Del Pelourinho e altre storie

Brasile 2014-2015, LETTERATURA, MUSICA, VIAGGI

Nel primo capitolo di questo racconto del mio viaggio in Brasile vi dicevo che il 20 di novembre il Paese celebra il giorno della coscienza nera. A Salvador de Bahia ho approfondito il perchè.

La statua di Zumbi dos Palmares al Pelourinho
La statua di Zumbi dos Palmares al Pelourinho

Francisco ha 23 anni quando dice no. Dice no al Governatore della Capitaneria di Pernambuco e dice no al leader del Quilombo di Palmares dove vive. Se gli altri neri non possono essere uomini liberi, non ha senso che la popolazione di Palmares accetti la pace. Francisco era nato libero a Palmares, ma era stato ridotto in schiavitù e affidato a un missionario. Aveva imparato il Portoghese e il Latino, ma era fuggito ad appena 15 anni. Per lui, sottomettersi all’autorità della corona del Portogallo equivaleva a tornare schiavo.
Siamo nel 1678 e nasce la leggenda di Zumbi dos Palmares, che passerà alla storia del Brasile come O lider negro de todas a raças.
Il Quilombo (comunità di ex schiavi fuggiti dalle fazendas) era nato come Mocambo (piccola comunità che vive in capanne) da quasi un secolo. Il predecessore di Zumbi (Ganga Zumba) lo aveva fatto diventare talmente grande e importante da ospitare 30.000 persone. Nei documenti ufficiali viene spesso nominato come Regno o anche Repubblica. Dopo che Zumbi avrà rifiutato la pace, non durerà altri 20 anni.
Nel frattempo nella zona delle piantagioni (tra gli Stati odierni di Alagoas, Bahia e Pernambuco) era nata la figura del Bandeirante, l’avventuriero e cercatore d’oro che si occupava di eliminare i ribelli. Nel 1694 Domingos Jorge Velho arrivò da San Paolo per organizzare l’invasione di Palmares. La comunità venne devastata e Zumbi, ferito, fu costretto alla fuga. Si rifugio nella cosiddetta Foresta dei Fratelli, dove il Capitano Furtado da Mendonça lo catturò, assieme ad altri guerrieri. Venne messo a morte il 20 novembre 1965. I portoghesi si accanirono sul suo cadavere: il Governatore del Pernambuco Caetano de Melo ordinò che venissero tagliati la testa e il pene. Inserito il pene nella bocca, la testa di Zumbi venne esposta nella Praça do Carmo di Recife.
Il Governatore scrisse al Re del Portogallo: “Ho chiesto che fosse esposta la sua testa nel posto più in vista per impaurire i neri, che per superstizione ritengono Zumbi immortale“.
Il Governatore non se ne rendeva conto, ma stava davvero rendendo Zumbi immortale.

