I Diari del 2003: dalle “mamme leonesse” a Cuba

Diario di un cronista itinerante

Quello dedicato alle mamme leonesse è decisamente un bel Diario. Ma devo dire, che mi ha procurato non poche antipatie. Tra le mamme che sono leonesse e non trovano lusinghiera la definizione. Con la fine dell’estate del 2003 si inaugura un periodo veramente fertile, per il Diario. Nella puntata successiva riesco a inimicarmi buona parte del Comitato Nazionale Tecnici

27 agosto- Lo sport delle mamme leonesse

Una leonessa e i suoi cuccioli al parco Serengeti
Una leonessa e i suoi cuccioli al parco Serengeti

Il Mundialito di Nettuno è stato una cosa grande.
Premetto che io ho fatto pochissimo, ma durante la cerimonia di premiazione (che magari poteva durare un po’ di meno, ma nessuno è perfetto) mi sentivo particolarmente orgoglioso per l’essere stato partecipe di quella che è stata la più grande manifestazione di baseball giovanile che si sia mai disputata in Italia. E che oltretutto è solo agli inizi. Dalla seconda edizione (ancora a Nettuno) il Mundialito potrebbe perdere il suo ito finale e diventare un vero e proprio Mondiale. Ne riparleremo, è chiaro.
Al Mundialito sono stato anche testimone di uno splendido gesto di dirigenti, giocatori e…autista del Rimini, che in contemporanea giocava contro il Nettuno. Appassionati da una gara 3 che era sull’1-0, i componenti di 2 squadre polacche e una croata avevano perso l’appuntamento con le corriere che li dovevano riportare a destinazione. Trovarsi a piedi a 4 o 5 chilometri dal proprio alloggio dopo mezzanotte a Nettuno non è una tragedia, ma certo può essere seccante. Ebbene, dirigenti e giocatori del Rimini hanno accettato di ritardare la loro partenza per consentire che i ragazzi fossero riaccompagnati. Meritano un ringraziamento pubblico.
Parlando del mundialito dal punto di vista tecnico però dobbiamo ammettere una cosa: di talento se ne è visto poco. So di andarmi a cacciare in un terreno minato, facendo questi discorsi. Mi guadagnerò anche il rimbrotto garantito di qualche mamma, perchè dovete sapere che la mamma standard del giocatore di baseball è ferocissima e difende il pargolo come neanche una leonessa saprebbe fare, specie se il pargolo non ne ha affatto bisogno. Comunque, torniamo a noi. Si è visto poco talento e questa è una constatazione che vi invito a contestare, se potete. Farete più fatica a contestare le osservazioni che seguono.
Domanda: è normale che un ragazzo di 14 o 15 anni commenti una partita in cui la sua squadra ha commesso più errori delle valide battute con un “Però ci siamo andati vicini”? O che un lanciatore sostituito (e difeso ad alta voce dalla mamma leonessa) affermi: “Ci sta essere battuti, nel baseball”.
Io dico bah. Lo dico, perchè a 14 anni preferisco quasi che un lanciatore battuto esca dal campo piangendo per il dispiacere, piuttosto che si produca in dichiarazioni precotte da veterano di Major League. Ci manca solo che alle prossime finali Ragazzi o Cadetti il lanciatore vincente dichiari che “Ce l’ho fatta con l’aiuto di Dio e dei miei compagni” e poi siamo a posto.
Facciamo una riflessione tutti assieme, a cominciare dai tecnici delle 6 nazionali. Il ragazzo italiano con delle potenzialità segue il percorso giusto per diventare un giocatore di baseball? Perchè, care mamme leonesse, un ragazzo di 15 anni non è ancora un giocatore di baseball. Così come non è ancora un uomo. E allora le sue prestazioni non vanno valutate come quelle di un campione di Serie A. Alla sua formazione può servire di più che il ragazzo capisca che è bene correre per raggiungere la sua posizione in campo (esempio banale, se volete), piuttosto che impari a giustificare una sconfitta dicendo che a vincere “siamo andati vicini”. Fra l’altro, se lo scopo è vincere (e a certi livelli non dovrebbe esserlo…), “andarci vicini” non è una consolazione.
Per piacere, riflettiamo. Ho personalmente l’impressione che si stiano cercando di allevare tanti Harry Potter, anzichè giocatori di baseball.
Prima di andare a Nettuno sono stato testimone di un evento di considerevole spessore. L’esordio in Serie A1 di un giovane arbitro, con tanto di terzo out chiamato tra le proteste, è soltanto la premessa. La cena che ha fatto seguito all’esordio ha creato le basi dell’evento. E l’evento eccolo qui: il giovane arbitro ha porto all’oste una carta di credito e, dopo i consueti minuti di attesa, l’oste è tornato per dire che la carta…ehm…rifiutava il pagamento. Senza colpo ferire, il giovane arbitro si è rivolto ad un collega anziano e gli ha affibbiato il conto da pagare. “Ma domani mattina glieli ridò subito” ha dichiarato angelico. Innegabile, il ragazzo ha del talento.
A proposito di talento, il vostro cronista itinerante ha trovato un’ottima soluzione per il pranzo di chi viaggia in auto dall’Emilia Romagna a Roma. A Fabro, pochi metri dall’uscita dell’autostrada, trovate la Locanda del Buttero. Carne alla griglia a go go e disegnino dedica del Consigliere Federale Bellisari Stefano (in arte Elio) e del suo collega Fasani Nicola (in arte Faso) appesa ad un muro. Quasi il massimo.

