“Due viaggiatori dai vestiti sporchi per il lungo cammino e dai volti segnati dalla fatica percorrevano, di sera, gli stretti sentieri della foresta di Sherwood, nella Contea di Nottingham.
L’aria era fredda. Gli alberi, sui quali cominciavano a spuntare le prime foglie verdi, fremevano sferzati da un vento ancora invernale; una fitta nebbia calava sulla contrada, mentre gli ultimi raggi del sole si spegnevano in un orizzonte rosso di nubi. Presto il cielo si fece nero e raffiche sempre più impetuose minacciavano una notte di tempesta”.
Lo ha scritto Alexandre Dumas (il padre, quello de I Tre Moschettieri e Il Conte di Montecristo, non il figlio intellettuale de La signora delle Camelie) un po’ prima del 1870, anno in cui è morto, ma in verità la scena descriverebbe perfettamente il mio approccio con il Centro Visitatori della Foresta di Sherwood il 16 di ottobre.
Lasciata la Peugeot 308 a noleggio tra le pochissime auto ferme nel parcheggio, con il mio amico Enrico C facciamo un rapido passaggio dal negozio di souvenir, dove non ci lasciamo sfuggire un magnete da frigorifero ciascuno. Poi ci incamminiamo verso il Major Oak, il simbolo di Sherwood. Sono veramente 4 passi (la piantina dice un miglio, ma direi di no, a meno che non sia diventato velocissimo), per raggiungere la grande quercia, che è così antica (dicono oltre 1000 anni) che è necessario aiutarla sorreggendone i rami, che nel corso del tempo sono cresciuti troppo. O almeno, oltre la capacità del fusto di sorreggerli.
Con il classico snobismo di noi parmigiani, io ed Enrico concludiamo che “E’ come essere ai Boschi di Carrega” (amena località poco sopra Sala Baganza, nel parmense) e rientriamo verso il parcheggio.
Il Major Oak è dove Robin Hood si nascondeva per sfuggire allo Sceriffo di Nottingham assieme all’amata Marian e alla sua banda. Robin Hood lo vediamo davanti al Centro Visitatori. riprodotto in una statua mentre lotta per divertimento con Little John.
“La sua fine bellezza non aveva niente di effemminato e il suo sorriso era quello di un uomo padrone di sè. Aveva le labbra rosse, il naso dritto e fino, i denti bianchissimi. Portava un berretto verde con una penna di airone, una giubba attillata di panno verde,
calzoni di pelle di daino, alti calzari all’uso sassone, legati sopra le caviglie con fibbie di cuoio, una tracolla con borchie di acciaio lucido, che sosteneva una faretra piena di frecce; alla cintura il corno e il coltello da caccia, in mano l’arco. L’insieme era piuttosto originale”.
E’ Robin descritto da Dumas. Stando al libro, Robin Hood a quel punto ha 15 anni, ma Dumas ci dice che è “un uomo” e la stessa Marian, che lo ha appena conosciuto, esclama: “Non è un ragazzo”, arrossendo, quando le chiedono di Robin.
Devo ammettere che mi riesce difficile credere che Robin e Marian e Little John si nascondessero così bene nel Major Oak da far sì che lo Sceriffo non li potesse vedere. Ma presumo che Sherwood nel secolo dodicesimo (la vicenda del libro prende le mosse nel 1162 con Robin neonato e, considerato che al momento dell’incontro con Marian ha 15 anni, si presume che siamo nel 1177…) fosse piuttosto diversa e che nessuno avesse ancora pensato a fare spazio attorno al Major Oak per conservarlo. Quindi, dobbiamo pensare a una foresta molto più intricata di quella che vediamo oggi.
Tornando alla descrizione di Dumas, l’abbigliamento di Robin è stato preso molto sul serio per vestire Kevin Costner nel film del 1991 di Kevin Reynolds.
Su Robin Hood sono state fatte decine di film, a partire dal 1912. In tutti i paesi e in tutte le lingue. Esistono diversi Robin Hood a cartoni animati (memorabile quello della Walt Dysney del 1973, con Robin riprodotto come una volpe, ma ne esiste anche uno giapponese del 1990 e perfino il maestro italiano Bruno Bozzeto si è cimentato in un cartoon su Robin), ci sono diversi Robin Hood porno, ci sono gli spaghetti-Robin Hood degli anni ’70, la parodia di Mel Brooks. Ci sono Robin Hood turchi, portoghesi e finlandesi…Ma il Robin Hood con meno senso è il più recente, interpretato sullo schermo da Russel Crowe per la regia di Ridley Scott. L’autore di Alien, Blade Runner e Thelma e Louise riaggiorna la storia d’Inghilterra (in particolare, la morte di Riccardo Cuor di Leone), tiene solo in parte conto del romanzo di Dumas e si inventa un Robert Longstride, che ha combattuto alle Crociate con Riccardo e diventa poi Robin.
