Leggo dai miei appunti: “L’aeroporto internazionale Velana di Male è un bel casino“.
In effetti, l’area arrivi è in qualche modo anche un’area partenze, visto che i passeggeri che sbarcano vengono tutti smistati (tramite barca o idrovolante) verso le varie isole. Noi siamo stati accolti da un certo Paolo, rappresentante in loco di Best Tours e presenza sostanzialmente inutile: ci ha portati al banco della compagnia che gestisce il transfer per riferirci che avremmo dovuto attendere alcuni passeggeri provenienti da Dubai e in ritardo.
Il nostro volo proveniva invece da Doha, in Qatar, ed è arrivato tanto puntuale da spaccare il secondo.
Mentre aspetto, continuo a chiedermi se il Qatar è uno Stato indipendente o fa parte degli Emirati Arabi. Non ho il telefono con me (se si decide di staccare, si stacca…) e non posso fare una veloce ricerca su Google. Così, adesso che la ricerca l’ho fatta, mi sento anche un po’ ignorante: non solo il Qatar non fa parte degli Emirati, ma ha anche rotto i rapporti con questo paese (oltre che con l’Arabia Saudita, unico paese con cui il Qatar confina, e l’Egitto; anche le Maldive dovrebbero far parte di queste Nazioni contrarie alla Monarchia del Qatar, ma i collegamenti aerei evidentemente ci sono ancora…), che lo accusa di finanziare il terrorismo internazionale.
Il Qatar è un paese scandalosamente ricco (ha solo 2.5 milioni di abitanti e un PIL pro capite che è più del triplo di quello italiano) grazie al petrolio, ma ho qualche dubbio sulla effettiva distribuzione della ricchezza. Comunque, a circa 15 chilometri da Doha sta sorgendo Lusail City. Sarà la prima città completamente eco sostenibile e avrà una skyline da far invidia alla già avveniristica Capitale.
“A city with a vision”, dicono in Qatar. L’acqua sarà razionata tramite un sistema sofisticatissimo. Bisognerà che ci torni, visto che in questo viaggio in Qatar ci sarò stato 4 o 5 ore in tutto e senza uscire dall’aeroporto Hamad, che è a un 40 chilometri da Doha.
Le Maldive sono invece un Paese povero, con un PIL pro capite che è meno di un terzo di quello dell’Italia. I servizi non danno proprio l’immagine di grande efficienza e poi i maldiviani, che in teoria dovrebbero parlare Inglese come seconda lingua (la lingua ufficiale si chiama Divehi, che tradotto vuol dire appunto Maldiviano, ed è parlata solo qui e nelle isole Laccadive in India), non comunicano. Nè il personale della barca (e ci sta) nè chi ci accoglie a Fun Island. Così, stordito dal poco sonno, ho un approccio mal disposto al resort che mi fa dire: “Ma questo posto, è brutto”.
Ovviamente, esagero. La nostra casetta è beach front ma purtroppo di una spiaggia non indimenticabile, caratterizzata com’è da un’incredibile distesa di corallo morto. Però la prospettiva cambia completamente quando ci si spinge alla spiaggia principale, che si affaccia su una laguna con l’acqua verde smeraldo ed è bella da togliere il fiato. Addirittura, una signora napoletana che con il marito è una fedelissima, ci dice che lei ritiene Fun Island il “miglior rapporto qualità prezzo” di tutte le Maldive. Non avevo ragione io a dire “questo posto è brutto”, ma forse la signora esagera.
In verità a Fun Island si sta bene. Il ristorante offre un buffet piuttosto ricco, che tutti i giorni (e 2 volte al giorno) propone carne bovina (il maiale, anche se paghiamo quel che paghiamo, è bandito), pesce (in particolare, il tonno lo cucinano in tutti i modi) e pollo. Oltre a una zona per gli ospiti indiani che è vegetariana. I camerieri (che lavorano per la mancia finale; al nostro Alì abbiamo lasciato 5 dollari) sono molto più espansivi del resto del personale e accennano anche a qualche espressione in Italiano. L’ospite medio poi si esalta e prova a intrattenere una conversazione che non sono in grado di sostenere, ma lo sforzo è da apprezzare.