2 settembre- Io, giornalista forchettaro

Il vero Filiberto Pittini
Il vero Filiberto Pittini

Piango la dipartita di Filiberto Pittini dal forum di baseball.it. Trai tanti che sono talmente coraggiosi da non firmarsi nemmeno con il loro nome (ma che ambiente è, quello in cui non si ha il coraggio di dire come la si pensa?), Filiberto ha avuto modo di elevarsi. Lui ha scelto uno pseudonimo e precisamente quello di: Una delle ultime figure di “Fotografo dilettante nell’accezione ottocentesca, Pittini dedica la sua attenzione fotografica alla natura in quanto opera d’arte ai suoi segni, alle sue superfici, evidenziando tracce, punti, linee, ombre di quella realtà. Un accattivante diario di viaggio con impressioni, come Pittini ama definire queste immagini, testimonianze di uno sguardo intenso, prolungato, appassionato“.
Non so a voi, ma a me non mancherà.
A proposito di dilettanti, voglio difendere la categoria dei tecnici di baseball come me. Gente cioè che è ben conscia di fare un altro mestiere (nella fattispecie, il giornalista) ma che dedica passione allo studio del suo gioco preferito, altrettanto conscio del fatto che il baseball è un gioco.
Come dite? Che a parte qualche eccezione in Italia i tecnici di baseball sono tutti nelle stesse condizioni? Non credetelo. Gli albi del CNT sono pieni di scienziati della palla base che per puro caso fanno anche i macellai, gli impiegati del catasto, delle poste e telegrafi, delle muncipalizzate pubblici servizi, dell’Enel, della Telecom, i rivenditori di articoli sportivi o i panettieri. E che trovano “sconveniente” che un giornalista (forchettaro…e me ne vanto) possa esprimere giudizi tecnici. Ancora più sconveniente trovano il fatto che qualcun altro abbia provato a fare l’allenatore di mestiere e per questo lo odiano.
Sapete cosa dico a questi signori? Che sono solo dei Filiberti Pittini, che non hanno il coraggio delle proprie azioni e neanche quello di provare ad abbracciare l’attività che amano.
Volevo salutare un mio amico con le parole di una canzone dei Jam di tanti anni fa: “Non ci sono più piscine a forma di chitarra nelle quali nuotare/non ci sono più taxi, ma devo camminare/nei bar non mi danno più da bere quando è chiuso/Sono da solo, come tutti gli altri/ Ma per un po’, ci siamo divertiti”.
A proposito di amici, quello degli sms si sta scaldando sapendo che iniziano i play off e che dopo sarò all’estero. Perchè mandare messaggi in orari strani è molto più eccitante. Ad esempio, al Mundialito di Nettuno mi ha tenuto sveglio fin verso le 3 per delucidarmi sui dettagli di una telefonata con l’oggetto del suo desiderio (sempre lei, il mio amico è un ragazzo coerente) che, nella sostanza, si sfogava per le pene che il fidanzato le faceva soffrire. Beh, alzi la mano chi si direbbe contento se la donna dei suoi sogni lo tenesse sveglio di notte (perchè l’oggetto del desiderio lo aveva anche svegliato) per raccontargli che un altro la fa soffrire. Mah…non sarà mica Fliberto Pittini, il mio amico degli sms?