SEMPRE SULLO SCHIAVISMO da questo sito

La casa di Jorge Amado al Pelourinho
La casa di Jorge Amado al Pelourinho

La statua di un fiero Zumbi si staglia in mezzo alla zona più frequentata del Pelourinho (letteralmente è la colonna di legno o pietra a cui erano legati gli schiavi per essere fustigati), il centro storico di Salvador de Bahia e unica attrattiva turistica (assieme alle spiagge) di questa grande città. Per arrivarci è necessario raggiungere il cosiddetto Mercado Modelo (una sorta di centro commerciale ricavato dai locali della ex dogana) e salire con l’Elevador Lacerda, un ascensore nato addirittura nel 1800, quando era azionato da un sistema idraulico. Dal 1928 funziona a elettricità ed è un monumento già di suo, presentandosi ancora nello stile Rococo che le varie opere di ammodernamento non hanno modificato.
Poco lontano si trova la casa nella quale visse a partire dal 1927 Jorge Amado, senza ombra di dubbio il più celebre scrittore brasiliano. La casa è oggi sede della fondazione intitolata al letterato, scomparso nel 2001 a quasi 90 anni di età.
Amado diceva: “Nei miei libri il Brasile rivive. Sono libri fondamentalmente brasiliani e per questo piacciono a tutti”.
Nel 1958 Amado pubblicò Gabriella garofano e cannella (in Italia tradotto solo nel 2005; divenne anche film, diretto da Bruno Barreto, nel 1983) con Marcello Mastroianni e Sonia Braga) e la protagonista arriva a Ilheus, città costiera dello Stato di Bahia a sud di Salvador, assieme a un gruppo di disperati fuggiti dal Sertao, l’arido altopiano che si trova proprio in quello che oggi è lo Stato di Alagoas. Gabriella è mulatta. E’ anche una donna bellissima e sensuale, ma molto semplice. I suoi unici talenti sono fare l’amore (“Era dolce fare l’amore con un uomo, ma non con un vecchio per avere una casa, abiti e scarpe”) e cucinare. Il garofano rappresenta “il suo profumo”, la cannella “il colore della sua pelle”.
Amado descrive il Brasile del 1925, quello che strizzava l’occhio al benessere e alla modernità, ma fa i conti anche con i Colonnelli che avevano vinto la Guerra del Cacao e non si rassegnano a mollare il potere. Il Brasile che pensa alla modernità è interpretato dal giovane Mondinho Falcao, il Brasile che non vuole cambiare è raffigurato da Ramiro Bastos.
Amado ci inquadra la situazione così: “Il dottore non era dottore, il capitano non era capitano. Come la maggior parte dei colonnelli non erano colonnelli”.
Le donne invece si dividono in mogli (non necessariamente sensuali) e concubine (tollerate dalle mogli, quasi sempre nere o mulatte). Poi ci sono le sorelle Dos Re che: “Sommavano 128 anni di solida e indiscussa verginità“.
Poi naturalmente c’è Gabriella, che il protagonista Nacib (Gabriella lo chiama bello e nel dialogo interiore Amado gli fa dire: “L’ultima era stata sua mamma”) assume come cuoca per poi cedere al suo fascino (“pensava che gli sarebbe piaciuto morderle la nuca (…) possedeva un calore che attaccava la pelle, bruciava e penetrava dentro come un incendio”) e poi arrivare a sposarla per cercare di trasformarla in Signora (“Era brutto essere sposata”, è il laconico dialogo interiore di Gabriella).
Amado quando pubblica questo romanzo è già famoso come scrittore politico (diciamo pure marxista) ed è già stato messo al bando da Getulio Vargas. Con Gabriella garofano e cannella diventa però uno scrittore a tutto tondo e ci dice chiaro che lui non vuole essere un vate, e nemmeno un virtuoso della tecnica. Vuole solo raccontare la vita vera. O meglio: la vita del Brasile.
Non a caso, la vicenda di Gabriella e Nacib si intreccia con quella della virginale Ofenisia, ingravidata dall’Imperatore Pedro II un secolo prima e i 2 sposi rappresentano l’incontro tra la cultura europea (timorata di Dio) e quella africana (basata sui sensi, sul contatto con la natura).

Foto ricordo, con noce di cocco, con la mitica Telma
Foto ricordo, con noce di cocco, con la mitica Telma

