Il primo di 2 articoli dedicati a chi parla della necessità di rilancio del movimento. Qui mi occupo di comunicazione
“Siamo sempre lì per esplodere, ma non succede mai”.
Lo disse Bruno Beneck nei primi anni ’80. Penso precisamente nel 1983.
Era un anno di grandi aspettative, il 1983. Eravamo Campioni del Mondo di calcio, Bettino Craxi dava il via al primo dei Governi de La nave va, si era ormai certi che il baseball sarebbe stato sport dimostrativo alle Olimpiadi di Los Angeles.
La nazionale Campione del Mondo di calcio, oltre ad avermi regalato ricordi memorabili, mi ha insegnato una grande lezione: nello sport il passato, anche quello prossimo, conta poco. Cioè: a luglio con 40 gradi all’ombra puoi battere il Brasile e la Germania e avere Paolo Rossi che fa 4 gol in 2 partite e a ottobre puoi fare 2-2 con la Cecoslovacchia, a Milano sotto l’acqua (io c’ero…), con Rossi che non tocca una palla.
Ancora una citazione di Beneck datata 1983: “In televisione la parola baseball non si sente neanche pronunciare”.
Questa è bella, detta da Beneck. La mitologia corrente infatti dipinge l’era Beneck (1969-1984) come il momento di maggior visibilità del baseball italiano. Parlando di televisione, è ovvio che non sia così. Parliamo di un’altra epoca, nella quale non c’era nemmeno la tecnologia per riprendere il baseball nel modo più corretto e nella quale non c’erano canali con sede in Italia (a parte quelli RAI) autorizzati a trasmettere sul territorio nazionale (la legge Mammì è del 1990…). Comunque, lo mettiamo nero su bianco, specie alla luce del fatto che la memoria nel mondo del baseball fa spesso difetto.
Beneck comunque investiva per apparire in TV. Esattamente pagando 30 milioni a Telemontecarlo (che allora aveva sede nel Principato) per uno spazio da 5 minuti il lunedì e 15 il mercoledì.
Ma al Presidente non bastava: “Il nostro obiettivo non deve lasciar perdere la possibilità di comparire in RAI nelle grandi rubriche sportive”.
Per la verità, Beneck si era anche convinto che la FIBS potesse farsi le sue produzioni televisive e aveva iniziato a distribuire le partite (riprese da Global TV e commentate da Giancarlo Mangini: per me ventenne, veri e propri libri di testo). A quel progetto mi sono ispirato quando ho proposto alla FIBS di creare un circuito delle emittenti locali, che ancora opera.
Nel 2002 non sapevo che un giorno ci sarebbe stato YouTube a creare opportunità inimmaginabili e ovviamente Beneck non poteva a sua volta sapere che un giorno ci sarebbe stato internet. Per inciso, sono convinto che il web gli sarebbe piaciuto moltissimo.
Ma torniamo a noi. Beneck spese inoltre 32.000 dollari (al cambio di allora, poco meno di 49 milioni di lire) per produrre un documentario sull’Europeo 1983, che di suo aveva avuto un budget di oltre mezzo miliardo, coperto per soli 96 milioni dagli incassi e con oltre 300 milioni da contributi federali.
E’ invece un ricordo corretto quello che riguarda la presenza massiccia del baseball sui giornali. E ci mancherebbe altro, visto che la FIBS aveva allora a budget qualcosa come 327.817.000 lire che servivano ad acquistare spazi sui giornali. In soldi di oggi, saremmo sui 400.000 euro, ma anche avere il valore nominale da spendere (ovvero 169.303 euro) non mi lascerebbe indifferente. La FIBS pagava il Corriere della Sera, La Gazzetta dello Sport. Indirettamente, pagava anche il Corriere dello Sport (spazi pubblicitari di Scavolini, sponsor del Pesaro).
Nonostante questo, Beneck (che era oggettivamente molto avanti rispetto agli anni in cui operava) creò l’Agenzia di Stampa Baseball Softball. Risulta da un verbale del Consiglio Federale: “Sarebbe quindi auspicabile una professionalizzazione di tutto l’ambiente, soprattutto ad alto livello. Le società, insomma, si devono convincere dell’importanza dei rapporti con la stampa e curare il settore non con dei ragazzini inesperti, ma gente che sappia quello che fa”.