Alla ripresa dei play off, mi inquieto con un allenatore che preferisce mandare in pedana un coach pur di non sprecare lanciatori in una gara che considera persa. Avrà ragione lui, perché vincerà lo scudetto. Ci sono altre 2 cose da segnalare: dopo l’amico degli sms, si palesa l’amica degli sms. Anni dopo conoscerò l’inventore degli sms, ma questo è un altro discorso.
Inizia poi un rapporto non semplice con alcuni personaggi di dubbia intelligenza che vivono ai margini della squadra del Rimini

22 settembre- Giornalista dei miei stivali

Porto sfiga al Rimini. Questa sembra essere la conclusione di un simpatico visitatore del forum, che ha proposto il concetto in tutte le salse. Da parte mia, non posso per altro negare con troppa forza. Nel 2001 scrissi che il Rimini era molto più forte del Nettuno. E il Rimini perse. Morale: un giocatore del Nettuno mi diede del “giornalista di baseball improvvisato”. Dopo 25 anni passati sui campi a vario titolo, ci soffrii un po’. All’inizio di quest’anno osai scrivere che il Rimini stava giocando male e aveva sbagliato campagna acquisti. Mi risulta che quel mio articolo sia stato conservato, plasticato e addirittura appeso nello spogliatoio del Rimini “che poi ne parliamo a settembre”.
Qualunque cosa io faccia, sbaglio. Se mi occupo del Rimini, intendo.
Infatti, se prima delle 2 gare dello scorso fine settimana avessi per caso scritto che il Modena era favorito, il solito pazzo (che più probabilmente è una pazza) di mia conoscenza mi avrebbe riempito la casella di posta elettronica di insulti provenienti da indirizzi falsi.
Non so più cosa dire, se non che a me che il Rimini (o il Nettuno o il Bologna o il Parma o il Modena o il Grosseto) vinca o perda importa fino lì. Quel che mi interessa davvero è informare chi mi legge. E per informare correttamente chi mi legge “dovevo” scrivere che il Rimini era favorito.
Per la cronaca, quando venerdì sera sono entrato nel dug out del Modena per parlare con Toriaco, mi hanno detto “complimenti per il pronostico”. Voglio vedere io come reagirà il primo lanciatore a cui dirò a fine partita “complimenti per le legnate” o il primo arbitro a cui dirò “bella chiamata del cavolo”.
Il bello è che domani riceverò di sicuro una mail in cui mi si farà anche notare che non dovevo parlare di Modena o Rimini, bensì di GB Ricambi o Telemarket
Se il visitatore del forum mi definisce “giornalista dei miei stivali”, mi tratta ancor peggio la mia amica degli sms, che in un messaggio scrive: “Ma tu, oltre a fare il giornalista, lavori?”. Un vero e proprio colpo da K.O. che non ammette replica. La mia amica degli sms è destinata a cancellare il mito del mio amico degli sms, se continua così.
Una delle poche soddisfazioni che l’ultima settimana ha riservato al vostro cronista itinerante è stata data da un distributore di benzina. Dopo anni, sono finalmente riuscito a capire perchè i benzinai riuscivano a farmi il pieno andandosene in giro e tornando al momento giusto: perchè nella pistola c’è un aggeggio che blocca l’erogatore e lo rilascia al pieno. L’ho scoperto sabato mattina dalle parti di Sant’Arcangelo di Romagna e oggi dalle parti di La Spezia ho appurato che molti distributori fai da te eliminano il congegno. Cattivi.
Non è stata una gran settimana, in effetti. Spero che chi ha seguito nel recente passato le mie itinerazioni gastronomiche si unirà a me in segno di lutto per la cena che ho dovuto fare venerdì sera: una tavoletta di cioccolato e un sacchetto di snack al formaggio presi dal frigo bar. Una vera tristezza.
A proposito delle (scarse) soddisfazioni, devo dire che un celebre tecnico che io ho criticato senza pietà da queste colonne per una determinata scelta sui rilievi me ne ha data una. Scrivendomi una mail molto equilibrata, ha detto che accetta l’osservazione, come spera che io accetti il suo ragionamento: gestire i lanciatori quando si passa da riposi di una settimana a riposi di 3 giorni non è facile. Lo ringrazio pubblicamente per i toni e per la professionalità che ha dimostrato.
Visto che non resisto, chiudo facendo il pronostico sulla finale: secondo me, vince Bologna. Ooops, l’Italeri.

