I 2 soli

FICTION E PROGETTI EDITORIALI, racconti

Ho lavorato alla prima stesura di questo racconto nell’estate del 2011. Funzionava tutto, procedevo spedito, però non mi convinceva mai il finale. Così ho deciso di pubblicarlo e vediamo cosa ne pensa chi legge questo sito

C’è stato un periodo in cui c’erano un sacco di lucertole. Una sproporzione: camminavi sul marciapiede e loro saltavano fuori da tutti i cespugli. Sarebbe stato un peccato spiaccicarne una.  Ma non avrebbe comunque guastato uno studio per capire se, per caso, si erano estinti i loro predatori naturali. A chi lo si poteva commissionare?
Leonardo apre gli occhi in una stanza d’albergo. Ha in mente le passeggiate per Parma che faceva tanto tempo fa. E’ a Parma, ma dove? Allunga la mano destra. Poi quella sinistra: Di sicuro, ho dormito da solo.
Ha ancora gli occhi chiusi quando un aggeggio si illumina e inizia a trillare senza pietà. E’ un telefono e ha una cornetta. Leonardo la prende con la mano sinistra e gli cade. Allora la prende con la mano destra e abbaia nel microfono: “Ma che cazzo!”.
Qualcuno gli sta parlando in Inglese e  Leonardo si ricorda. Non ha capito cosa sta dicendo la voce in Inglese, ma risponde con quattro o cinque OK di fila. Poi abbassa la cornetta. Ha capito dov’è e si chiede come mai gli alberghi lussuosi italiani debbano avere stanze così piccole.
Vola sotto la doccia e apre il rubinetto dell’acqua calda. Ha sempre avuto la sensazione che un bel getto bollente fosse garanzia di pulizia. Ma bisogno stare attenti a quando la pelle comincia ad arrossarsi. A quel punto, basta essere abbastanza veloci con la mano sul rubinetto e passare all’acqua fredda.
Leonardo è ancora bagnato quando il telefono si rimette a trillare.
Si asciuga con calma, mentre il telefono continua a trillare. Il rumore smette per un istante, poi ricomincia.
Lio spichin” dice compiaciuto e, senza lasciare tempo, annuncia a chiunque fosse dall’altra parte che scenderà tra un istante.

La prima persona che Leonardo incontra è il direttore dell’albergo. Avrebbe l’istinto di chiedergli se ci sono ancora molte lucertole, ma pensa che non è bene presentarsi con una stranezza. Allora punta con l’indice della mano destra la costruzione dall’altro lato della strada e sorride.
“Sono venuto qui con mio bisnonno un giorno di agosto…molti anni fa. Adesso che ci penso, lui ne compiva 100, quindi io ne avevo 6… Allora sono passati 30 anni esatti. Mio bisnonno quel giorno insisteva a dire che proprio lì c’era uno stadio da baseball. Uno famoso. E’ possibile?”
Il direttore dell’albergo sembra non avere nemmeno sentito: “Il signore della NASA ha detto che ci sono già tutti i giornalisti”. Poi sorride: “E’ elegantissimo, signore”.
Leonardo guarda i mocassini Clark grigi e i pantaloni leggeri di una specie di verde. Slaccia il bottone della giacca chiara, che secondo lui è molto intonata alla maglietta che porta sotto. E’ sostanzialmente d’accordo con il giudizio del direttore dell’albergo e questo lo fa sentire in confidenza. Ricambia il sorriso e poi chiede: “Ma ci sono ancora molte lucertole, qui?”.

Il signore della NASA ha il ciuffo da Big Jim e gli fa tanta invidia. Leonardo sente qualche goccia di sudore e si passa entrambe le mani aperte sul cranio rasato. Sa di essersi scordato i fazzoletti di carta in camera e sa anche che non avrà mai il coraggio di chiedere scusa e tornare a prenderli. Si asciuga i palmi delle mani sullo schienale di una poltrona: “Sono pronto…ready”.
Big Jim lo prende sotto braccio e gli sussurra: “Ma proprio qui?” Parla in Inglese come i texani nei film di una volta “Ma se proprio volevi incontrare i giornalisti in Italia, non potevamo andare a Roma o Milano?”.
Leonardo non parla e cammina. Attraversa una sala piena di gente sudata e si chiede perché l’aria condizionata o fa troppo freddo o non rinfresca abbastanza. Quando arriva al tavolo, sente la bocca asciutta e prova ad aprire una bottiglia d’acqua. La mano gli scivola sul tappo a vite e allora decide di asciugarsi sulla tovaglia. Poi riprova ad aprire la bottiglia e ha successo. Versa un bicchiere e lo beve d’un fiato. Ne versa un altro e alza lo sguardo. Parte un applauso e Leonardo non ha parole. Allora si siede.

