Leggo su Wikipedia che Lello Bersani fu “il più popolare giornalista cinematografico italiano”. Classe 1922, è morto poco dopo aver compiuto gli 80 anni. Era entrato in RAI dopo la Guerra come cronista radiofonico sportivo e leggo che fu uno dei primi a fare interviste in esterno. Una fu mitica: intervistò il Presidente del Consiglio De Gasperi, ma perse la registrazione. Allora interruppe la riunione dei Ministri per chiedere di ripetere la dichiarazione. Alcide De Gasperi si congedò dicendo: “Spero sia andato tutto bene, adesso. Ma si ricordi, io sono pur sempre il Presidente del Consiglio, non la sua donna di servizio”.
Non ero ancora nato, quando Bersani intervistava Antonio De Curtis, in arte Totò. E facevo la prima elementare quando Lello Bersani presentava alla Domenica Sportiva il campionato di Serie A di baseball a 12 squadre del quale ci parla Elia Pagnoni su Baseball.it.
Probabilmente, quando Bersani andò in onda ero già a dormire. Perchè il lunedì mi aspettava il Maestro Berti alla scuola “Angelo Mazza”. Mi accompagnava a piedi mio padre e avevo la cartella sulle spalle.
A parte l’ovvia considerazione che sono passati 44 anni tondi, volevo ricordarvi come eravamo nel 1970. Non attraverso i miei ricordi di bimbo (che sarebbero lacunosi e, soprattutto, in bianco e nero) ma con una bella ricerca su Wikipedia.
Lello Bersani probabilmente non sapeva che, mentre lui presentava Bruno Laurenzi e Ivan Cavazzano, negli Stati Uniti nasceva il SuperBowl di football. La PanAm si preparava a lanciare il primo volo commerciale con un Boeing 747 e che poco dopo avrebbe iniziato a volare anche il Concorde.
Nel 1970 la NASA ha provato (Houston…we have a problem) a far andare sulla Luna l’Apollo 13 con un computer che aveva meno memoria del mio Windows Phone, si sono sciolti i Beatles, sono morti Jimi Hendrix e Janis Joplin, gli italiani hanno contestato il Presidente degli Stati Uniti Nixon in visita a Roma (erano contro la Guerra in Vietnam). L’Italia non aveva ancora riconosciuto la Cina come paese e il Portogallo era una dittatura. Salvador Allende era ancora vivo (pronto a diventare Presidente del Cile) e mentre il Parlamento approvava la legge che introduceva il Divorzio, Junio Valerio Borghese stava organizzando un Colpo di Stato.
Era insomma un altro mondo, quello del 1970. La RAI aveva 2 canali (in bianco e nero, come detto; le trasmissioni a colori inizieranno con le Olimpiadi del 1976 e RAI 3 arriverà nel 1979) e il lancio del campionato di baseball alla Domenica Sportiva rappresenta la classica azione propagandistica dell’aggressivo Presidente FIBS Bruno Beneck, che era anche un regista RAI. Bersani, guardando il video, si capisce che non sa di cosa sta parlando (a un certo punto, legge la riga sbagliata dei suoi appunti…). Presenta il baseball come sport “giovane per l’Italia” (altra tipica strategia di Beneck: cancellare quel che c’era stato prima di lui; il campionato di baseball in Italia c’era dal 1948, quindi non era proprio giovanissimo. Era giovane in confronto al basket, che si giocava dal 1920, e al rugby, dal 1928 e quasi coetaneo della pallavolo, che varò il suo primo campionato nel 1946).
In tutto, è una bella apparizione di 3 minuti (naturalmente non serve sottolineare che la presenza televisiva di oggi si calcola in decine di ore, ma lo faccio comunque). I capitani delle squadre fanno i modelli (nessuno parla, qualcuno mostra insofferenza) e si punta sul concetto che “non c’è mai stato in Italia un campionato più lungo: 22 settimane“. Quello di quest’anno ne dura 20, incluse le soste, ma una è occupata dall’All Star Game, l’altra delle qualificazioni di Coppa. Quindi non è mica tanto diverso. E nel campionato 1970, che aveva visto aggiungersi 4 squadre promosse dalla B, ci sono 2 formazioni di Bologna e 2 di Milano (che fanno 3 con Bollate; dice Bersani: “Un Comune che vive per il baseball“).
Il campionato 1970 lo vincerà Milano e sarà l’ultimo successo della storica Europhon. Forse non molti ricordano (ma a tal proposito, esiste l’Albo d’Oro sul sito della FIBS) che fino al 1988, se si eccettuano le vittorie del Nettuno nel 1971 e 1973, lo scudetto del baseball resterà un affare privato di Bologna, Rimini e Parma. In quelle 3 sedi si giocherà il Mondiale del 1978. Più in generale, lo scudetto del baseball non è mai andato più a sud di Nettuno e dal 1971 in avanti (oltre alle già citate Nettuno, Bologna, Parma e Rimini), il tricolore andrà solo ad altre 2 squadre: Grosseto e San Marino.
Da cos’è giustificata tutta questa nostalgia per i bei tempi andati?
Personalmente, continuerò a dire quello che penso:
1) Non credo che la soluzione sia ampliare il massimo campionato (lo ha già fatto Aldo Notari, di fatto cancellando il pubblico pagante) o ridimensionare il livello di spesa (più di così?).
2) Bisogna adeguarsi ai tempi e creare un ambiente che inviti la gente a sedersi all’aperto per guardare le partite. Se il baseball non inizia a far circolare un po’ di denaro, non va da nessuna parte
3) Il cuore della nostra stagione è in estate e quando le scuole sono chiuse. Ad aprile c’è un tempo troppo variabile, a metà settembre le scuole riaprono. Chi l’ha detto che la stagione deve durare molte settimane? E agli sponsor, interessano più 30 settimane di baseball giocato per pochi intimi o magari più 15 con un numero di spettatori che autorizzi a parlare di pubblico?
4) Non è vero che in piena estate si ottengono risultati di pubblico solo nelle città di mare. Forse negli anni ’50, ma oggi è diverso. Ho già parlato su questo sito dell’arena di Verona.
5) Giocare di più significa giocare più partite, non più settimane. Che senso ha finire a ottobre con un mese fermi proprio quando ci sono le condizioni migliori per giocare?
E soprattutto: vogliamo smetterla di guardare indietro?