5 ottobre- Io, amico persino degli arbitri

Sono solo in una camera d’albergo. Status abbastanza normale per un cronista itinerante, ma ottimo inizio per un Diario. Quindi, fate finta che non sia abituale e immaginatevi la scena di questo umile scribacchino che vuole consegnare al mondo i suoi pensieri baseballistici. La lettura del Diario ne trarrà giovamento.
Inizio scusandomi con la mia amica degli sms, che mi aveva pregato di farle gli auguri di compleanno (ma quanti saranno, anche se a una signora non si chiede) attraverso la rubrica. Visto che me lo ha chiesto una settimana fa o forse di più, in realtà gli auguri non avrebbero significato. Ma ogni promessa è debito.
Il mio amico degli sms invece mi ha dato una brutta delusione. Per una volta, gli avevo chiesto io di mandarmi un messaggio (contenente i risultati della giornata di calcio, per la cronaca). Ebbene: si è dimenticato. Le prossime consulenze che mi chiede giuro che gliele fatturo.
Dopo essermi definito amico degli oriundi e anche degli olandesi, credo sia ora che io confessi di essere persino amico degli arbitri.
Queste tre sono le categorie che, secondo l’esponente medio del baseball italiano, non possono sbagliare. Perchè se lo fanno, vuol dire che sono in mala fede.
Specie al riguardo degli arbitri, sono spettacolari i giocatori (tutti: italiani, stranieri e anche gli oriundi, che nonostante i miei sforzi restano una categoria intermedia) e i manager. L’arbitro capo di una partita di baseball prenderà 300 decisioni a sera, ma è sicuramente in malafede se ne sbaglia una, chiamando ball una palla strike o viceversa, cosa che difficilmente può influenzare l’andamento di una gara. Un giocatore che nello stesso tempo prende una sola decisione (esempio: un bel pick off in prima) ha molte più probabilità di far perdere la sua squadra (ad esempio se sbaglia il tiro e porta il corridore avversario in terza) ma certamente avrà più scusanti. Per non parlare di un manager, che magari mette in campo il suo rilievo migliore in svantaggio e per 2 giorni consecutivi e ha il coraggio di dare la colpa di un paio di sconfitte al signore in blu.
Sia chiaro, non è che gli arbitri siano immuni da colpe, ma proprio non riusciamo a valutare il loro operato con lo stesso metro con cui si valuta quello dei giocatori e degli allenatori?
Parliamo un po’ di oriundi, che ho voglia di farmi dire qualche cattiveria. Leggendo il forum ho trovato strepitose classificazioni. Ci sono gli oriundi che “non si sa se ci sono l’anno prossimo’, quelli che “sono venuti da giovani e quindi meritano di più di andare in nazionale”, quelli che “io lo so che ci tengono alla nazionale” e quelli che “ci vanno solo per i soldi tanto non hanno un cavolo da fare”.
Io credo che non si comprenda bene la portata di questi ragionamenti. Trovo brutto differenziare le persone così, è proprio alieno alla mia natura. Ma non sarò troppo severo. Voglio chiedere solo: e chi stabilisce le regole? Quanto tempo un oriundo deve giocare in Italia per essere considerato uno di noi? Cosa vuol dire fare la differenza?
Domani mattina mi imbarco con gli azzurri per l’Avana.
Non ci crederete, ma per me si prepara un periodo di stress. Oddio, so che se lavorassi in una miniera belga patirei più stress (e i miei figli, se volessero giocare a baseball in Italia, sarebbero oltretutto oriundi) ma cercate di capirmi: da un lato, sono un membro del gruppo. Dall’altro, devo scrivere le cronache del Mondiale ed essere obbiettivo. Io so di essere in grado di lavorare distaccato, ma sono preoccupato per i vari filibertipittini che son lì, pronti a cogliere un accento grave scritto al posto di uno acuto, pronti a ravvisare i segni della decadenza del baseball italiano in quello che scrivo. Lasciatemeli tranquillizzare: io sono solo un cronista di baseball. Per Satana, bussate ad un’altra porta.

