessomi dalla carica di Amministratore, pensavo di aver chiuso con la radio. Ma più si avvicinava la scadenza del mio periodo di servizio per lo Stato (ammetto che avevo optato per il Servizio Civile per comodità; oggi dico che è stata una scelta molto utile, un periodo che mi ha formato), più mi rendevo conto che non avevo tante alternative, se volevo rimanere a Parma. E io volevo rimanere a Parma.

Giusto per motivarmi, la Formica (che si chiama veramente così, come l’insetto) mi ha accolto al primo giorno di lavoro confermandomi che mi avevano assunto al livello più basso. Quindi, non come giornalista. Ma volevano che facessi il redattore del radio giornale. Il direttore responsabile Carlo Drapkind (che riposi in pace) mi disse che da lui non avrei avuto nessuna collaborazione, visto che sentiva che io usurpavo qualcosa di suo (in verità, il ragionamento di Drapkind era: quei soldi li dovevano dare a me). L’Ordine dei Giornalisti mi disse che la mia posizione non mi dava diritto al praticantato.
Però avevo un lavoro. Anche se a mezza giornata e anche se, per sbarcare il lunario, avevo accettato di vendere pubblicità e di dare lezioni private di Tedesco e Inglese.

Dire faccio il radiogiornale è facile. Ma mettersi lì e farlo è un’altra cosa.
Tendenzialmente, per la prima edizione del mattino si dà un’occhiata ai giornali locali. In quegli anni a Parma c’erano (oltre alla Gazzetta) il Resto del Carlino e L’Unità.  Diciamo che scopiazzare i giornali alle 7, alle 8 o alle 9 ha anche un senso, visto che molta gente ascolta la radio quando ancora non li ha comprati. Ma per il resto del giorno bisogna pur inventarsi qualcosa.
Nel 1990 internet ancora non c’è e i cellulari sono qualcosa di molto elitario (e anche veramente enorme e con una batteria che dura pochissimo). Per fortuna, Comune e Provincia hanno soldi in abbondanza e non fanno altro che convocare conferenze stampa. E poi c’è il giro di nera, che mi fa sentire un giornalista serio. Un 2 o 3 volte al giorno si chiamano il Posto di Polizia dell’ospedale e i Vigili del Fuoco. Verso sera si chiama la Squadra Mobile (a Parma le grandi indagini non è che siano tante; in quegli anni la città è prima per qualità della vita, secondo il Sole 24 Ore) e 2 volte al giorno si telefona ad Annino Gargano, Dirigente delle Volanti della Polizia, che ci informa di scippi, furtarelli, spaccio in piccole quantità. I Carabinieri sono un casino: bisogna andare là e io sono da solo e faccio fatica ad uscire e poi rientrare, scrivere i testi e andare in onda. Capita che, per sbrigarmi, io vada in onda solo con qualche appunto. Ore e ore di radiocronache di baseball mi hanno allenato bene e riesco a improvvisare adeguatamente.
Alla fine il prodotto che confeziono è piuttosto professionale. Io mi sento bravissimo e immagino la pubblicità di Onda Emilia: “Solo noi, abbiamo Schiroli”. Ma che mi sto allargando troppo lo capisco una mattina di dicembre. Per un dibattito in diretta arriva negli studi un certo Ingegner Zappavigna, Assessore all’Edilizia del Comune. Io sono vestito con un maglione che secondo me mi tira, ho gli occhiali perché alla mattina presto le lenti a contatto mi danno fastidio. Ho delle scarpe che mi fanno male ai piedi e caldo. Zappavigna ha la barba e ti guarda con un fare da Gatto Silvestro con Titti: “Se crede, posso dare in anteprima le novità sul Piano Regolatore”.

“Uhm” penso “E cosa sarebbe il piano regolatore?”. Ma a Zappavigna faccio sì con la testa.
Quando inizia il dibattito, mi ricordo quel che mi diceva sempre il Professor Carli ai seminari di marketing: “Lei mantenga questa faccia di bronzo e vedrà che non avrà problemi”.
E parto: “Assessore Zappavigna, sappiamo che oggi deve fare un importante annuncio al riguardo del Piano Regolatore. Ma lo capirà, non è che tutti i nostri ascoltatori sappiano di preciso cos’è un Piano Regolatore. Le chiedo la cortesia, a lei che è un esperto, di sostituirsi a noi e spiegarlo in parole semplici”.

Gli inizi sono così.  Ti trovi allo sbaraglio, perché hai a che fare con esperti e tu dovresti dialogare con loro da pari a pari. E quindi devi avere prontezza e inventiva.
Buona parte del lavoro si svolge al telefono. Quando chiamo e mi presento come Onda Emilia, tutti mi accolgono con un “Ciao, come stai” che presuppone una conoscenza. Ma quando li incontro, mi si rivolgono con il più classico dei “Desidera?”. Non sanno in effetti chi sono, ma preferiscono far finta che tra noi ci sia confidenza.
Tempo un annetto, sono a tutti gli effetti uno del giro. Alle conferenze stampa incrocio i collaboratori della Gazzetta, i cronisti di TV Parma e del gruppo di televisioni che fa capo all’editore Gaiti, a volte qualche inviato di testate nazionali, più spesso i corrispondenti. Sto entrando in una routine.
Il mio contratto è anche diventato a tempo pieno , sono proprietario di un appartamento e ho deciso di sposarmi. Insomma, sto diventando un ometto. Nel luglio del 1991 parto per gli Stati Uniti (ovvio!) per il viaggio di nozze e al ritorno sono pronto ad una svolta della mia carriera. Solo che non mi rendo conto in che senso.