“Leonardo Zantei” dice una voce che parte da un punto che lui non vede “E’ il primo astronauta ad aver completato un volo fuori dal sistemaAlpha Centauri solare. Per la precisione, il giorno 30 agosto del 2093 ha raggiunto il sistema di Alpha Centauri. Il 27 di settembre del 2093 la sua navicella è entrata in orbita attorno alla luna, completando la missione. Signori…Leo-nar-do Zan-tei”.
Parte un altro applauso, molto più forte di quello di prima.
La voce che viene dal nulla annuncia che le prime domande saranno quelle dei giornalisti scientifici. Leonardo si sistema sulla seggiola, abbassandosi leggermente e sprofondando nel cuscino. Sa cos’è un motore a curvatura, ma non ha idea del come e del perché riesca a funzionare. Pensa che se si fosse guastato mentre era in viaggio, magari non sarebbe più rientrato sulla Terra. O forse ci sarebbe rientrato con il sistema di navigazione a fusione, arrivando quando il suo nipotino appena nato avrebbe avuto l’età di suo bisnonno quel giorno del 2063.

Arriva al tavolo un tizio agitato che gli mette un microfono davanti.
Mister Seintiai” dice strappandogli un sorriso “Per i nostri telespettatori, può spiegare cos’è un motore a curvatura”.
Leonardo si schiarisce la voce: “Mio bisnonno mi parlava sempre di un telefilm dei suoi tempi…’Star Trek’…ecco, più o meno loro ci erano arrivati, a come far funzionare un motore a curvatura. Noi abbiamo ancora qualche problema a sintetizzare l’anti materia, ma comunque il concetto è quello. La navicella oscilla tra 2 velocità, entrambe molto prossime a quella della luce, ma non sta mai alla stessa velocità per più di un tempo infinitesimale”.
Ci chiediamo cosa significhi patire l’enorme accelerazione, disse una voce dal fondo della sala: “Non c’è nessuna accelerazione. Almeno, chi è a bordo non la avverte. Il motore a curvatura forma una bolla nel sub spazio… nella quale avviene l’accelerazione”.
Ma non chiedetemi cos’è o dov’è il sub spazio
Leonardo sorride e non parla più. Pensa solo a quanto è fortunato per il fatto che sui prototipi di navi spaziali interstellari sono montate delle griglie di gravità. Quando è tornato con lo shuttle sulla terra, ha patito la nausea tutto il tempo.
I giornalisti della stampa scientifica si scatenano con una serie di domande a Big Jim e Leonardo si prepara a raccontare per l’ennesima volta che lui è nato a Parma, ma che è cresciuto in Florida. Si era trasferito verso i 10 anni di età, quando ormai era chiaro che suo padre si sarebbe arricchito giocando a baseball.
Il secondo italiano a giocare in Major League dopo Alex Liddi
Dopo ‘Star Trek’, era Alex Liddi uno degli argomenti preferiti di suo bis nonno. Leonardo aveva visto un sacco di foto di Alex. In una c’era anche suo bisnonno, che lo stava intervistando. Doveva essere il 2010.

Sta andando tutto bene, quando Big Jim si preme l’auricolare contro il timpano e fa una faccia dubbiosa. Poi  lo guarda dritto negli occhi.
Leonardo ci mette qualche secondo a capire che non stanno più parlando i giornalisti della stampa scientifica e che la domanda è per lui. Esce dalla posizione che aveva assunto, non senza dolore. Si stira piegando in maniera impercettibile all’indietro il collo e facendo pressione sulla colonna vertebrale. Sta attento a non far notare che era disattento: “Prego?”
“Le chiedevo che cosa le viene in mente, ripensando a quel giorno”.
Quel giorno
Leonardo ha ben inciso nella mente il 30 agosto del 2093. Ma non se ne rendeva completamente conto, prima della domanda del giornalista.
Scruta le espressioni in platea. C’è chi lo guarda rapito, chi è divertito, chi è sinceramente curioso. Non resiste alla tentazione di strappare una risata. Sono anni che si prepara la battuta ed è arrivato il momento di usarla.
“Non è arrivato nessuno a dirmi ho visto cose che voi umani non potete nemmeno immaginare, se è questo che volete sapere”.
L’effetto risata è garantito. Dalla platea, si alza un brusio di commenti. Big Jim resta con l’auricolare premuto sul timpano per un attimo, si fa assorto e poi ride anche lui.