E’ il momento di sbarcare a Cuba. A L’Avana la delegazione italiana alloggia all’Hotel Riviera

18 ottobre- Il paradosso cubano

A Cuba si gioca a baseball per strada
A Cuba si gioca a baseball per strada

Mi è toccato sentirmi dire che tratto “argomenti da avanspettacolo” ma non è per questo che il Diario è ultimamente un po’ in ritardo. Mi fregano gli impegni della nazionale, la serie di articoli apparsi ultimamente sul sito (lo confesso: cerco di pubblicare il Diario quando ha più speranze di rimanere in primo piano a lungo) e il fuso orario. Perchè per voi è pomeriggio quando per me è mattina e la cosa mi impedisce di prendere il ritmo giusto. Puntualizzato questo, anche che non trovo il termine “avanspettacolo” un’offesa (l’arte popolare ha una sua chiarissima nobiltà), vengo a noi.
Alla battuta della mia amica degli sms (riepilogo per chi si fosse messo solo ora in contatto: un’hostess spagnola ha fatto un apprezzamento sul sottoscritto e la mia misteriosa amica ha dichiarato “Ti avrà voluto prendere in giro”) c’è stata più di qualche risposta seccata. La cosa mi lusinga, inutile negarlo. Particolarmente convinti sono i messaggi di una seconda amica (ma questa volta so chi è, anche perchè mi ha chiesto il numero per mandarmi i messaggi), che non fa mistero di ambire al titolo di amica degli sms.
A proposito dell’amica originale, ha comunque promesso che rivelerà la sua identità se l’Italia si qualificherà per la seconda fase del Mondiale. Evento che in questo momento mi sembra per altro abbastanza improbabile. Quindi, non vale. Anche se devo ammettere che la mia amica ha fatto la promessa quando il torneo doveva ancora iniziare.
Rimanendo in tema, il mio amico degli sms ha dato delle soddisfazioni clamorose. Si è quasi vantato di essere riuscito ad organizzare un’uscita con l’ormai storico oggetto dei suoi desideri e una conoscenza comune. Non aveva ancora finito di auto celebrarsi che nella mia casella e mail è apparso un messaggio di questa conoscenza comune, che definiva la cena “pallosissima”. Come dire: strike tre, out.
Non so se avete presenti quei film in cui ci sono gli inviati che, quando non fanno servizi, stanno tutto il giorno al bar. Tipo Un anno vissuto pericolosamente, insomma. Ecco, qui a L’Avana noi rischiamo di finire così. Avventurarsi per strada è in effetti ormai sconsigliabile. Da anni a Cuba l’uomo solo viene avvicinato da qualcuno che la prende alla larga (“vorrei fare due chiacchiere, sai noi viaggiamo poco”) e poi inevitabilmente offre sigari, rum e la compagnia di qualche sua amica. Ora purtroppo si sta esagerando. Non si possono muovere due passi senza che orde di ragazzine giovanissime ne propongano di tutti i colori o che figuri moderatamente loschi si offrano come intermediari ruffiani. Sconsigliabilissima è la pratica che caratterizza noi italiani all’estero più del passaporto: guardare le belle donne. Perchè se solo provate a guardare una ragazza, non ve ne liberate più. Se è in compagnia, peggio. Perchè il compagno diventerà il vostro primo alleato!
