C’è crisi e crisi…

ECONOMIA, SCHIROPENSIERO, TELEVISIONE

Quando parlavo del disastro sui mercati finanziari americani datato 2008, omettevo di chiarire che non per tutti fu disastro.
Gli azzardatissimi fondi con struttura a mezzanino erano garantiti da qualcuno. E quando c’è un’assicurazione, se il danno assicurato si verifica, c’è chi paga e chi incassa.
L’uomo simbolo del gruppo di manager che ha guadagnato cifre inimmaginabili (almeno da me) è un certo Steve Eisman.

Steve EismanEra un po’ che non sentivo parlare di Eisman. Sapevo che aveva fatto un altro pacco di soldi (parliamo di miliardi di dollari) scommettendo contro alcune istituzioni di Education for Profit, cioè scuole che esistono per dare profitti agli azionisti, puntualmente fallite. Oggi ho scoperto che è stato addirittura querelato, assieme all’autore di ‘The Big Short’ Michael Lewis, da Wing Chau, il manager dell’hedge fund (i fondi d’investimento che usano strumenti ‘non convenzionali’; in Italia sono definiti speculativi, ma in verità erano nati esattamente con lo scopo contrario e, in effetti, hedge letteralmente significa copertura) Harding Advisory. Dice Wing che Lewis e Eisman lo fanno passare per il cattivo della situazione.
Per la cronaca, il sito internet Business Insider commenta: “In verità, leggendo ‘The Big Short’, il ritratto di Wing Chau è piuttosto quello del coglione. I cattivi sono quelli come John Paulson, che se ne sono andati con un sacco di soldi. Wing ha invece generato lui stesso una domanda di rischiosissimi titoli derivati dai mutui sub prime, dei quali non ci sarebbe stata domanda. E questo ha portato ad una offerta di nuovi mutui subprime“.

Mi piace, come funziona la stampa in America. Le notizie vengonoSteve Buscemi in 'Boardwalk Empire' accuratamente verificate e gli editorialisti non hanno paura a dire la loro. Mi piace tanto, che non capisco perchè poi ci sono altre cose dell’America che mi piacciono poco.
Guardando il film per la TV ‘Boardwalk Empire’ (ambientato ad Atlantic City negli anni ’20) ho ad esempio la precisa sensazione che gli autori ci vogliano dire che il benessere americano è stato costruito su attività illegali. A cominciare dalla vendita di alcolici quando questi erano proibiti (ovvero dal 1919 al 1933), che permise a personaggi come Al Capone di diventare immensamente ricchi.

Lo statunitense medio è portato a fare ironia sugli italiani mafiosi e fa un vanto di aver sempre vissuto in Democrazia, mentre da noi c’è stato un regime dittatoriale. Ma lo statunitense medio omette di ricordare che da noi è vero che Mussolini otteneva consenso con il manganello, ma il suo contemporaneo Al Capone ci andava più spiccio e si affidava al mitra. Il 14 febbraio 1929 gli uomini di Al Capone chiusero il discorso riguardante la concorrenza per la vendita di alcolici. Quel giorno a Chicago passerà alla storia come “Il massacro di San Valentino”, visto che gli uomini di Capone (spacciatisi per poliziotti) trucidarono 7 persone della banda concorrente con una cruenta esecuzione a raffiche di mitra.
Da buon americano (era figlio di un barbiere di nome Gabriele Caponi, ma era nato a Brooklyn e il suo cognome venne scritto Capone perchè in Inglese il suono ‘i’ si rende con la ‘e’), Alphonse Gabriel aveva naturalmente un lato molto rispettabile. Durante la Grande Depressione, giorni dopo il massacro di San Valentino, i suoi ristoranti avevano dato da mangiare gratis a centinaia di persone.

Ma anche nella fine di Al Capone c’è qualcosa che mi piace molto degli Stati Uniti.
Quando gli Intoccabili di Eliot Ness lo portarono in Tribunale per evasione fiscale, l’avvocato di Al Capone chiese il patteggiamento. Ma il Giudice rifiutò. Avete capito bene: disse no. Ed Al Capone fu condannato a 11 anni di galera e al pagamento di 80.000 dollari di multa. Fiaccato dalla sifilide, Al Capone morì prima di compiere 48 anni.

Non molti sanno che Al Capone aveva un fratello (Vincenzo). Gli americani lo conoscono come Richard James Hart, perchè Vincenzo era un agente della FBI e non poteva portare il cognome del fin troppo celebre fratello.
Non so voi, ma io non accetto che Al Capone sia passato alla storia come Italiano e Vincenzo come americano.

A proposito di quelle cose dell’America che non mi piacciono…