Il 30 agosto del 2093 Leonardo Zantei era stato svegliato dal sistema della navicella, che da diversi giorni decideva per lui quando era giorno e quando era notte. Il visore accanto alla cuccetta gli aveva fatto sapere che gli esercizi ginnici sarebbero stati rimandati a tempo indefinito e lo invitava a recarsi immediatamente al posto di comando. La nave era uscita dalla velocità curvatura e finalmente i suoi occhi erano autorizzati a vedere qualcosa che non fosse una scia luminosa.
Leonardo aveva attivato lo schermo con un semplice movimento del dito medio della mano destra. Durante tutto il viaggio di ritorno, nei lunghi momenti di solitudine in cui il contatto radio con la terra non era attivo, avrebbe ripensato molte volte al perché quel gesto non era stato preceduto da un rituale o al fatto che magari avrebbe potuto documentare quel momento con una ripresa video o una foto, tutte funzioni che erano facilmente attivabili dal posto di comando. Perché quel che era certo prima del movimento del dito medio della sua mano destra, non era più così certo dopo.
E io non mi sono nemmeno preoccupato di fissare quel momento.
Sullo sfondo del nero dello spazio, splendevano luminosissime 2 stelle. Leonardo aveva cercato di fare mente locale e di paragonare quel che vedeva alle tante immagini che la sua mente riportava del sole. Nessuna lo aveva aiutato: né quella stilizzata dei disegni di bambino, con il sole come maschera di volto sorridente incorniciato da punte, né quella della solida resistenza alle giornate fredde, che la palla infuocata rappresentava in lontananza e nemmeno la brutale presenza del sole di un’estate equatoriale, così vicino da chiedersi quanto ci vorrebbe a toccarlo.
Le 2 palle luminose sembravano sovrapposte. Leonardo si era spostato di poco, per avere una immagine diversa. Le sfere emanavano una luce accecante, che invitava a distogliere lo sguardo. Dai lati, partivano enormi scie luminose, che i suoi occhi seguivano rapiti. Leonardo non era sicuro di quale fosse la stella più grande e si era precipitato ad interrogare il computer di bordo. Con qualche giorno di navigazione dei motori a fusione, sarebbe stato in orbita ad uno dei pianeti di Centauri ‘B’ e avrebbe potuto lanciare le sonde che avrebbero completato la missione. Centauri ‘B’, gli diceva il computer, aveva una massa di poco più del 90% di quella del sole ed era la più piccola delle stelle. E la più vicina, rispetto alla sua posizione momentanea.
Leonardo aveva alzato di nuovo lo sguardo, ma quello che gli rimandavano i suoi occhi non era così chiaro come il messaggio che veniva dallo schermo del computer. Le stelle gli sembravano ancora sovrapposte e non riusciva a guardarne una senza essere distolto dall’altra.

Leonardo sente la parola binario e reagisce con un “Come?”.
Il giornalista vuole sapere cos’è un sistema stellare binario
Guarda su Wikipedia, no?
Leonardo si schiarisce la voce: “Si tratta di 2 stelle che gravitano attorno ad un comune centro di massa”
“Hanno quindi lo stesso centro gravitazionale?” insiste il giornalista
Leonardo lo ignora: “In verità, Alpha Centauri non è proprio un sistema binario”. Si volta verso Big Jim, che ha l’orecchio premuto sull’auricolare e lo sguardo preoccupato. Leonardo prosegue: “Del sistema fa parte Proxima, che è la stella più vicina alla Terra ed è relativamente lontana, tipo un quinto di anno luce, dalle altre”.
Una donna si alza in platea: “Lei non l’ha visitata?”.
Leonardo sorride
Sì, le ho portato i saluti di tua zia
“La missione prevedeva di attivare la bolla di curvatura per raggiungere il secondo pianeta in orbita attorno a Centauri ‘B’. Con la nostra tecnologia attuale, non è che si può guidare una nave interstellare come se fosse un autobus. E con la navigazione a fusione, avrei anche potuto…. visitare, come dice lei, Proxima, ma avrei finito con il raccontare cosa avevo visto ai figli dei suoi figli”. A questo punto, Leonardo decide di diventare molesto: “Capisce cosa intendo, no?” E incalza, grato dell’espressione incredula della donna: “Sa, forse Einstein si è sbagliato, quando ha detto che Dio non gioca a dadi, ma su tante altre cose aveva abbastanza ragione. Di sicuro, sul fatto che quello di tempo è un concetto relativo”.

