La mia meditazione sulla Passione di Cristo

CINEMA, LETTERATURA, RELIGIONE, SCHIROPENSIERO

Nell’ottobre del 1992 ho seguito l’allora Vescovo di Parma (e futuro Presidente della Caritas) Benito Cocchi in un Pellegrinaggio in Terra Santa. Non sarei voluto andare, ma non potevo dire di no. Son partito con fastidio per quello che per me era banalmente un viaggio di lavoro in Israele.
Rivedo Don Andrea Maggiali sulla barca che solca il Lago di Tiberiade. Dice: “Gesù camminò sulle acque” poi si fa solenne e aggiunge: “Su queste acque”. Penso che, tecnicamente, non è possibile perché l’acqua evapora e poi ritorna sotto forma di pioggia e in poco meno di 2000 anni lo deve aver fatto un sacco di volte. Prendo definitivamente atto del fatto che la curiosità che ho verso la natura e il suo concreto funzionamento mal si sposano con la mia Fede.
Don Maggiali mi aveva insegnato Religione alle elementari, diciamo nel 1972. Sono passati 20 anni ed è sempre uguale. Lo vedevo vecchissimo nel 1972, lo ritrovo vecchissimo nel 1992. Non poteva essere vecchissimo né nel 1972 né nel 1992, visto che morirà nel 2006. Dice il suo necrologio che Parma con lui ha perso “un sacerdote memoria e testimone, nella quotidianità”. Di bello, Don Andrea Maggiali aveva che ti guardava negli occhi, non come certi preti che alzano lo sguardo al cielo come fanno i panda quando trovano qualcosa di loro gradimento da mangiare. Forse vogliono dire che sono in contatto con il Divino. Mi piaceva, Don Maggiali. Ma è certo che io ho sempre desiderato un rapporto con un sacerdote che mi desse qualcosa di diverso.

Don Pietro Rossolini
Don Pietro Rossolini

Penso a cosa direbbe Don Pietro Rossolini, il mio Parroco. E’ morto da anni, ma per me resta l’unico vero punto di riferimento. A Catechismo (imponeva una dura disciplina: 2 anni di Dottrina prima della Comunione e un numero di presenze minimo per poter essere cresimato) Don Pietro raccontava la Bibbia avvalendosi della carta geografica per aiutarci a capire che quelle cose erano successe sul serio in un posto preciso. Ma mi dico che non avrebbe mai affermato che “Gesù ha camminato su queste acque” in una mattina di ottobre del 1992 sul lago di Tiberiade. Perché Don Pietro era uno vero. Che viveva la sua Vocazione nel mondo e non in teoria. Me lo immagino con gli occhi che si fanno a fessura, sento la sua voce baritonale che chiede a Don Maggiali: “Proprio queste acque?”. Poi guarda me e si mordicchia il labbro inferiore, come sempre faceva quando prendeva una pausa durante le sue lunghe Omelie pronunciate a braccio. O come aveva fatto quando gli avevo detto che, secondo quanto appreso a scuola, che la Madonna avesse messo al mondo Gesù e fosse rimasta Vergine, era impossibile.