Secondo lo storico Robert Graves, Robin non è il diminutivo di Robert, bensì un nome che deriva dal germanico Robinet (ariete; ho scoperto che il termine rubinetto deriva dal fatto che le teste di ariete adornassero le fontane…) .
Robin Hood (ma secondo alcuni l’originale sarebbe Robyn Hode) è in effetti un personaggio realmente esistito. Tanto che la città di Sheffield gli ha intitolato l’aeroporto internazionale.
C’è chi pensa che sia ispirato a Robin Goodfellow, il folletto che poi Shakespeare fece diventare Puck nel Sogno di una notte di mezza estate. Ma c’è di certo che la prima menzione in un manoscritto di questo personaggio la si trova nel Piers Plowman, poema allegorico di William Langland (1377). Sloth, il prete, dice I ken ovvero know rimes of Robin Hood: conosco versi su Robin Hood.
Ci sono anche menzioni storiche. La prima si deve allo Scottish Cronicon, scritto parzialmente da John Fordun tra il 1377 e il 1384 e parzialmente dal suo allievo Walter Bower, più o meno nel 1450, che integrò e modificò il lavoro del suo maestro. Questo è il passaggio: “In quel periodo, tra coloro che erano stati privati dei loro possedimenti si sollevò il celebre fuorilegge Robin Hood, (con Little John e i loro compagni) le cui gesta il volgo si delizia di celebrare in commedie e tragedie, mentre le ballate sulle sue avventure cantate da giullari e menestrelli sono preferite a tutte le altre”.
Va notato che il termine fuorilegge (lo spiegano bene al Centro Visitatori di Sherwood) non va inteso letteralmente. Il termine Inglese outlaw di oggi deriva infatti dal fatto che una persona fosse messa out of the law, fuori dalla legge. Come fece lo Sceriffo di Nottingham con il nostro Robin, senza che Robin avesse commesso veri e propri reati.
Fu in effetti nel sedicesimo secolo che si ritenne assodato che Robin Hood fosse vissuto ai tempi di Riccardo Primo. Il nostro Cuor di Leone era nato nel 1157. Più Francese che Inglese come cultura, venne incoronato nel 1189 dopo un periodo quanto meno turbolento e partì per la terza Crociata nel 1190. Divenne famoso per aver raggiunto la pace con Saladino, ma durante il lunghissimo viaggio di ritorno verso l’Inghilterra fu imprigionato. Quando tornò, trovò il trono usurpato dal fratello Giovanni. Ed è qui che si interseca la vicenda di Robin Hood.
Da quei racconti, e dal misto di storia, leggenda e folklore, Dumas inizia a costruire il suo romanzo Robin Hood, il Principe dei Ladri.
Lascio a voi decidere, alla luce di tutto quanto è derivato da quello scritto, pubblicato dopo la morte del suo autore, se si tratti veramente e solo di un romanzo per bambini.
Riccardo morì nel 1199. Il suo cuore, il suo cervello e il resto del corpo vennero sepolti in luoghi diversi.
Del castello dello Sceriffo di Nottingham è rimasto oggi abbastanza poco. Di fatto, sul castello è stata costruito un palazzo ottocentesco e ci vuole un bello sforzo di fantasia (e molta concentrazione sull’ingresso del ponte levatoio), per pensare a com’era nel dodicesimo secolo.
In compenso, lo spirito dello Sceriffo di Nottingham aleggia imperioso. La nostra Peugeot a noleggio è stata multata per divieto di sosta nonostante il biglietto che dimostrava il pagamento al parchimetro fosse esposto regolarmente. Per non essere messi fuori dalla legge, siamo andati alla sede centrale della polizia. Oggi ci si può opporre alle angherie dello Sceriffo con una semplice e mail.
A Nottingham aleggia anche il mito di Brian Clough, l’allenatore che vinse 2 Coppe Campioni di calcio alla guida di una squadra (il Forest) che non avrebbe mai più vinto.
Ma a Nottingham piove. Quindi dopo un po’, siamo stati costretti a rifugiarci presso Las Iguanas, in pieno centro. Un buon chili con carne, qualche birra e il mito di Robin Hood è stato presto metabolizzato e rinnovato.