Da Hans Moravec ai viaggi nel tempo

LETTERATURA, Malesia, Indonesia, Filippine e Micronesia 2015-2016, VIAGGI , , , ,

Con questo articolo si conclude il ciclo di 15 pezzi sul viaggio che mi ha portato, dal 15 dicembre al 12 gennaio, tra Malesia, Indonesia, Filippine e Micronesia

La Carnegie Mellon University (o CMU) è un’Università privata di ricerca di Pittsburgh, Pennsylvania (USA), frutto della fusione (1967) tra l’Università creata nel 1900 dall’Industriale dell’acciaio Andrew Carnegie e il Mellon Institute of Industrial Research, fondato nel 1913 dai banchieri Andrew e Richard Beatty Mellon.
Hans Moravec, nato in Austria nel 1948, è un adjunt faculty member all’Istituto di Robotica (un associato, nella sostanza). E’ anche colui che ha ispirato a Dan Simmons il nome delle intelligenze artificiali che si sono evolute dalle sonde inviate dall’uomo oltre la fascia degli asteroidi e che sono tra i protagonisti di Ilium e Olympos.

Hans Moravec
Hans Moravec

Hans Moravec  ha studiato in Canada e si è laureato in Matematica alla Acadia University (Nova Scotia) nel 1969, per poi ottenere un Master alla Università Western Ontario nel 1971. Ha proseguito gli studi negli Stati Uniti e ottenuto un PhD dalla prestigiosa Università di Stanford (California) nel 1980, progettando un robot controllato in remoto da un computer e che si è rivelato capace di superare percorsi a ostacoli. Moravec ha fatto passi da gigante negli studi che aiutano i robot a percepire lo spazio e quindi rendono più agevole il movimento. Il concetto di occupancy grid non è tanto facile da spiegare per me, visto che fa riferimento al calcolo probabilistico e a un livello di Matematica che eccede quello che ho studiato.  La definizione che ho trovato è rappresentazione probabilistica delle informazioni spaziali. Insomma: simula l’occupazione dello spazio attraverso la percezione di sensori multipli, secondo il metodo di apprendimento detto bayesiano, dal Teorema di Bayes. Secondo i matematici, questo Teorema sta al calcolo delle probabilità come il Teorema di Pitagora sta alla Geometria. Thomas Bayes lo teorizzò nel 1700 secondo la logica conclusione (da cui trasse un’equazione che secondo gli esperti è semplice, secondo me meno) che nuove prove aumentano la conoscenza e cambiano il risultato.  Il francese Pierre Laplace sviluppò il concetto nel 1812 e il Matematico inglese Harold Jeffreys  lo mise nero su bianco nel 1900, rendendolo indiscutibile dal punto di vista della logica matematica.
Un esempio classico dell’applicazione del Teorema di Bayes è questo: se posseggo un metodo di test che mi permette di scoprire con una probabilità del  99%  se chi è sottoposto a test fa uso di droghe, che probabilità ho di sapere se un soggetto scelto a caso fa  uso di droghe?  Anche se il test è molto accurato, la probabilità non sarà altissima, perché i soggetti che fanno uso di droghe sono molti meno di quelli che non ne fanno uso. Quindi, senza questa informazione potrei essere tentato di  dire che ho una probabilità molto alta, con un test così preciso, di riscontrare che un soggetto è consumatore di droga. Ma non è così.
Il metodo di apprendimento bayesiano è, per fare un esempio molto intuitivo, quello che usano i Client di posta elettronica per individuare i messaggi da collocare nella posta indesiderata. Non a caso, se non aprite mai i messaggi provenienti da un indirizzo, inizieranno a finire tra le spam.