Non mi piace scherzare sulla miseria, ma non posso credere che sia vero che tutte le ragazze cubane di bell’aspetto hanno un figlio e il marito le ha abbandonate e che tutte quelle più bruttine hanno a casa un bimbo malato bisognoso di latte in polvere che si trova solo in un certo posto dove, miracolo, quando entrate è già incartato e aspettano solo che lo paghiate. Insomma, noi italiani stiamo diventando per i cubani l’equivalente degli americani ai quali nei film di Totò si vendeva il Colosseo.
Forse è vero che stiamo colonizzando l’isola, ma in una cosa i cubani tengono a mantenere le distanze: il baseball. Un taxista che ci stava accompagnando al ristorante (specialità pollo, una cosa che non credo di aver mai ordinato al ristorante se non qui a Cuba) ci ha raccontato che lui da bambino era molto scarso a giocare a baseball. E indovinate un po’ come l’anno soprannominato i suoi amici: l’Italiano. Inutile nascondere che con questa rivelazione il taxista si è giocato clamorosamente la mancia.
L’ultima citazione è per i Vertici Federali. Qui a Cuba gli alberghi internazionali propongono trai canali televisivi ESPN in Spagnolo, che incidentalmente trasmette le partite dei play off americani. Bene, ero in camera che guardavo Boston-New York e il mio personale idolo Johnny Damon stava entrando in battuta. La mia vita stava insomma passando un momento perfetto. Ma come spesso accade, a rovinarla ci ha pensato il telefono che, incurante del fatto che la partita fosse giunta all’ottava ripresa, ha iniziato a trillare. Per farla breve, era stata convocata una riunione della squadra. Voglio enfatizzare bene: una riunione di una squadra di baseball è stata convocata all’ottavo inning di Red Sox-Yankees. E naturalmente io ci dovevo essere. D’accordo che quello del terzo millennio è un mondo che ci ha abituati a vedere le certezze capovolte, ma questo episodio è autenticamente destabilizzante. Cosa mi devo aspettare adesso? Che cani e gatti vadano d’accordo? Che i leoni diventino erbivori? O addirittura che l’Inter vinca lo scudetto di calcio?

Il 24 ottobre 2003 è morto Bruno Beneck. Ai tempi, la notizia non mi interessò evidentemente più di tanto.
A quell’epoca Beneck era presidente onorario della FIBS, che aveva guidato dal 1968 al 1984, succedendo a Giuseppe Ghillini alla Presidenza. Nato nel 1915, era uno dei padri del baseball italiano ed europeo. Ma la sua carriera era finita fragorosamente dopo le Olimpiadi di Los Angeles, travolta da accuse di sprechi e mala gestione. Da queste accuse Beneck era stato per altro completamente riabilitato.
Sulla figura di Bruno Beneck ho scritto nella versione in Italiano di The Game we love, la storia della IBAF. Nella parte sugli
anni ’70 e in quella sull’ingresso del baseball alle Olimpiadi.

