L'interno del Parma Baseball Paolini

Il baseball italiano a 7 inning ha il respiro corto

Approfondimenti e curiosità, BASEBALL

Io sono un appassionato di baseball abbastanza conservatore. Come ho sempre storto la bocca al riguardo del tie-break, allo stesso modo inorridisco il giusto per la decisione della FIBS di giocare partite di 7 inning.

Prima di addentrarmi nelle motivazioni, faccio una premessa che trovo doverosa. Il fatto che il baseball sia tornato in campo in Italia è una gran bella notizia. Oltre al calcio, spinto in campo da interessi economici enormi, nessun altro sport di squadra è ancora tornato all’agonismo nel nostro Paese. Di questo il movimento deve andare orgoglioso.

Sulla questione dei 7 inning ho ricevuto un commento da un addetto ai lavori (mantengo l’anonimato, perché non si trattava di un’intervista ma di uno scambio di messaggi tra amici) che reputo avvilente: “In questo modo giochiamo 3 partite usando lo stesso numero di lanciatori che sarebbero serviti per 2“.

Sono parole estremamente significative e rinforzano una convinzione che ho da anni. In Italia il mantra “bisogna giocare di più” è pronunciato per dare aria ai denti. Nessuno vuole veramente giocare di più. E sarebbe anche ora di dirlo chiaro. Al massimo interessa occupare più settimane del calendario.

Non è che le partite di 7 inning siano il diavolo. Certo, se giochi 7 inning non è proprio baseball (che le 9 riprese le introdusse nel 1845) ma uno sport simile. Per dire, la media punti guadagnati sul lanciatore di quest’anno andrebbe calcolata modificando la formula: punti guadagnati per 7 e diviso riprese lanciate. In ogni caso, il dato del 2020 non sarà coerente con quelli calcolati dal 1948 al 2019. E poi nel 2021 chissà. Magari si torna a giocare su 9 riprese. E perché non 8?

Le partite di 7 riprese non sono una novità assoluta. Le Minor Leagues USA adottano i 7 inning da anni per i doppi incontri. Riccardo Fraccari li propose alle società di Serie C nel 2002. Facciamo un doppio incontro di 7 riprese anziché una sola partita di 9.
La proposta venne rigettata con sdegno.

Quello che veramente mi indigna sono le decisioni prese senza avere una visione per un futuro che vada almeno oltre a domani a mezzogiorno. C’è un’idea per il futuro per la struttura dei campionati di baseball in Italia? O queste riunioni a raffica sono solo parte di un progetto di autoconservazione in carica per gli eletti, che quindi tendono ad accontentare la maggioranza delle società di volta in volta?

Il baseball internazionale va verso le 7 riprese. Dunque? Il campionato ha lo stesso tipo di criticità di un torneo internazionale?
A Panama nel 2011 ebbi l’onore (o forse l’onere) di annunciare alla stampa locale la decisione di proseguire con partite di 7 riprese. Visto il mio Spagnolo un po’ ardito, i presenti pensarono a uno scherzo e risero fragorosamente. Dissi un timido “ma è vero”. E vidi attorno a me solo occhi sbarrati. Spiegai allora in qualche modo che con tutta la pioggia che era caduta, bisognava pur inventarsi qualcosa per finire il Mondiale.

Io sono sempre stato, e sempre sarò, per un massimo campionato di baseball di elite, che si ponga l’obiettivo di attirare pubblico e generare risorse. Che per inciso, in uno sport che non è il calcio in Italia possono arrivare solo da spettatori paganti e sponsor. Non certo dai diritti televisivi. E chi vi racconta il contrario, vi prende in giro.
Sono anche una persona pragmatica, che si è resa conto (un 10 anni fa…) che quello di un campionato di elite non è un progetto realistico. Ma ho una mia idea: una fase iniziale su base regionale o zonale, finali interzonali a concentramento e 6 squadre che avanzano a una fase nazionale per il titolo da giocarsi tra luglio e agosto. Queste super squadre dovrebbero essere ovviamente l’espressione di uno sforzo di aggregazione tra diverse realtà ed esprimere anche rose di prospetti per giocare una lega invernale a ottobre e novembre, magari nella mitica Sicilia di cui si parla da 20 anni abbondanti senza che sia mai accaduto in Sicilia nulla di veramente significativo. A parte mandare in malora un paio di stadi.

Tornando al mio essere pragmatico, voglio puntualizzare che questo non è un articolo politico. Confermo che sarei stimolato dal correre a una carica elettiva FIBS, ma non in questa situazione. Quest’anno compirò 57 anni e preferisco dedicare le energie che sento ancora di possedere a qualche progetto che abbia un senso. Sul baseball italiano ho perso le speranze. Il mio tentativo l’ho fatto tra il 2002 e il 2016 e posso confermare di avere perso.

Tutto quello che posso fare per il baseball italiano ora è raccontarne le storie. E la Storia.

Nella foto di copertina: Paolini del Parma in azione all’Opening Day 2020 (Corrado Benedetti-NADOC Media)