Hans Moravec nel 1988 ha scritto il libro Mind Children, che partendo dalla Legge di Moore (Gordon Moore è il co fondatore di Intel) sulla velocità e la costanza del progresso, prevede che i robot si evolveranno in intelligenze artificiali entro il 2040. Nel  1998 ha approfondito il concetto in Robot: mere machine to trascendent mind, un libro visionario che ha fatto dire ad Arthur C. Clarke (autore del racconto da cui Stanley Kunrick ha tratto 2001 Odissea nello Spazio): “Il miglior lavoro di immaginazione controllata che io abbia mai trovato”. Non è che siano tutti d’accordo sul valore di questo libro. Anzi, riporta Wikipedia che il New York Times a suo tempo scrisse che Moravec : “Perde di vista la differenza tra il mondo virtuale e la realtà”.
E’ un libro che ha comunque esaltato molti scrittori di Fantascienza, compreso ovviamente Dan Simmons. Che del lavoro dello scienziato austriaco  però trova soprattutto interessante il cosiddetto Paradosso di Moravec. Si tratta del problema (a oggi irrisolto) di portare un robot a svolgere le funzioni umane di base. E’ insomma relativamente semplice costruire una macchina in grado di giocare benissimo a scacchi, ma è a oggi impossibile crearne una che sappia replicare le abilità motorie di un bambino di 2 anni.
Se intendete leggere Ilium e Olympos di Dan Simmons, quello che ho scritto vi sarà utile per apprezzare ancora di più il tentativo che i moravec Orphu e Mahnmut fanno per umanizzarsi e per capire come mai siano tanto attirati dalla creatività. Per quel che ne sappiamo oggi, un cervello artificiale non sarà mai creativo. Scrive lo stesso Hans Moravec: “Quello che chiamiamo ragionare, è efficace solo perché ha alla base un miliardo di anni di evoluzione e di sopravvivenza nella natura. Siamo così bravi nelle capacità motorie di base, che facciamo sembrare facile il difficile, come i grandi atleti olimpionici. Pensiamo in astratto solo da 100.000 anni. Non è così difficile, è che non siamo ancora così bravi”.
Dal Paradosso di Moravec si può dunque provare ad azzardare che, per riprodurre le capacità motorie di base artificialmente, avremo bisogno di molto altro tempo. Sta di fatto, che il Paradosso ha influenzato profondamente le ricerche sulle intelligenze artificiali, che hanno preso una direzione completamente nuova proprio negli anni ’80 del secolo scorso, quando è stato teorizzato.

Anton Zeilinger
Anton Zeilinger

Se creare una macchina che ragioni come un uomo è difficile, viaggiare a velocità superiori a quelle della luce o addirittura nel tempo lo è ancora di più. Simmons, che nei suoi libri ha sempre trovato ingegnose soluzioni per far viaggiare le astronavi, al momento di scrivere Ilium e Olympos è stato evidentemente impressionato dalle ricerche sul Teletrasporto Quantistico fatte dal Fisico austriaco Anton Zeilinger, che le pubblicò nei primi anni del nuovo millennio e facendo grande sensazione. Zeilinger (ma vi avverto: la Matematica mi è incomprensibile, mi devo quindi fidare degli enunciati) dimostra che teletrasportare un atomo si può, a patto che se ne conosca lo stato quantistico, ovvero  una funzione complessa delle coordinate di spazio e tempo detta funzione d’onda. Insomma, per semplificare: la probabilità che sia in una determinata posizione.  Simmons si allarga un po’. Deduce che, conoscendo lo stato quantistico dei propri atomi, una persona possa spostarsi da un punto all’altro. Affascinante, ma crea un problema etico non indifferente, perché uno dei postulati della meccanica quantistica (e della Fisica anche a livelli più semplici) è che non si crea o si distrugge nulla, al massimo si trasforma. E che quindi (so che sembra che io stia delirando, ma in fondo Platone, quando qualche migliaio di anni prima teorizzò che noi non descriviamo un oggetto come è, ma come lo percepiamo, non è che dicesse nulla di troppo diverso) possiamo al massimo controllare la probabilità che io sia in un posto o in un altro, ma non duplicare me stesso. Zeilinger, insomma, ci dice che il Teletrasporto e il Replicatore di Star Trek  non abbiamo troppe probabilità di inventarli. Ma a Simmons le sue scoperte bastano e avanzano per creare una stirpe di Super Umani che è in grado di andare e venire dalla Terra a Marte senza problemi. E ci dice di più: è tutto nel nostro patrimonio genetico. Basta imparare a farne buon uso.
Zeilinger è pubblicato anche in Italiano: Il velo di Einstein (Einaudi-2005).