Un ritratto di Clemens Brentano
Un ritratto di Clemens Brentano

Il film La Passione di Cristo di Mel Gibson finisce con Gesù che si alza dal Sepolcro e se ne va. Ha un buco nella mano destra che lascia vedere la luce. Che nella scena è accecante. Io mi sono molto emozionato a vivere la Passione di Cristo sullo schermo, ma quella scena mi ha veramente fatto ridere. Ho pensato a quel che mi ha detto una persona in India, ovvero che non tutti sono in grado di comprendere una spiritualità alta. Quindi è per questo che per le anime semplici l’induismo prevede le icone delle divinità e tutti i riti che con queste icone si possono officiare. Insomma: Don Maggiali che mi dice che Gesù “ha camminato su queste acque” e Mel Gibson che mi fa vedere la mano bucata di Gesù è questo che fanno. E a me non basta.
Il film di Mel Gibson è ispirato al libro La dolorosa Passione di nostro Signore Gesù Cristo, pubblicato dal Romantico tedesco Clemens Brentano nel 1833. Brentano aveva raccolto dal 1818 al 1824 il racconto delle visioni di Suor Anna Katharina Emmerich.
Brentano (personalmente, non avevo mai avuto contatto con il suo lavoro, nemmeno durante le lezioni di Letteratura tedesca in quinta superiore) era un poeta a suo tempo piuttosto celebre. Il suo lavoro è omaggiato addirittura da Thomas Mann in Dottor Faust. Ma era anche un uomo del suo tempo, che viveva un’esistenza irrequieta. Nel 1818, attorno ai 40 anni, si era ritirato nel monastero di Duelmen in Westphalia. Profondamente Cattolico, decise di accettare il lavoro di Segretario di Suor Emmerich, che era solo di qualche anno più vecchia di lui, ma che Brentano individuò immediatamente come figura di riferimento della sua nuova vita. Da parte sua, Suor Emmerich sentenziò che il poeta le era stato mandato dal Signore per mettere su carta le Visioni che aveva avuto.
Mi sono riuscito a procurare una versione in Inglese del libro, che originariamente era stato scritto in Tedesco. E’ una versione curata dalla casa editrice di New York North Bay nel 2003 e basata sulla prima traduzione del 1904 e si tratta di una lettura veramente coinvolgente. A tal punto che ci sono critici che la ritengono un vero e proprio romanzo storico (“Brentano froda a fin di bene”), più che una testimonianza Divina. Che Brentano ci abbia messo del suo, è ovvio. La Emmerich era una persona di umili origini e parlava solo il dialetto della Westphalia (che è a me incomprensibile, dopo 5 anni di Tedesco alle superiori e 3 esami all’Università). La trascrizione (che durò quasi un decennio) in Hochdeutsch (il Tedesco propriamente detto) fu un lavoro immane.
Brentano scrive come se Suor Emmerich fosse stata una testimone oculare della Passione di Cristo. Descrive i luoghi con una dovizia di particolari davvero sorprendente. Una parte di me è in effetti convinta che la Emmerich sia davvero stata oggetto di una rivelazione Divina. Ma un’altra parte di me sa che la bellezza folgorante del testo potrebbe essere dovuta al puro e semplice (e umano) talento di Brentano. Nonostante questa riflessione, la lettura mi ha dato moltissimo.
Gibson nel film ha reso abbastanza bene il clima di odio che il popolo ha nei confronti di Gesù dopo l’arresto. Dalla Visione della Emmerich apprendiamo meglio la natura dei “nemici di Cristo”, tra i quali troviamo: “Quei mercanti che aveva cacciato dal Tempio, quei giovani presuntuosi che non aveva accettato come Discepoli, quei peccatori impenitenti che aveva rifiutato di curare, quegli avari che avrebbero voluto tenersi il denaro che Cristo distribuiva a fin di bene”.
Vedendo il film, mi sono molto emozionato di fronte al travaglio di Gesù l’uomo. Ma non mi ero reso pienamente conto del fatto che Gesù sapeva esattamente cosa lo avrebbe aspettato (gli Angeli gli hanno mostrato “ogni istante delle sofferenze che proverà”). Il Gesù uomo chiede che “l’amaro calice” gli sia allontanato, ma chiede che venga fatta comunque la volontà di Dio. Questa è l’essenza del Cristianesimo, dal punto di vista più mistico e alto. E’ quello che porta Gesù a dire a Ponzio Pilato che “il mio regno non è di questa terra”, di fatto impedendo a Pilato di salvarlo.

La stanza di Suor Emmerich a Duelmen
La stanza di Suor Emmerich a Duelmen

Ponzio Pilato (che Suor Emmerich descrive come “uomo dal cuore duro”, ma anche “cattivo”, “superstizioso” e “idolatra”; da buon Romano, era ovviamente Pagano) era il Governatore dell’Impero Romano in una delle zone più turbolente. L’influenza Romana nella zona era iniziata poco meno di 70 anni prima, all’epoca di Pompeo (uno dei componenti del primo triumvirato, con Cesare e Crasso). La Giudea (o Palestina) era abitata da oltre 2 milioni di persone, ma non c’era unità razziale né religiosa. Era un protettorato dei Romani con un suo Re: Erode Ascalonita, detto anche Il Grande. E’ l’Erode che passerà alla storia per la Strage degli Innocenti di cui parla il Vangelo di Matteo, ma secondo alcuni storici era già morto da qualche anno, quando nacque Gesù Cristo. Alla sua morte i Romani divisero il Regno in diverse parti, ciascuna con un suo sovrano.
L’Erode che troviamo nella Passione di Cristo è Erode Antipa, figlio dell’Ascalonita , al quale era toccata la Galilea (per essere precisi, ne era il tetrarca e non il sovrano) ovvero la zona d’origine di Gesù. Secondo i Vangeli, Antipa è colui che ha fatto giustiziare Giovanni il Battista.
Dal punto di vista di Roma, Erode Antipa contava poco. La sua descrizione fatta dalla Emmerich ricorda abbastanza il personaggio di Erode nel musical Jesus Christ Superstar (“sgradevole, effemminato”). Pilato si rivolge a lui sperando che Erode gli consenta di non prendere una decisione. Questo è il Pilato che è passato alla storia. Ma nel resoconto della Emmerich trovo molto più interessante l’aspetto della personalità di Pilato che ha più che fare con la modernità e le sue tragedie: quello di chi prende una decisione sbagliata consapevolmente, convinto che così facendo eviterà guai. Pilato non vuole un’altra ribellione. Non vuole che ad Augusto (che certo, non lo ha mandato in Galilea perchè lo stima…) arrivi notizia di quel che sta succedendo. E in effetti, ce lo racconta anche la Storia di Roma di Indro Montanelli, della nascita e della morte di Gesù non si saprà nulla a Roma per decenni. Almeno fino a quando uno dei condannati da Nerone per il rogo di Roma (anno 64) chiederà di essere crocefisso a testa in giù, per non morire nella stessa posizione di Gesù. Quel condannato era l’apostolo Pietro.
La Emmerich ci dice che non ci sarà redenzione per Pilato, che ci viene descritto consapevole e terrorizzato, quando ascolta (steso nel suo letto) dalle parole del Centurione Cassio il racconto della Resurrezione e apprende poi della fuga di sua moglie Claudia (nel film, una bellissima Claudia Gerini, per la cronaca). Di lì a qualche anno, di Pilato si perderanno le tracce. Il Governatore venne infatti richiamato a Roma dopo che, evidentemente esasperato, aveva fatto massacrare un sedicente messia (detto Il Samaritano) e i suoi seguaci. L’Imperatore (la fonte è lo storico romano di origine ebraica Flavio Giuseppe) lo esiliò in Gallia.
Per chiarezza, mi servo ancora di Montanelli per spiegare in poche righe come funzionavano le cose nel protettorato Romano: “Il limitato autogoverno che Roma concedeva era esercitato dal Sinedrio, o Consiglio degli Anziani, sotto la Presidenza di un alto sacerdote, e diviso in 2 fazioni: quella conservatrice e nazionalista dei sadducèi, che tiravano più alle cose di questa terra che a quelle del cielo e quella bigotta dei farisei (Annas e Caiphas, per intenderci), teologi che passavano il loro tempo a interpretare i testi sacri…”