Conosco parecchie persone che ritengono una vacanza alle Maldive noiosa. Al di là della bellezza dei luoghi, va detto che se non si è amanti del mare e della vita da mare, non è che ci sia molto altro da fare. Fun Island, nonostante il nome (quello locale sarebbe, per la cronaca, Bodufinholu) non offre animazione. E quando lo staff ci prova, i risultati non è che siano particolarmente brillanti. La sera dell’ultimo giorno dell’anno si mobilitano ben 3 deejay per un programma che finisce mezz’ora (scarsa) dopo la mezzanotte. Questo senza giudicare la programmazione musicale, che non propone nemmeno una delle classiche hit da veglione (che so, un Don’t You dei Simple Minds). E mi sembra un po’ poco anche tenendo conto del fatto che per il mondo islamico il primo giorno di gennaio è un giorno come un altro. Il Capodanno islamico cade in effetti il 22 settembre del nostro calendario.
Il 31 dicembre lo staff si è superato nell’incapacità di comunicare: 2 turisti di Ravenna sono arrivati al resort poco dopo le 21.30, quando il buffet per la cena era chiuso. E non gli hanno dato da mangiare. Questo anche se erano avanzate tonnellate di roba. Il buffet era strepitoso e un’acquazzone particolarmente tempista (le prime gocce hanno iniziato a cadere alle 20…) ha obbligato tutti a ripararsi al coperto e a mangiare sostanzialmente in piedi. Quindi, con un po’ più di fretta.
Quella, riconosciamolo, è stata sfiga.
Comunque, a proposito di cosa fare, io alle Maldive leggo molto. Non dico che ho esaurito la coda di letture dell’anno (sarebbe stato impossibile anche rimanendo un mese…), ma mi sono dedicato con soddisfazione a un paio di tomi che richiedevano una dedizione e un tempo maggiori di quanto non ne passi da quando mi sdraio a letto a quando mi addormento.
Alle Maldive, naturalmente, mi immergo (nel mare) anche molto. Quando non sono pigro, nuoto anche. A Fun Island si può raggiungere con poche bracciate Robinson Island, un isolotto disabitato dove il resort organizza pic nic (se non sapete nuotare, vi portano in barca) e dal quale si gode una splendida vista dell’isola.
Le immersioni e le letture saranno l’oggetto dei prossimi articoli. Quest’anno, alle Maldive ho riflettuto anche un po’. E, andando a riprendere il mio Diario di Viaggio dello scorso anno, darò conto anche di questo. Magari togliendomi qualche sassolino (o forse, pietra) dalla scarpa.
Alle Maldive una volta a dicembre iniziava la stagione secca. Oggi, dicono i locali, “non è più possibile fare previsioni”. Quest’anno a inizio dicembre è piovuto talmente tanto che una mareggiata ha distrutto una parte del pontile, quella sulla quale erano installate le luci per osservare squali e razze durante le ore di buio. Ma poco male: piccoli squali e trigoni sono facilissimi da vedere nella laguna, specie allontanandosi dalla parte più affollata di spiaggia.
Comunque, per evitare la pioggia, i mesi più indicati sono gennaio, febbraio e marzo. A livello di temperature, tutti i giorni dell’anno vanno bene: minima 25 gradi, massima 31 da gennaio a dicembre.
Questo articolo è dedicato a Raudha Athif. Era una bellissima donna (“la ragazza con gli occhi azzurri come l’acqua di mare”), nata e cresciuta alle Maldive, ed era diventata una modella di livello internazionale grazie agli scatti del fotografo Sotti (suo connazionale; al secolo Shifaaz Shamoon).
“Per me fare la modella è un hobby” diceva Raudha, che studiava medicina all’Islami Bank Medical College in Bangladesh. Aveva infatti solo 20 anni, quando a marzo il suo corpo senza vita è stato ritrovato da alcune compagne di corso in un dormitorio dell’Università.
La prima versione della morte è stata suicidio. Il corpo di Raudha era infatti impiccato. Ma non ha retto molto (sul luogo c’erano segni di lotta, i segni sul collo della ragazza indicavano una pressione di mani, e di un pasto in corso di preparazione; inoltre, la responsabile del dormitorio ha descritto la ragazza come “una persona sempre felice”).
La famiglia di Raudha si dice sicura che si tratti di omicidio: “Nulla ce la può ridare, ma lotteremo per arrivare alla verità fino a che avreno energie”.
A ottobre il caso è stato riaperto. La pista principale è rappresentata da un gruppo di estremisti islamici che non tollerava le foto di Raudha pubblicate dai giornali di moda.
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