Paul Davies
Paul Davies

Un altro scienziato verso il quale Simmons ha un debito è Paul Davies, che ha pubblicato su Scientific American nel 2002 l’articolo How to build a time machine.
Sappiamo che nella Teoria della Relatività Speciale Albert Einstein sostiene che l’intervallo tra 2 eventi dipende da quanto velocemente si muove chi lo osserva. Se 2 osservatori si muovono a velocità diverse, sperimenteranno una durata del tempo diversa rispetto ai 2 eventi. Prima di Einstein non se ne era accorto nessuno, perché sulla terra non ci muoviamo mai a velocità assolute. Ma le differenze nella durata del tempo ci sono anche tra chi viaggia su un jet e chi rimane a terra. Solo che si tratta di nano secondi di differenza, rilevabili solo da un orologio atomico.
Il Paradosso dei Gemelli di Einstein ci dice che, viaggiando a una velocità prossima a quella della luce su un’astronave nello spazio, un gemello tornerebbe sulla terra di molti anni più giovane rispetto all’altro che non è mai partito. Di fatto, il gemello sull’astronave, rispetto a chi resta sulla Terra, viaggerebbe nel futuro.
Se pensate che sarà difficile riuscire a viaggiare a velocità prossime a quella della luce, avete probabilmente ragione. Ma lo Zio Albert aveva previsto anche questa eccezione, teorizzando le onde gravitazionali, cioè deformazioni della curvatura spaziotempo. Einstein era così avanti che per confermare la sua teoria con un esperimento c’è voluto un secolo tondo. In questo caso, gli autori di Star Trek possono pensare che i loro motori a curvatura potrebbero un giorno essere realizzati.
Einstein aveva anche teorizzato il fatto che il tempo rallenta, in presenza di forza di gravità crescente. Quindi, se potessimo in qualche modo avvicinarci a un buco nero, di fatto riusciremmo a viaggiare nel futuro.
Nella Teoria di Einstein trovano spazio anche quelli che in Inglese si chiamano warmholes, ovvero i tunnel spaziali. In Fantascienza abbiamo un uso dei warmholes con gli Stargate dell’omonima Franchigia, che ha dato origine a ben 3 serie di telefilm. Un tunnel spaziale, per essere utilizzabile, dovrebbe contenere abbastanza materia esotica (particelle effimere) che gli impedisca di implodere. Anche in Star Trek lo vedono come un problema: i warmhole ci sono, ogni tanto ne vengono scoperti, ma mantenerli stabili è difficile anche con la fantasia.
E’ naturale che costruire una macchina del tempo avrebbe a sua volta non pochi problemi come diretta conseguenza. Lasciando perdere la difficoltà, anche teorica, di viaggiare nel passato, ci sarebbe eventualmente da porsi il dubbio di come si fa a tornare, una volta andati nel futuro.
Ci sono poi i paradossi temporali (cosa succede se, tornando nel passato, uccido un mio antenato, quindi finisco con il non nascere?). Ma questi sono una vera e propria fonte di libidine per scrittori e lettori di Fantascienza. A questo proposito consiglio il racconto All you Zombies  (1959) di Robert Heinlein, da cui è stato recentemente tratto il film Predestination con Ethan Hawke.

A questo punto, è tutto. Spero di essere riuscito a esprimere che regalo mi ha fatto a livello di stimoli intellettuali Dan Simmons con Ilium e Olympos.

15-FINE

1-INIZIO DALLA FINE     2-MOMPRACEM NON E’ POI COSI’ VICINA
3-LA VISITA DI KUALA LUMPUR    4-SUMATRA, DOVE MORI’ NINO BIXIO
5-L’INCONTRO CON L’ORANGO    6-IL BAGNO DEGLI ELEFANTI
7-LE FILIPPINE    8-GUAM E I “SOLDATI FANTASMA” GIAPPONESI
9-NIENTE SQUALI A TRUK   10-PERCHE’ TRUK HA LE MIGLIOR IMMERSIONI SUI RELITTI
11-I RELITTI DI TRUK: LE NAVI
   12-I RELITTI DI TRUK: GLI AEREI
13-DA SINGAPORE UN VIAGGIO NUOVO
14-SPUNTI da “ILIUM” E “OLYMPOS” di DAN SIMMONS