Mel Gibson ha fatto della Passione un film a tratti degno di uno splatter. La violenza della fustigazione di Gesù è inaudita anche per la Emmerich (“le ferite arrivano fino all’osso”), ma dura solo 45 minuti. La Emmerich ci spiega poi che un intervento Divino permette a Gesù di rimanere vivo in tanta sofferenza. Quel che si vede sullo schermo, io lo trovo invece semplicemente vergognoso.
C’è da essere contenti che Gibson abbia sottovalutato il fatto che l’Anima di Gesù avesse ordinato dopo la morte “a diverse anime del Limbo di rientrare nei corpi che una volta erano i loro, al fine di dare ai peccatori un salutare terrore”. Lo avesse fatto, ci saremmo ritrovati gli zombie a interagire con San Giovanni sotto la Croce.

Padre Pio
Padre Pio

Gesù, quando viene insultato, tiene lo sguardo basso e non risponde. Prega per i suoi persecutori. La Emmerich sottolinea tante volte il danno che fa all’animo umano “l’orgoglio personale”. Su questa parte ho trovato necessario meditare parecchio.
Il monaco tedesco Thomas Von Kempen (meglio noto come Thomas à Kempis) nel suo De Imitatione Christi del 1400 scrive che “meditare sulle sacre ferite” è quello che deve fare chi non ha la capacità di meditare sulle cose alte. Aiuterà a trovare “conforto nella sofferenza interiore”. Brentano usa queste parole per presentare i capitoli dedicati alle Visioni della Emmerich sulla Passione. E io credo che a questo punto che il percorso iniziato dalle parole di Don Maggiali su Cristo che cammina sulle acque sia quasi circolare.
Suor Emmerich aveva le stimmate: nelle mani, nei piedi, sulla testa nella posizione in cui era stata messa la corona di spine a Cristo. L’appendice del libro di Brentano parla delle sofferenze della visionaria da giovane. Suor Emmerich non aveva 50 anni, quando è morta e gli ultimi suoi anni erano stati di sofferenza indicibile, dolori che la obbligavano a non alzarsi da letto.
Francesco Forgione è nato nel 1887 a Pietralcina ed è morto a San Giovanni Rotondo nel 1968. A quell’epoca era già Padre Pio, un incredibile fenomeno di culto che Papa Giovanni XXIII nel 1960 aveva definito “dolorosa e vastissima infatuazione religiosa”. Al suo funerale sono intervenute 100.000 persone e, dal 2002, Padre Pio è Santo. Significa che c’è la certezza di 2 suoi Miracoli.
Quando era solo Francesco Forgione (dal 1911 al 1918), Padre Pio dichiarò di aver ricevuto le stimmate. Da allora, è iniziato un dibattito a toni davvero aspri che non si è ancora concluso. Pensate che nel 1920 Padre Agostino Gemelli concluse: “”Padre Pio ha tutte le caratteristiche somatiche dell’isterico e dello psicopatico”.

Adesso il percorso è circolare. Io mi definisco credente, ma ho poca familiarità con il concetto di Santo o Beato (colui che è asceso al Paradiso e può intercedere per i fedeli). Faccio molta fatica a credere alle stimmate di Padre Pio e Suor Emmerich e ho sorriso quando Don Maggiali mi ha spiegato che “su quelle acque” Gesù ci aveva camminato. Ma nel 1992, annoiato da giorni di viaggio in compagnia di persone che avevano mediamente 30 anni più di me, durante una Messa nella Chiesa che sorge sul luogo dove i Re Magi avevano reso omaggio a Gesù neonato, mi sono sentito all’improvviso emozionato e ho capito che non morirò da solo in nessun caso.
Non è razionale. E’ il mio modo di credere.