Dedicato a chi non è stato fortunato come me il 2 agosto del 1980

SCHIROPENSIERO

Sabato 2 agosto 1980 ho convinto i miei genitori a non prendere il primo treno da Pesaro verso Bologna.
Il treno si sarebbe fermato lì, con conseguente necessità di aspettare a Bologna una coincidenza per Parma. Con il caldo e le valigie al seguito, non c’era motivo per rinunciare ad un’ora di sonno e, contemporaneamente, provare il disagio di trasferirsi da un treno all’altro. Il treno successivo, oltretutto, non prevedeva soste fino a Parma.

Poco dopo le 10.30, il convoglio si è fermato a Imola. Dopo una sosta insolitamente lunga, il personale delle Ferrovie dello Stato ci ha detto che il treno non poteva proseguire per un problema alla stazione di Bologna e che all’esterno della stazione un servizio di autobus ci avrebbe portati alla stazione di Modena, da dove avremmo potuto proseguire il viaggio.
Ricordo di aver apostrofato ad alta voce una signora anziana, che lamentava l’assenza di facchini, per ben 2 volte. La prima, mio padre sorrise. La seconda si fece serio e mi disse: “Lo hai detto una volta e va bene, adesso basta”. Mi è sempre rimasto in mente che forse, anzichè urlare, avrei dovuto aiutare la signora a trasportare la valigia.

Di lì a nemmeno 10 giorni avrei compiuto 17 anni. Ero reduce da un mese di permanenza a Wuerzburg, in Germania, dove mi ero innamorato 3 o 4 volte, avevo rischiato una coltellata da alcuni neo nazisti per il fatto di essere italiano e avevo meritato un 78/100 nei test di lingua tedesca che mi faceva il secondo studente della scuola, dopo quello che sarebbe diventato quasi un fratello per gli anni a seguire: Gregory Fattorini, Inglese di Manchester di origine svizzero tedesca (infatti, ecco perchè mi aveva battuto!). Ero a Pesaro perchè i miei tempi e quelli di genitori e sorella non avevano collimato perfettamente e comunque “qualche bagno di mare ti fa bene”. Mi sentivo troppo “grande” per la vacanza con i miei genitori ed ero decisamente troppo snob per frequentare gli amici che mia sorella si era fatta in quei giorni. Avrei voluto rivolgere la parola alla cameriera che mi serviva a colazione e passava un sacco di tempo a fissarmi, ma non ne avevo avuto il coraggio.
Insomma, ero contento di ripartire da Pesaro.

2 agosto 1980A Bologna, alle 10.25 di sabato 2 agosto 1980, è esploso un ordigno che ha fatto più di 80 morti e più di 200 feriti.
Io non ho nelle narici l’odore dell’esplosivo, non ho negli occhi la polvere. A Bologna, il 2 agosto del 1980, semplicemente (e per fortuna) non ci sono mai arrivato.
Da quel giorno, però, so esattamente dov’ero il giorno del mio compleanno. Mentre dei precedenti 16, ne ricordo solo uno: quello dei 10 anni (11 agosto 1973). Quando un certo Maiorano (un rappresentante di qualche prodotto che il ristorante di mio padre acquistava) brindò alla mia salute dicendo: “Questo è il primo deca della tua vita, sarà anche l’ultimo senza preoccupazioni”.

Ho appena scoperto su Wikipedia che il 2 agosto è anche il giorno in cui Adolf Hitler ha dichiarato la dittatura in Germania. Che è naturalmente un caso e non è che significa che questa data è destinata ad essere maledetta. Lo stesso giorno di qualche secolo prima, d’altra parte, San Francesco ottenne il perdono dei peccati.
E’ un caso. Come, tutto sommato, fu un caso non prendere quel treno. Sarebbe bastato un impegno di mio padre e probabilmente non sarei qui a scrivere.

Ogni anno, il 2 agosto, penso a quanto avrei perso. Non sarei andato a Cavi di Lavagna a Ferragosto con i miei amici, non avrei fatto i 2 Tour Europei di cui parlo ancora oggi, non avrei ascoltato le canzoni di Paul Weller, non avrei conosciuto tutte le donne che mi hanno fatto star male. Avrei perso 7 scudetti e 5 Coppe Campioni del Milan e non avrei nemmeno fatto una radiocronaca di baseball (almeno, non trasmessa da una radio, perchè di simulate ne avevo già fatte centinaia). Non avrei mai conosciuto mia moglie. Chissà lei dove sarebbe adesso e con chi.
Il mondo, comunque, sarebbe andato avanti lo stesso.

Dedicato a chi, quel 2 agosto 1980, non ha avuto la mia stessa fortuna.