La truffa di Lance Armstrong scoperta grazie a chi ha sempre e solo cercato la verità

La formazione continua dei giornalisti, LOTTA AL DOPING, SCHIROPENSIERO, SPORT
Lance Armstrong
Lance Armstrong

La carriera sportiva di Lance Armstrong è legata, nel bene e nel male, a quella del dottor Michele Ferrari. Classe 1953, Ferrari è un allievo del Professor Conconi. Armstrong lo contattò nel 1993. Era (a soli 22 anni) Campione del Mondo, ma notava che nelle corse a tappe non riusciva a esprimere l’eccellenza che a volte otteneva nelle corse di un giorno. Ferrari lo liquidò: “Troppi muscoli, su quelle spalle da nuotatore”.
Armstrong, purtroppo per lui, un modo per perdere peso lo trovò tragicamente. Nel 1996 gli venne diagnosticato un cancro ai testicoli, con metastasi pericolosamente vicine al cervello. Con diversi e delicatissimi interventi al cervello e 2 anni di chemioterapia, Armstrong ha sconfitto il tumore ed è tornato in bicicletta. Il resto lo ha fatto l’EPO. Armstrong non solo è tornato a competere, ma è diventato il leggendario vincitore di 7 Tour de France.

Il giornalista irlandese del britannico Sunday Times David Walsh aveva conosciuto Armstrong quando il ciclista era Campione del Mondo. Ne aveva ammirato la tempra, ma aveva sempre considerato che le sue doti atletiche non gli avrebbero consentito di essere protagonista di primo piano delle principali corse a tappe. In effetti, prima del tumore Armstrong non era nemmeno mai andato vicino al podio.
Armstrong vinse il suo primo Tour nel 1999, quindi l’anno successivo all’incredibile scandalo della squadra della Festina (un sanitario fermato alla frontiera fra Francia e Belgio con quantità impressionanti di farmaci proibiti) e al trionfo di Pantani. Armstrong stravinse, con risultati cronometrici strepitosi. Addirittura superiori a quelli ottenuti dai corridori della Festina prima dello scandalo. A David Walsh i conti non tornavano.220px-Livestrong_wristband

Mi chiedo cosa deve essere stato mettersi contro un eroe popolare come Armstrong. Lance accreditava sè stesso, e con grande successo, come l’esempio dell’atleta pulito. Era un uomo che aveva sconfitto il cancro ed era destinato a diventare un punto di riferimento per tantissimi. Persona di grande intelligenza, Armstrong appariva a tutti anche come una persona di grande sensibilità. Passava molto del suo tempo a visitare bambini malati di cancro e a sostenere la lotta alla malattia attraverso la sua Fondazione. Aveva finanziato il tutto in buona parte con la straordinaria idea del braccialetto Livestrong.
Walsh, che racconta la vicenda per filo e per segno nell’interessantissimo libro Seven deadly sins (tradotto in Italiano da Sperling & Kupfer, poi divenuto film con il titolo The Program e la regia di Stephen Frears), non nega le qualità di Armstrong. E’ però sicuro che il doping sia alla base dei suoi successi. Prima scrive un libro con il collega Pierre Ballester del quotidiano francese L’Equipe dal titolo LA Confidentiel. Il problema di Ballester è che L’Equipe organizza il Tour e il giornalista si gioca il posto.
Walsh a sua volta ha problemi sul lavoro, perchè in Inghilterra la legge sulla diffamazione è severissima. Certe accuse vanno provate, senza se e senza ma. Armstrong minaccia di portare in Tribunale il Sunday Times e ottiene un risarcimento ricchissimo. Infierisce su Walsh chiamandolo in pubblico Il piccolo Troll.

David Walsh
David Walsh

Come sapete, il castello di Armstrong crollerà. Forse Il piccolo Troll è servito solo a creare una piccola falla, che poi si è allargata. Armstrong probabilmente era arrivato a sentirsi invincibile e ha commesso errori. Primo tra tutti, tornare a correre dopo il ritiro, annunciato al termine del settimo Tour consecutivo vinto. Subito dopo, rifiutare un ingaggio a Floyd Landis, suo connazionale che aveva vinto il Tour de France subito dopo l’era Armstrong ma era stato trovato positivo al test antidoping. Armstrong aveva fatto capire a Landis che non era il caso di mischiarsi con lui. Ma Landis sapeva che Armstrong aveva organizzato la pratica del doping sistematico con la US Postal, squadra della quale era Capitano, leader, ma anche sostanzialmente ricchissimo proprietario. Di più: era stato proprio Lance a convincere Landis (di religione mennonita, quindi educato nella esaltazione della povertà e della carità) a provare l’aiuto chimico per migliorare le sue prestazioni.
Armstrong uscirà rovinato anche economicamente (pare abbia perso oltre 70 milioni di dollari) dalla vicenda.

Damien Ressiot
Damien Ressiot

Prima del rientro alle corse del 2008, Armstrong di errori non ne aveva invece commessi.
Tra i giornalisti, non solo Walsh e Ballester avevano lavorato per smascherare la truffa che c’era alla base dei successi dell’americano. Anzi, c’era stato (2005) Damien Ressiot che sull’Equipe veva scritto un articolo dal titolo La Mensonge Armstrong (La menzogna Armstrong) e dimostrava che campioni delle urine e del sangue del ciclista dimostravano la sua positività. Armstrong aveva reagito in maniera violenta, accusando Ressiot di aver fabbricato prove false (accusa inusitata davvero). E aveva convinto più o meno tutti. La sua rilevanza, la rilevanza dei suoi successi, avevano fatto passare in secondo piano la grande inchiesta di Ressiot. Nessuno si era sentito di mettersi contro Armstrong.
Come notate, nel caso di Armstrong come in quello di Pantani i protagonisti parlana di complotto. Quasi come se vivessero in una realtà parallela, nella quale a loro è concesso fare e dire tutto. E di complotto parlerà anche Michele Ferrari, una volta inibito a vita dall’Agenzia Mondiale Antidoping.

Giornalisti come Ressiot e, ancor di più, Walsh sono usciti dalla vicenda da trionfatori. Anche perchè hanno mostrato dosi notevoli di coraggio a rimanere fermi sulle loro posizioni contro tutti.
Nel suo libro David Walsh ci dice 2 cose che sono molto rilevanti, per chi fa il mestiere di giornalista.
La prima: “Sono stato in grado di fare quello che ho fatto perchè attorno a me c’era abbastanza gente che teneva alla verità“.
La seconda: “Non ho nessun rispetto per come la maggioranza dei media ha trattato il caso Armstrong. Quando vinceva, era il loro eroe e loro amico. Erano dei codardi. E lo sono ancora adesso, per come stanno cercando di distruggerlo”.

Nel terzo articolo di questa serie ripartiamo da giornalisti e verità.

1-QUEGLI EROI DELLO SPORT DISTRUTTI DAL DOPING