Pur avendo la cartina in mano, non ho un’idea precisa di quante linee di metropolitana ci siano a Tokyo. Ma azzardo un 12 o 13. Forse anche 15, contando JR (Japan Railway) e qualche misteriosa linea di metropolitana privata.
Ero in effetti un po’ preoccupato quando la gentilissima (ma con una pronuncia dell’Inglese incomprensibile) addetta alle informazioni dell’albergo mi ha proposto di deviare dalla mia recentissima sicurezza qui a Tokyo: la JR, che ha una splendida fermata in centro. C’è anche da dire che JR costa tipo 1500 yen (oltre 10 euro), mentre la metro costa, per lo stesso tragitto, solo 260 (2 euro).
Il problema, qui in Giappone, è che i cartelli stradali non è che aiutino come uno si aspetterebbe. Ci sono le scritte anche in Inglese, ma sono piccolissime. Che è meglio di niente, ma non è che si può sempre andare in mezzo alla strada per leggere il cartello.
Un altro problema è che chiedere informazioni apre scenari imprevedibili. Nel senso: i giapponesi sono gentilissimi e vogliosi di aiutare, ma non è che io con loro comunichi benissimo. Quindi, può succedere che la persona a cui si chiedono le informazioni non sia in grado di darle, però nemmeno si rassegni all’evidenza e insista a spiegare qualcosa emettendo suoni non traducibili (dalle mie orecchie, almeno) in concetti e sorridendo.
Da Takanawadai (la stazione più vicina all’albergo) ci sono 2 linee che portano ad Asakusa. Una di queste, costringe ad un cambio alla prima fermata. Cosa realizzata quando tutti i passeggeri che erano sul mio treno li ho visti a un certo punto, e tutti mi sorridevano, sul treno del binario di fronte.
Il servizio è comunque efficientissimo e la pulizia che c’è sui vagoni della metro è qualcosa a cui non si vorrebbe credere, se si è abituati ad altri trasporti pubblici. Anche il silenzio è quanto meno sorprendente. I giapponesi difficilmente parlano per fare le classiche 2 chiacchiere o per discutere del tempo. Nemmeno leggono, come succede di vedere sulla metropolitana di Londra o di New York. Di norma, si addormentano. Con una presa rapida quanto meno inquietante e senza appoggiare la testa da nessuna parte.
Il tempio Sensoji è chiamato comunemente Asakusa, dal nome del quartiere. E’ il più antico di Tokyo (lo iniziarono nel 628 e lo completarono nel 645) ed è dedicato a Kannon, la dea della misericordia.
Uscendo dalla stazione del metro, si vede sulla sinistra lo Sky Tree, una torre per le telecomunicazioni che è stata completata a fine febbraio 2012 e che misura 634 metri.
Dall’altra parte della strada c’è il Kaminarimon, cancello del tuono, la via di accesso al tempio.
Quella di Sensoji è un’immagine che mi è sembrata a prima vista piuttosto blasfema: per arrivare al tempio, si percorrono infatti 200 affollatissimi metri di bancarelle (la strada si chiama Nakamise). Ma in verità, questo costume c’è da secoli.
Comunque, quando si arriva al tempio non è che ci sia l’idea di essere a un luogo di culto.
In effetti, il Giappone è una paese decisamente laico. Addirittura, molte persone praticano sia il buddhismo che lo scintoismo, una religione nata proprio qui, molto antica e priva di aspetti dogmatici.
Ma io, dei templi buddhisti, avevo il ricordo dei gompa del Ladakh in India, con i monaci che hanno fatto il voto del silenzio. Qui vendono a 100 yen i bastoncini da bruciare, la gente fa la fila per raccogliere l’acqua da una fontana dedicata a qualche divinità, ma ride sguaiatamente.
Certo è che la costruzione a 5 pagode ha il suo aspetto estremamente affascinante e, nonostante il sole contrario, decido di documentarla in tutti i modi.
Dire che Tokyo sia bella, non me la sentirei. Nella zona attorno al tempio, ci sono viuzze strette con i cavi dell’alta tensione che a un certo punto si fermano e li ritrovate arrotolati attorno a un palo. Avevo letto, ma non lo trovo più, che c’era una ragione dovuta al fatto che questa è zona sismica. Ma qualcuno fa notare che una ragione davvero concreta la rappresenta il fatto che qui buttano giù interi quartieri e non li ricostruiscono necessariamente com’erano, quindi i cavi restano lì.
Anche di dire che a Tokyo si mangia bene, non me la sentirei. E se amate i ristoranti giapponesi in Italia, sappiate che hanno un vantaggio chiaro e difficilmente colmabile, rispetto ai ristoranti giapponesi in Giappone: il menu è in Italiano.
Può poi capitare di trovare un oste che si ingegna, tira fuori un pezzo enorme di carne e vi faccia segno di volerlo affettare per voi. E quindi ci si capisce. Ma può anche capitarvi di ordinare le alghe per sbaglio. A vederle, sembrano spinaci. Ma gli spinaci non sono così orrendamente viscidi e insapori.
Mi resterà per sempre la curiosità di capire cosa stava succedendo in albergo oggi. Cercavo una sala riunioni (senza troppe speranze di trovarla) quando mi sono trovato intruppato in un gruppo di uomini e donne vestiti in blu e che erano tutti allegri. Li separava dalla reception dell’albergo un cordone e, apparentemente, aspettavano qualcuno. Una donna ha anche cercato di comunicare con me, ma senza speranza.
Il Giappone piace moltissimo alle donne. Dirvi come mai, non lo so. Ma se fate una ricerca su internet, appariranno decine di blog di viaggiatrici che sono state in Giappone.
In Primavera, sono tutte esaltate per i ciliegi che sono in fiore. Ma, con tutto il rispetto, basta venire a casa mia: nel giardinetto sottostante c’è un bell’albero di ciliege. Che quest’anno stenta a fiorire, ma penso che martedì al mio ritorno (nord coreani permettendo) mi darà soddisfazione.
Se mi verrà in mente Tokyo, vedendo il ciliegio in fiore, sono curioso di scoprirlo.