25 ottobre- Questa mattina, mi son svegliato…e ho trovato l’invasor

Offro un Daiquiri a Hemyngway al Floridita
Offro un Daiquiri a Hemyngway al Floridita

Premessa: quello che scrivo e firmo in questa rubrica non c’entra niente con il mio lavoro alla Federazione Italiana Baseball Softball, con la quale ho un contratto che mi lascia libertà di scrivere dove voglio e quello che voglio. Il presidente Fraccari i miei articoli li legge, come voi, una volta pubblicati e non ne è in nessuna maniera responsabile. Nè si sognerebbe mai di intervenire per farmeli modificare.
Riccardo “membro da World Series” da oggi non esiste più. Per me infatti il forum di Baseball.it è morto e sepolto.
Leggendolo ad intervalli di giorni per motivi di necessità (non tutte le connessioni qui a Cuba sono sufficientemente veloci per consentirmi di operare), mi sono reso conto che la mia presenza è superflua. Non tanto per le badilate di guano che qualcuno ama rovesciarmi addosso (ho le spalle larghe), nè perchè da mesi ripeto le stesse cose senza ottenere il modesto risultato di farmi capire (evidentemente sono io che non mi spiego bene) e nemmeno perchè ci sono ex responsabili editoriali di questo sito che scrivono sul forum trincerandosi dietro l’anonimato (quando si è tristi, si è tristi). No, quello che mi ha fatto desistere è la consapevolezza che il forum non ha più lo scopo di essere un luogo di incontro tra appassionati, un “bar del baseball”. Nè è mai riuscito a diventare il modo di far circolare informazioni tra addetti ai lavori più rapidamente. Il forum è ormai lo sfogo dei rancori e delle frustrazioni. E io non voglio averci più niente a che fare.
Per altro, chi vuole comunicare con me, chiedermi pareri, criticarmi o quel che crede deve solo clickare sulla mia firma e spedirmi una e mail. Rispondo a tutti.
Un po’ mi dispiace non visitare più il forum perchè a volte mi dava spunti molto interessanti per questa rubrica. Ad esempio, leggendo i vari post sulla nazionale ho notato una grande ignoranza sul baseball internazionale. Ignoranza non sarebbe in sè un termine offensivo. Ignorare non sarebbe un male incurabile, se non fosse abbinato alla presunzione di trinciare giudizi. Lo scorso anno, ad esempio, suscitò vari risolini (virtuali) la mia idea che il Brasile meritasse rispetto. Quest’anno il Brasile è arrivato settimo, battendo la Corea, e perdendo il quarto di finale con Cuba al nono. E allora si scopre che il Brasile ha programmi di sviluppo che dobbiamo guardare con invidia, giocatori nelle Leghe pro giapponesi e quant’altro.
In campo per il Brasile vanno diversi oriundi. Li chiamiamo così per comodità: si tratta dei giapponesi nati in Brasile, etnicamente e linguisticamente giapponesi. Secondo illuminati ragionamenti, che ho sentito fare e anche letto, la gente scura di pelle non può essere italiana. Devo dedure che anche questi giapponesi (li ho incontrati in ascensore e al ristorante: parlano in giapponese!) non sono brasiliani?
Rimanendo al baseball internazionale, si è persa di vista la realtà. Quante volte abbiamo battuto Nicaragua, nella nostra storia? Non le ho contate, ma di certo meno volte di quante loro hanno battuto noi. E quante la Corea? Con i professionisti in campo, mai. Taiwan? Idem come sopra.
Il baseball italiano non crescerà mai, se non la si smette di pensare a questi tornei in termini di piazzamento (arrivare sesti, settimi, noni o quattordicesimi cosa accidenti cambia?) e non si comincia a valutare la nostra nazionale per come sa competere, per il livello di gioco che esprime, per come resta in partita.
