Caro Arrigo ti scrivo-2

CALCIO, SPORT

Se è Arrigo Sacchi la persona contro cui si è scagliato Max Allegri (attuale allenatore del Milan. Ha detto: “Se a 65 anni mi vedete in televisione a dire quello che dovrebbero fare gli altri allenatori, fatemi visitare da uno bravo”), il nostro Primo (chi non pratica, non puòMax Allegri capire perchè lo chiamo così, lo so…) ha tutta la mia stima.

Su questo sito avevo già parlato malissimo dei pezzi di Arrigo Sacchi sulla Gazzetta dello Sport. Ma c’è un recente editoriale che mi ha fatto veramente saltare sulla seggiola. Ed è quando dice che il gioco della Juventus di Conte è acculturato.
Ora: è facile smontare Sacchi (e anche, gli chiedo scusa, il collega che ha passato la pagina, come si dice nel gergo delle redazioni) andando a cercare il significato di acculturato sul Devoto Oli:

1. Attratto nell’orbita culturale di un altro popolo o gruppo
2. Fornito di un modesto grado di cultura

Se Sacchi si fosse riferito a Conte Antonio, è probabile che il significato 2. avrebbe bene descritto il soggetto. Ma in realtà, Arrigo voleva dire che quello di Conte è un gioco colto. O meglio: istruito. O meglio ancora: frutto di conclusione a cui si giunge studiando.
Come tutti quelli che se la tirano oltre il giusto, Arrigo ha cercato di usare un parolone e ha finito per fare una figuraccia.

Ma liquidare così Sacchi come editorialista sarebbe, ripeto, facile.
Io voglio contestare Arrigo nel merito. Perchè davvero quest’omino bisogna che scenda dall’Iperuranio.
Per farla breve, Sacchi dice che chi ha un piano fa rendere al meglio i giocatori. E non mi pare che scopra l’acqua calda. E’ vero nel calcio, nella musica, in qualsiasi attività della vita. Ma non è vero che lo spartito fa suonare bene a prescindere.
Se io provassi a eseguire musica, che non ho studiato, potrei farmi dirigere da Toscanini e farei schifo uguale.

La (tutto sommato breve) carriera di Sacchi come allenatore d’altra parte è la piena contraddizione del verbo che lui pretende ora di divulgare da sedicente studioso.
Il primo (e unico) scudetto che ha vinto con il Milan nel 1987-1988 non lo avrebbe mai vinto se Van Basten (che aveva saltato tutto il campionato per infortunio) non fosse rientrato contro l’Empoli (decima giornata di ritorno; era un campionato a 16 squadre, quindi dopo quella ci sarebbero state 5 partite da giocare. Per inciso, dopo la vittoria sull’Empoli il Milan infilò 3 decisivi successi: con la Roma 2-0, con l’Inter 2-0 e a Napoli 3-2) e non si fosse inventato un gol con un tiro da fuori a pochi minuti dalla fine.
La prima delle 2 Coppe dei Campioni che Sacchi ha vinto (1989) sarebbe finita nel novembre 1988 a Belgrado, se la nebbia non lo avesse salvato (dopo l’1-1 dell’andata, la Stella Rossa conduceva 1-0) e anche se Giovanni Galli non avesse parato 2 rigori (al futuro milanista Savicevic e a Mrkela) nella lotteria con cui si è chiusa la ripetizione (era finita 1-1) del giorno dopo. E siamo sicuri che la semifinale con il Real Madrid sarebbe andata com’è andata senza la torsione non umana del collo di Van Basten che valse il pareggio a Madrid e la fucilata da 30 metri di Ancelotti che aprì il 5-0 del ritorno?
La prima Coppa Intercontinentale vinta da Sacchi fu frutto di una partita indecente, senza tiri in porta. A parte una punizione di Evani che bucò una barriera mal disposta e valse il titolo iridato.
Che sono gli uomini a decidere è vero ovviamente nel bene e nel male. Se Baresi e Baggio non avessero sbagliato i loro rigori a Pasadena nel 1994, forse l’Italia oggi avrebbe 5 titoli Mondiali e il Brasile 4. E se Zola non avesse sbagliato a sua volta un rigore contro la Germania, l’Italia avrebbe superato il primo turno dell’Europeo 1996.

Quindi, Arrigo: dacci un po’ di pausa. E, quando capita, magari comprati il Devoto-Oli. L’edizione tascabile costa solo 24 euro.