Leonardo distoglie lo sguardo dalla platea e lo dedica all’orologio al suo polso destro. Dopo questa scortesia, è convinto che la conferenza stampa sia finita. E ne è evidentemente convinto anche Big Jim, che sussurra qualcosa all’orecchio di un tizio sudato e con i capelli lisci del Capitano Straker. Le parole di Big Jim fanno scattare Straker, quasi come il suo omologo quando doveva mandare un caccia ad intercettare tutti quegli UFO che venivano allo scoperto senza che nessun radar li intercettasse.
Subito, la voce che non si sa da dove viene annuncia: “La NASA non è nella condizione di confermare oggi che il secondo pianeta del sistema di Centauri ‘B’ sia abitato, ma certamente l’atmosfera è molto simile a quella della Terra”. La voce si ferma, aspettando l’inevitabile brusio che si alza dalla sala. Poi prosegue: “Signori, siamo ad una svolta, nella esplorazione dello spazio”. Quando la sala ha smesso di fare baccano, la voce conclude con l’informazione meno interessante: “Attorno a Centauri ‘A’ ruotano invece solo pianeti gassosi”.
Big Jim sorride e si toglie l’auricolare. Sa che, a questo punto, la voce concluderà che è tutto: “Lio, abbiamo finito” dice in Inglese.

Leonardo nel frattempo è sprofondato ancora nella poltrona. Sta cercando di ricordarsi se l’immagine che la sua mente conserva delle 2 stelle del sistema di Alpha Centauri è a colori o in bianco e nero. Ripensa a quando si era spostato a destra e poi a sinistra con il collo e alla delusione che aveva provato appurando che continuava a vedere le 2 stelle in parte sovrapposte. L’idea che le scie luminose che partivano dalle 2 stelle arrivassero, secondo i suoi occhi, quasi ad intersecarsi gli procura un dolore che parte dallo stomaco e gli arriva fino in gola.
Leonardo ostenta un respiro profondo, appoggia le mani sulle ginocchia, piega il torso in avanti e si alza facendo forza sulle gambe. Inizia a camminare e supera Big Jim, che apre la bocca come per dire qualcosa e poi lo lascia passare. Leonardo vede con la coda dell’occhio il direttore dell’albergo e si muove per raggiungerlo. Ha voglia di tornare in camera e accendere il computer. Vuole verificare se anche nelle immagini che il sistema di bordo ha scattato le 2 stelle si vedono come sovrapposte. Ma tra lui e il direttore c’è un volto che gli sorride. E’ quello di un omino piccolo, che lui guarda dall’alto in basso. Prima il volto gli sorride, poi apre la bocca: “Salve, signor Zantei. Vedo che nessuno lo ha sottolineato. Ma lo sa che lei è il primo essere umano che ha visto 2 soli in cielo?”
Leonardo sorride a sua volte. “E dunque?”.
“Sarebbe interessante sapere cosa ha provato”.

Leonardo Zantei guarda il volto che sorride. Anche Leonardo sorride.
Erano una sopra l’altro e i raggi si tagliavano l’uno con l’altro. E io non riuscivo a guardarne solo uno alla volta. Ne volevo vedere bene almeno uno. Ma non volevo che l’altro sparisse. Sarebbe stato tutto più facile, ma l’idea mi dava dolore. Ero quasi convinto: di fronte al dolore, devo capire quanta sofferenza posso tollerare
Leonardo smette di sorridere e appoggia una mano sulla spalla dell’omino: “Avete poi capito perché ci sono così tante lucertole?”.

2 thoughts on “I 2 soli

  1. ….ah, un piccolo appunto ridancian- polemico…la domanda cretina fatta da …una donna of course…OK che fosse una donna nel racconto ci stava bene perché lo stereotipo era troppo irresistibile e la risposta “pensata” da Leonardo mi ha fatto molto ridere….ma Star Trek dovrebbe aver insegnato anche alla vostra generazione che qualche donna può anche non essere proprio cretina…non che serva, per carità, anzi, in genere è deleterio però Margherita Hack ti avrebbe guardato male !!
    Ma il personaggio che fa la domanda idiota è pensato per dare una frecciata a una certa donna in particolare, non al genere femminile. Margherita Hack (r.i.p.) era uno dei miei idoli 🙂

  2. Allora…(non si dovrebbe mai iniziare un frase così ma chiss..**)a mio miserevole avviso il finale è perfetto.
    Si dovrà ,temo, poi spiegare a Leonardo che non puoi capire quanta sofferenza tolleri finché non ci sei dentro fino al collo e anche così non sai se per il resto della tua vita sarai in grado di conviverci…ma non divaghiamo.
    Credo invece che la tua sensibilità ti “avverta” che c’è qualcosa che non è perfetto soprattutto nella prima parte del racconto..forse troppi argomenti “fan-service” tutti assieme per un pubblico che magari non è fan né di fantascienza né di baseball, forse qualcosa che ti turba senza volerlo nel soggetto..forse alcune belle idee andrebbero sviluppate in un racconto più lungo..questo è quello che credo senta tu stesso lavorando sul racconto,per quanto mi riguarda io me lo sono goduto !

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