Ritenete un trionfo il quarto posto del Mondiale 1998? E perchè? Perdemmo in casa con la Spagna, chiudemmo con più sconfitte che vittorie (comprese un paio di manifeste).
Arrivammo quarti, certo. Ma cosa ha lasciato al nostro baseball quel quarto posto?
Voglio provare a smontare un’altra tesi di quelle che vanno per la maggiore: “Facciamo giocare i nostri ragazzi ad alti livelli”. Bene, chiariamoci su cosa significa alto livello. Un tecnico italiano diceva (credo nel forum) che una certa nazionale Cadetti farebbe bella figura nella nostra A2. Allora deduco che la nostra P.O., formata da parecchi giocatori di A2, per fare esperienza dovrebbe partecipare a tornei Cadetti a Cuba, Giappone, negli Stati Uniti o in Australia. Cosa risponderebbe questo tecnico a chi vorrebbe la nostra P.O. impegnata a sfidare squadre di professionisti?
Domanda: a chi ha giovato la serie di sconfitte subite dalla nostra nazionale universitaria? A chi ha giovato la vittoria contro la Corea (ricordiamoci che era un’Università coreana senza innesti, non una nazionale) con De Santis, Pantaleoni, Chiarini, Parisi, Dallospedale (5 titolari della nazionale maggiore) in campo?
Ai tecnici che teorizzano 1000 fungate o 350 swing al giorno per migliorare, chiedo di fare questo piccolo gioco. Tenete la bocca chiusa e provate a bere. Provate a farlo 1, 10, 100, 1000, 3000 volte. Se riuscirete a bere con la bocca chiusa, i vostri metodi funzioneranno anche per sviluppare il talento dei vostri giocatori.
Quello che ho scritto sui rapporti tra le ragazze cubane e i turisti non è piaciuto. Non è piaciuto qui (ad onor del vero, non ci sono state prese di posizione ufficiali, solo qualche sorriso tirato e qualcosa riferito attraverso terzi) e al limite lo posso capire. Ma non è piaciuto a qualcuno in Italia, che mi ha definito (sempre sul forum, che ieri ho letto) in sostanza “colonialista”.
Se non fosse un delirio, mi offenderei…Io, se non si era capito, sono un cronista. Che riferisce quel che vede. I diari di viaggio sono così, fin da Goethe quando venne in Italia e non fece mistero di apprezzare le bellezze italiane.
Consiglio al nostro censore di prendersela con Bruce Chatwin (che ha scritto in The songlines che gli aborigeni non lavorano e sono sempre ubriachi) o con David Leavitt (che si stupisce per il fatto che in Italia circolano gli ape car) o con Ernest Hemingway (che racconta per filo e per segno come, seguendo una abitudine africana, avesse una concubina approvata dalla moglie) o meglio ancora con Stanley Kubrick, che è anche morto, che nel film Full metal Jacket mostra un ragazzino vietnamita che cerca di convincere un soldato americano ad avere un amplesso a pagamento con sua sorella per “faiv dolla”.
Saluto il censore con un altro verso di Paul Weller, altro mio personale idolo: “Preferirei essere morto, che vivere come te”.

L’ultima parte dei Diari del 2003 sarà quella che ho scritto da Panama durante la qualificazione olimpica delle Americhe e che pubblicherò integralmente, anche perché quei giorni restano una delle mie più belle esperienze professionali.
Voglio, per chiudere, dedicare ancora un paio di pensieri a Cuba. Uno alle radiocronache in streaming audio delle partite della nazionale fatte con il mio cellulare e che gettarono nel panico Wind, l’operatore telefonico che serviva la FIBS allora: “Ma è davvero lei, a rimanere così tanto al telefono da Cuba?”. L’altra al poliziotto “così contento della sua divisa, della sua pistola, del suo walkie e talkie e delle sue manette che sembrava un super eroe”
che mi ha fatto entrare in campo per le premiazioni dopo la finale. Il virgolettato non è mio, ma dello scrittore cubano Pedro Juan Gutierrez.