Quando perde la nazionale di baseball, c’è sempre qualcuno che gode. Non è bello, ma è così. E sia chiaro: io non sono una mammoletta e so cosa è il tifo contro. L’ho spesso praticato (contro la Juventus e contro l’Inter a calcio e in quest’ordine, prevalentemente; ma anche contro il Parma calcio, squadra della mia città, quando direttore era Giambattista Pastorello. E addirittura ho recentemente tifato contro il Milan, mio vero amore sportivo dalla nascita, quando allenatore era Seedorf) e non me ne vergogno neanche. Ma il tifo è una cosa, fare analisi che vengono offerte ai lettori è un’altra. Qui ambirei a proporre un’analisi che dimostri come sono farneticanti certe analisi.
Provo a farmi forza: devo tornare a parlare di giocatori di doppio passaporto, i famigerati oriundi. Devo fare qualche esercizio di yoga prima, perchè sull’argomento per poco non ci rimetto la salute una decina d’anni fa. Lo faccio solo per dire: la FIBS ha messo una norma (quella sulla scuola italiana) che limita l’utilizzo dei giocatori di doppio passaporto, almeno fino a quando non ottengono 6 anni di presenza nei campionati italiani. Di fatto, questo danneggia la nazionale, perchè limita la possibilità che nel campionato arrivino giocatori d’esperienza, pronti per l’uso. E soprattutto, liberi quando finisce il campionato.
Non è il caso di tornare sulla legge sulla cittadinanza italiana: non la conoscono molti Parlamentari, figuriamoci semplici tifosi di baseball. Basterà dire che in nazionale vanno solo cittadini italiani, almeno nei tornei organizzati da CEB e IBAF. Al Classic è diverso: le regole sono molto più morbide, a volte anche cervellotiche. Per fare un esempio: Valentino Pascucci al Classic ha potuto giocare perchè il padre (Valentino Senior) è nato in Italia, ma non ha diritto alla cittadinanza italiana perchè il padre ha rinunciato alla sua cittadinanza prima che il figlio nascesse. Ci sono italiani che hanno il diritto alla cittadinanza perchè il bisnonno ha avuto il nonno prima di rinunciare alla cittadinanza, cioè alla terza generazione. Ma le leggi, se esistono, vanno rispettate. Lasciate poi perdere il fatto che quelli che starnazzano di più sono magari quelli che le leggi le hanno frodate. Lo prendiamo come un dettaglio. Lasciate anche perdere il fatto che da noi in Italia vale più essere furbi che seri. Lo prendiamo come un altro dettaglio. Quello che voglio dire è: chiunque giochi in nazionale, lo fa perchè ha il diritto di farlo.
Un giocatore che viene da un altro campionato porta via il posto a uno che, se lui non venisse, giocherebbe. O sarebbe comunque convocato. Questo succede solo se è più bravo. O meglio: se chi fa le convocazioni ritiene che sia più bravo. E’ ingiusto? Ma è lo sport, per sua natura, a essere ingiusto. A me che sono nato lento e resistente, non è stata data la possibilità di primeggiare a calcio. Per un certo periodo della mia vita era l’unica cosa che contava, per me. Ma poi mi sono reso conto che non avevo le qualità per farlo. Mi chiedo e vi chiedo: veramente vogliamo una nazionale che serve a premiare la gente, indipendentemente dal merito? E se sì, con che coraggio ci andiamo a lamentare (dico a caso) degli uffici pubblici che assumono i raccomandati dei politici? E non va tanto di moda il termine meritocrazia?
A chi si lamenta del fatto che Colla (che ha subito 4 fuoricampo nella finale dell’Europeo) o Venditte (1) non hanno fatto la differenza, chiedo di fare una verifica sulle alternative. Dei primi 15 pitcher della IBL come media punti guadagnati, gli unici italiani a non essere andati a Regensburg e Brno sono Valerio Simone (che era alla Italian Baseball Week) e Riccardo De Santis (che aveva problemi personali). Colla quest’anno ha lanciato 26 gare da partente a livello di Doppio A negli Stati Uniti.
Per la cronaca: l’unico pitcher di scuola italiana della storia ad essere arrivato in Doppio A è Alessandro Maestri: 2 gare da partente e 82 da rilievo tra il 2008 e il 2010.
Pat Venditte ha lanciato quest’anno in 26 gare di Triplo A e 15 di Doppio A sempre da rilievo.
Detto tutto questo, torno all’ABC del giornalismo. A me piacerebbe che gli articoli che si scrivono sulla nazionale di baseball fossero:
1-DI CRONACA. Del tipo: “L’Italia ha giocato la finale con l’Olanda. Il partente Colla ha concesso 4 fuoricampo, il rilievo Venditte 1. Erano tutti fuoricampo da un punto. Un errore del prima base Sambucci è costato il sesto punto. In attacco l’Italia è stata brava ad arrivare in base, meno a concretizzare. Tra quarto, quinto e sesto del line up si contano 7 strike out subiti e una battuta in doppio gioco. Alla fine, i rimasti in base sono stati ben 8”.
Sappiate che chi ha subito i 7 strike out non vi ringrazierà per averlo sottolineato. E poi, è ovvio che è necessario aver visto la partita.
2-DI ANALISI TECNICA. Mi rendo conto che anche per fare questo tipo di articoli è necessario vedere le partite. In ogni caso, si possono esaminare gli errori dei lanciatori (“Colla, perchè hai sfidato i battitori olandesi, che avevano fin lì almeno un fuoricampo a testa, con la palla dritta?”), discutere l’eventuale game plan o le chiamate del catcher Mineo, ipotizzare che forse, come l’Olanda ha fatto partire Cordemans sapendo che oltre i 3-4 inning non sarebbe andato, l’Italia avrebbe potuto chiedere lo stesso a Da Silva (anche se sa un po’ di Monday morning quarter backing, come dicono in America).
3-DI COMMENTO. L’ipotesi di Da Silva partente sarebbe eventualmente da verificare con il manager e il pitching coach (magari ci hanno pensato e lui ha detto no…), così come il motivo per cui Mineo è diventato sesto e Chiarini settimo del line up. Questi sono solo alcuni degli argomenti che si sarebbero potuti discutere in un articolo di commento.
Trovo invece del tutto superflui gli articoli di politica sportiva. Li trovo superflui in generale, un po’ come faceva Leo Longanesi, che ha sempre sostenuto che scrivere di una seduta del Parlamento vi darà un migliaio di lettori: i Parlamentari e le loro mogli. Ma su questo tornerò nel prossimo articolo.
Qui vi voglio dire che, anche quando, fare un pastone di un articolo di commento a un evento con la critica alla politica sportiva di una Federazione è quanto meno senza senso. Soprattutto se si scrive che la nazionale “dovrebbe dare più spazio ai giocatori di scuola italiana” quando la nazionale ha nella formazione titolare 8 giocatori di scuola italiana su 10.