Ancora sulla crisi

ECONOMIA, Paul Weller, SCHIROPENSIERO

Dicevamo male delle agenzie di rating, ma bisogna dire anche male di chi…dice male delle agenzie di rating.
Il ‘Financial Times’ non ha mandato a dire a Mario Monti che: “Forse non si è accorto del fatto che il giudizio che ha preceduto il downgrade dell’Italia era molto simile al suo”. La Francia omette di ricordare che le sue banche hanno le cassaforti piene di titoli spazzatura. E Obama pesta i piedi, ma evidentemente perchè ha la memoria corta.

Gillian TettPochi anni fa, infatti, gli Stati Uniti sono stati sull’orlo (e anche un po’ oltre) di una catastrofe. E’ una storia nota e non voglio riscriverla, anche perchè ci sono un paio di eccellenti libri (‘The big short’ di Michael Lewis e ‘Fool’s gold’ di Gillian Tett) che dicono già tutto quello che c’è da dire. Però qualche considerazione la posso fare.
Nel 2008 negli Stati Uniti si temeva che, da un momento all’altro, gli sportelli automatici delle banche avrebbero smesso di erogare banconote. Era successo che il credit crunch (ovvero, quando le banche materialmente non hanno soldi) che fa tanta paura all’Europa oggi si trovava ad un passo.
Era successo che a forza di tentare di guadagnare, si era rischiato quel che non si sarebbe dovuto rischiare. Ma andiamo per ordine. E iniziamo con questa favoletta.

C’era un tempo (diciamo la fine degli anni ’70 del secolo scorso) nel quale le Banche d’Affari guadagnavano poco (si fa per dire…). Colpa (si fa sempre per dire) dello Stato e delle sue regole, che obbligavano addirittura queste entità a ‘proteggere’ gli investimenti con il loro patrimonio.
Le Banche, insomma, non potevano rischiare più di tanto e quindi non potevano guadagnare più di tanto.
In quegli anni era irresistibile l’ascesa di 2 politici: Margaret Thatcher in Gran Bretagna e Ronald Reagan negli Stati Uniti.

Anti europeista la Thatcher, impegnato a convincere il mondo che l’unico problema era l’Unione Sovietica Reagan, i 2 andavano molto d’accordo su un concetto: laissez faire, lo Stato non deve immischiarsi nell’Economia. Tanto ci pensa la mano invisibile teorizzata da Adam Smith: il mercato trova da solo il punto di equilibrio. Come, è un problema che Smith (che, non va dimenticato, morì nel 1790) non si poneva. Non se lo pose nemmeno la Thatcher, che chiuse le miniere poco produttive, sopportò disordini sociali inauditi e alla fine passerà alla storia per aver arricchito la Gran Bretagna. Concetto che, per una parte del paese, risponde a verità. A metà degli anni ’80 la City di Londra fece performance pazzesche, quasi quanto Wall Street negli Stati Uniti. E nemmeno Piazza Affari in Italia si poteva lamentare. Ma a che prezzo?

Gli indicatori economici non ci fanno tanto caso, ma in effetti le condizioni di vita dei meno abbienti non seguivano di pari passo i profitti dei mercati finanziari.
Nel 1984 Paul Weller scriveva una canzone dal titolo ‘All gone away’ per l’album degli Style Council ‘Our favourite shop’ e che recitava: “Il negozio del droghiere ha esposto il cartello ‘chiuso’. E’ un segno dei tempi (…) ma da qualche parte, c’è chi continua a fare festa, con le sue mani avide che si sfregano a pensare a quei profitti che ha rubato (…) Facciamoci una passeggiata, andiamo a vedere come il monetarimo uccide, intere comunità e intere famiglie”.
Paul Weller, come noto, è il mio idolo e fonte continua di ispirazione. Ma è anche un osservatore molto lucido.
La Thatcher, leggendo quelle parole, avrebbe alzato le spalle e pronunciato il suo famoso: “Le comunità non esistono”. Perchè lei amava parlare solo di “individui”.
Il monetarismo è una teoria economica che fa capo al Premio Nobel Milton Friedman e sulla quale sono state basate le scelte dei Governi Thatcher e Reagan, ma anche le politiche di controllo della massa di moneta da parte della Federal Reserve americana e della Banca Centrale Europea. In Italia, ai Governi Craxi permise di contrastare in maniera efficace l’inflazione. Nella sostanza, dice che (quando serve) lo Stato può decidere di stampare moneta. E che si può limitare a fare questo. Si può insomma capire come, se era in questo che si credeva, potesse apparire fondamentale massimizzare i profitti delle Banche d’Affari.
Ed erano tutti d’accordo. A parte Paul Weller. E a parte un giovane Schiro (cioè io): “…In tutto il mondo i monetaristi della Thatcher e di Ronnie Topolino sono idolatrati. Questi padri putativi di una società che non dà niente…” ho trovato scritto in una mia agenda.
Dov’era il problema? Ce ne accorgeremo un paio di decadi dopo, ma era nel fatto che si innescava una pericolosa consuetudine: per aiutarle a massimizzare i profitti, si cancellavano le regole che permettevano alle autorità finanziare di controllare le Banche d’Affari. Una tendenza che non sarebbe più stata invertita, nemmeno con  socialisti come Clinton e Obama a capo del Governo americano.

