Torno al concetto di business e sport espresso su questo sito qualche giorno fa, perchè la nazionale di rugby è un esempio perfetto di un business sportivo che dà risultati economici molto buoni, laddove quelli sportivi sono meno che mediocri. Non a caso, la stampa italiana (diciamolo: per i nostri standard la luna di miele era durata davvero troppo…) ha lanciato il suo j’accuse partendo dallo scarno dato dei risultati: 5 ultimi posti e appena 11 vittorie su 75 incontri (14.7%) disputati dagli azzurri nel Sei Nazioni dal 2000 a oggi.
A me interessa più l’aspetto economico, che porta acqua al mulino della mia argomentazione. Perchè la partecipazione al Sei Nazioni ha cambiato per sempre la storia del rugby italiano.
Con l’ingresso nel prestigioso torneo avvenuta nel 2000, la Federazione Italiana Rugby (FIR) ha visto il suo bilancio arrivare a quelli che oggi sarebbero 8 milioni di euro (allora si ragionava in lire…). Ma da allora a oggi, la cifra è letteralmente esplosa e oggi il bilancio della FIR è di 45 milioni di euro.
Ma non è tutto oro quel che luccica. O meglio: è tutto oro, ma ci sono situazioni nelle quali luccica poco. In primo luogo, quella della partecipazione di 2 Franchigie italiane alla Celtic League o Pro 12, come si chiama adesso.
Stando a quel che leggo, la FIR investe 8 milioni di euro (4 alle Zebre di Parma e 4 al Benetton Treviso) a testa per la partecipazione di 2 squadre al Pro 12. Con il risultato che le italiane sono le più scarse del lotto (le altre squadre rappresentano Galles, Irlanda e Scozia) e quelle con meno pubblico, i migliori giocatori italiani continuano a giocare in Inghilterra o Francia, il campionato italiano d’Eccellenza (12 squadre) ha perso di significato e viene vinto da una squadra veneta ininterrottamente dal 1997, se si eccettuano le eccezioni di Roma nel 2000 e Viadana nel 2002.
Il progetto ha incassato anche un poco lusinghiero giudizio da parte di Bob Reeves, Presidente della Rugby Union: “Le migliori nazionali sono espressione di campionati nazionali competitivi”.
Cosa ne sarà nel prossimo futuro, non è chiaro.
Non luccica nemmeno l’oro degli investimenti fatti in formazione e sviluppo giocatori.
Oggi la FIR ha 9 Accademie (che costano circa 400.000 euro all’anno) e un totale di 36 Centri di Formazione (valore medio: 35.000 euro all’anno). Facendo 2 conti, arriviamo a una spesa annuale di 4.860.000 euro.
A libro paga ci sono 120 tecnici, tra questi 70 guadagnano oltre 30.000 euro all’anno (pari a 2.1 milioni; se calcoliamo che gli altri 50 ottengano i classici 7.000 euro di rimborso, aggiungiamo altri 350.000 euro).
Sono insomma un sacco di soldi: oltre 7.3 milioni di euro. E con risultati che sono sotto accusa, perchè dal 2000 a oggi i cosiddetti oriundi in nazionale sono aumentati, anzichè calare.
I giudizi sono spietati.
Scrive Repubblica: “Si è preferito cedere ai ricatti clientelari: spartire a pioggia il tesoretto in modo da garantire i voti sufficienti per mantenere lo status quo“.
Gioca il carico Vittorio Munari, il Direttore Generale del Benetton Treviso: “La didattica” nelle Accademie, n.d.r. “E’ affidata a vecchi personaggi senza curriculum, ma che portano voti alle elezioni”.
Visto che nel mondo del baseball si fa spesso riferimento alle meraviglie del rugby, chiudo con una serie di riflessioni.
Prima di tutto, parliamo di un pianeta diverso dal nostro, visti i budget. Ma noto che la FIR vive gli stessi problemi della FIBS e cerca le stesse soluzioni, spendendo però per le Accademie un po’ meno di 2 bilanci FIBS e finanziando ciascuna delle Franchigie in Celtic League con l’equivalente di un anno di bilancio federale di baseball e softball.
La ricchezza (intesa proprio in termini di euro) del rugby è dovuta a quanto rende il Sei Nazioni, una grande manifestazione che esiste dal 1883 come Quattro Nazioni (Irlanda, Scozia, Inghilterra e Galles) e dal 1910 come Cinque Nazioni (con in più la Francia). Ne avevo parlato sul sito FIBS nel corso del World Baseball Classic 2009. Che avrà la storia del Sei Nazioni nel primo decennio del 2100…Sia detto a titolo di curiosità. Così come a titolo di curiosità si noti che in Europa ci sono paesi leader mondiali nel rugby (Inghilterra, Francia), mentre nel baseball e nel softball l’Italia è di gran lunga il paese più strutturato del Vecchio Continente, pur essendo ben lontano dai vertici mondiali.
Invito anche a rileggere un altro mio pezzo, sempre del 2009, sul perchè certi oriundi siano meno oriundi di altri.