Il Pelourinho è il cuore della cultura afro brasiliana e forse l’unico posto dove ancora è praticato in maniera diffusa il Candomblè. Si tratta di un rito di origine africana officiato in lingua Yoruba (si parla questo dialetto in Nigeria, Togo, Benin e anche in Repubblica Dominicana e a Cuba; forse dialetto non è il termine giusto: si calcola che sia lingua comune a 30 milioni di persone) e in una casa di culto detta Terreiro (a Salvador ce ne sono 1.155, secondo l’ultimo censimento). Secondo i seguaci del Candomblé, sulla vita delle persone vegliano le divinità detta Orixas. Possono essere maschili o femminili, ma anche passare da un sesso all’altro. Per mantenersi forti e in buona salute, si fanno offerte alle Orixas. Ad esempio, al Dio delle Acque Dolci Oxum si offrono orecchini e collane, a volte anche champagne. Alla Dea del Mare Lemanja si offrono fiori, ma anche pettini e specchi.
Le Orixas per la verità sono a loro volta emanazione di un essere supremo (Olodumarè o Olorum) e si comportano da intermediari tra questo principio primo e l’umanità.
Le autorità spirituali del Candomblè sono il Padre e la Madre di Santo. In linea di massima, officiano il rito del Candomblè con una danza con i Figli di Santo (che simboleggiano le Orixas) e poi lanciando in aria conchiglie (brizios). La posizione in cui le conchiglie cadono indica la fortuna che una persona ha nel rapporto con le Orixas.
Ai tempi di Getulio Vargas il Condomblè era vietato, ma è evidente che si tratta del frutto di una commistione tra le credenze dei popoli africani e il Cristianesimo. La differenza, che non è da poco, ce la illustra proprio Amado. Nel Candomblè: “Dei e uomini sono uguali, cantano e danzano assieme”.
Io non ho avuto occasione di andare in un Terreiro, quindi mi affido alla descrizione fatta dal Professor Giovanni Ricciardi (Istituto Universitario Orientale) in questa intervista.
In Italia esiste per altro una Associazione per la Diffusione del Candomblè (ADICA). Vicino a Vercelli (la località si chiama Arborio) si trova anche l’unico Terreiro ufficialmente riconosciuto d’Italia. Lo ha fondato Padre Mauro, che ha pubblicamente messo a disposizione i suoi contatti: adicamauro@libero.it; 360-460420.

I percussionisti di Olodum
I percussionisti di Olodum

Il rito del Candomblè inizia con un rullo di tamburi. E sentir suonare percussioni è assolutamente normale al Pelourinho, la città in cui è stato fondato (25 aprile 1979) Olodum, organizzazione non governativa del movimento negro brasiliano che esprime un gruppo che ha ottenuto fama mondiale, collaborando con artisti del calibro di Paul Simon e Michael Jackson (appaiono nel video di They don’t Care about us).
Dopo aver rappresentato il simbolo della nazionale di calcio al Mondiale 2002, Olodum ha aperto l’edizione 2014 eseguendo con Pitbull (al secolo Armando Christian Perez, artista statunitense di origine cubana), Jennifer Lopez (celeberrima cantante e attrice statunitense ma di Portorico) e Claudia Leitte (stella della musica brasiliana) l’inno ufficiale We are one.

Le inquietanti decorazioni della Chiesa di San Francesco
Le inquietanti decorazioni della Chiesa di San Francesco

Da quando è Patrimonio dell’Umanità per l’UNESCO (1985) il Pelourinho è stato profondamente riqualificato. Non dubito che con le tenebre sia un luogo ancora abbastanza pericoloso, ma mi sono un po’ pentito di non aver passato lì la serata.
Non andarci penso comunque equivalga a non aver conosciuto in pieno il Brasile.
Sia chiaro, le maman che cercano di vendervi di tutto (da spuntini che friggono non si sa bene come a oggetti di artigianato) sono lì per compiacere il turista medio. Io ad esempio ho conosciuto Telma, che prima mi ha scroccato una noce di cocco e poi mi ha “concesso” di fare una foto assieme.
Non a tutti gli italiani piace. Ma merita veramente una visita. E se devo indicare solo un’altra cosa da vedere assolutamente, indico la Chiesa di San Francesco. Che è un capolavoro del barocco coloniale (primo 1700), ma ha una particolarità che la rende veramente unica. Quando appresero che non avrebbero potuto usare la Chiesa per il culto, gli schiavi di origine africana impiegati per la costruzione e che erano incaricati delle decorazioni, storpiarono tutte le statue di angeli e altre divinità come segno di vero e proprio dispetto. Diciamolo: degli idoli!

Il mio Brasile 10-continua

1-La Storia      2-Leggendo i ‘Versi Satanici’ di Rushdie
3-Ipanema e Copacabana 4-Ultimo ricordo di Rio
5-Il Pantanal  6-I Piranha fanno veramente paura?
7-Manaus 8-Indimenticabile Amazzonia
9-L’ultimo dell’anno a Salvador de Bahia