Negli anni ’90 uno staff di geni della Banca d’Affari J.P. Morgan si èMichael Lewis inventato uno strumento con potenzialità formidabili di leverage (che significa massimizzare; si parla di profitti, ma se le cose vanno male massimizza le perdite, come poi è successo): i derivati sui mutui. Era da tempo che le banche cedevano i mutui in cambio di denaro e per sbarazzarsi del rischio, creando un mercato nuovo: quello di chi garantiva dal rischio (credit default swaps) chi acquistava i mutui.  Ma qui si parlava di qualcosa di diverso.
I derivati esistono da sempre. Pensiamo ai futures (vere e proprie scommesse sui prezzi futuri), che hanno rappresentato l’azzardo di Wall Street (secondo Michael Lewis, nessun Casino accetterebbe uno strumento così rischioso, ma questo è un altro discorso). Per parlare semplice, sono un sistema per far rendere un titolo 2 volte. Le Collateralized Debt Obligations, ad esempio, finanziano i mutui con altri mutui. E finchè il prezzo delle case continua a salire, si può capire quali profitti enormi siano a disposizione. Ma se i prezzi non salgono più e, addirittura, calano?

E’ proprio quello che è successo: i geni di J.P. Morgan non avevano pensato che i loro modelli erano concepiti per i mutui corporate. Ma nulla potevano prevedere per i mutui concessi ai privati. Un’azienda ha un bilancio, un privato sappiamo solo che ha uno stipendio, ma è difficile capire che abitudini ha. Ovvero, se è un buon padre di famiglia o se sperpera quel che guadagna in serate al Night.
Fare previsioni di default su una persona è difficilissimo, insomma. E se può essere che rinegoziare i mutui, puntando sull’aumentato valore dell’immobile, sia una soluzione, pretendere che l’aumento del prezzo delle case possa diventare una costante è VERAMENTE da idioti. Altro che Premio Nobel.

Spiegato (spero) perchè Obama non dovrebbe scandalizzarsi, Veniamo a noi.
Che si stesse percorrendo una china pericolosa, lo aveva già fatto notare Papa Giovanni Paolo Secondo nel 1991 con ‘Laborem Excercens’: “I cambiamenti (…) comporteranno con molta probabilità una diminuzione o una crescita meno rapida del benessere materiale per i paesi più sviluppati”.
E quale sia la strada giusta lo indica un altro Papa, Benedetto Sedicesimo: “Il mercato, se c’è fiducia reciproca e generalizzata, è l’istituzione economica che permette l’incontro tra le persone in quanto operatori economici…”.

Quello che dicono i 2 Pontefici è molto importante: Wojtila ci fa capire che, prima o poi, ci dovremo rassegnare ad essere meno ricchi. Ratzinger dice che i mercati per funzionare hanno bisogno di fiducia, quindi di regole chiare.
Da cosa dipende la crisi italiana di oggi? Dalla mancanza di fiducia nei e dei mercati, dovuta al tentativo di cancellare le regole, e da un livello di spesa che è stato superiore alle possibilità.
Cosa rispondono gli attuali politici che, quando facevano i comici (mestiere più adatto alle loro qualità), sbeffeggiavano Wojtila per aver fatto notare che in Italia si teneva un livello di spesa eccessivo?

Sia chiaro, comunque, che spendere meno non è la soluzione. Risparmiare per risparmiare, porta dritti nel thrift paradox di Keynes: tutti risparmiano, tutti sono più poveri perchè nessuno spende.
Mi scrive l’economista tedesco Wolfgang Munchau (eurointelligence.com): “Non credo che l’Italia possa uscire dalla crisi solo con l’austerità. Il peggio non sarebbe uscire dall’euro, bensì entrare in una depressione decennale e poi uscire dall’euro”.
C’è di che preoccuparsi, non pensate?