Per la cronaca, lo stesso Consiglio Federale fa un plauso al quotidiano Il Giornale per aver affidato gli articoli di baseball a “uno dei nostri ragazzi”, ovvero Elia Pagnoni.
Così andavano le cose nell’era Beneck. Come tutti sostengono, quella di massima visibilità.
L’avvento al potere di Aldo Notari sta alla storia della comunicazione nel baseball italiano un po’ come il Congresso di Vienna sta alla diffusione degli ideali della Rivoluzione Francese nell’Europa del secolo diciannovesimo. Se Beneck aveva un che di napoleonico, Notari era molto di più Ottone Von Bismarck. La sua fu una vera e propria restaurazione: tagliò di tutto (incluso il progetto televisioni locali…mossa stolta, visto che comunque le partite venivano riprese e la RAI trasmetteva solo una minima parte di quel che veniva prodotto), ma non lo stipendiuccio di Everardo Dalla Noce (33 milioni, ovvero 2.750.000 al mese; nel 1985 un operario guadagnava circa 600.000 lire al mese) e quello di un suo non meglio identificato collaboratore (17 milioni), che si dovevano occupare dei rapporti con la stampa.
Lasciando perdere l’indecenza di pagare una cifra del genere a un giornalista che riceveva un regolare stipendio RAI, preme considerare come Notari avesse in effetti una visione ottocentesca dei rapporti con la stampa: metto qualcuno che conosce tutti, così non mi possono dire di no. I risultati ottenuti da Aldo Notari nel campo della comunicazione, cioè la sparizione del baseball dai media, li conosciamo tutti.
Everardo Dalla Noce, che gli succedette, da uomo di comunicazione fece anche di meglio. Ricevuto in RAI, se ne andò sbattendo la porta perchè riteneva la proposta inqualificabile. Con il risultato che il baseball venne relegato a sintesi di 25 minuti di una partita a settimana del girone di ritorno. L’Addetta Stampa di Dalla Noce, la signorina Marina Parola, viveva a Napoli e rimaneva in Federazione a Roma dal lunedì al venerdì, con totale scopertura dei week end dei massimi campionati di baseball e softball.
Ricapitolando, dunque: Beneck sulla televisione nazionale, per sua stessa ammissione, non c’era. E, per quel poco che c’era (su Telemontecarlo) pagava a caro prezzo. Notari di televisione manco si occupava perchè aveva delegato tutto a Dalla Noce. Quando è stato Presidente lui, Dalla Noce dalla RAI se ne è andato sbattendo la porta e in televisione c’è andato poco, se non niente.
Se pensiamo che prima di Beneck la televisione era a tutti gli effetti nel periodo pionieristico, che prima della nomina di Beneck alla Comunicazione (1967) da parte dell’allora Presidente Ghillini, nulla o quasi si faceva per comunicare (la FIBS aveva i suoi organi federali, ma spendeva nel 1963 appena 200.000 lire, tipo 3 mesi di stipendio di un operaio di allora) e che oggi abbiamo internet (un medium che sembra nato per le esigenze del baseball), mi può spiegare cosa intende dire chi parla della necessità di tornare “alla visibilità che una volta avevamo”?
Un post scriptum: prima delle Italian Baseball Series 2004 (che fecero da preludio alla nascita dell’appuntamento con la gara della settimana) io conto forse (sto andando a memoria, se sbaglio mi corriggerete) 2 dirette integrali di baseball (1975 Nettuno-Parma, 1978 Italia-Australia che apriva il Mondiale). Oltre a qualche spezzone dei Mondiali 1978 (Italia-Olanda, che lo chiudeva, doveva essere diretta integrale, ma l’elezione di Papa Giovanni Paolo II troncò la parte finale, incluso il decisivo fuoricampo di Castelli, che venne riproposto a Sport Sera), 1988 e 1998. Siamo arrivati ad averne una ventina più le finali a stagione, abbiamo avuto in diretta le finali degli ultimi 3 Europei. Quest’anno, che non è un anno di particolare disponibilità RAI, avremo comunque 6 dirette, oltre a quelle delle finali.
1-CONTINUA
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