Pubblico le Cartoline dal World Baseball Classic 2013 del 12 e del 15 marzo.
Nella prima apro con il tono del Diario (inteso come il mio Diario di un cronista itinerante) e confesso che non ho viaggiato con il charter della squadra perchè avevo prenotato un volo di linea, nella convinzione che l’Italia non si sarebbe qualificata. Poi introduco il tema delle polemiche seguenti a una rissa avvenuta in campo tra giocatori di Messico e Canada. Il mio punto di vista è chiaro: il codice d’onore ottocentesco ha rotto.
12 marzo- Tu fai bunt? E io ti tiro addosso
Devo confessare una cosa: avevo prenotato un volo da Phoenix a Miami nel caso la nostra nazionale non si fosse qualificata. Così domenica 10 marzo sono rimasto a Phoenix, ho cenato da solo (in silenzio) e lunedì 11 marzo sono partito dall’aeroporto di Phoenix per Dallas Fort Worth. Avevo una tariffa talmente scontata, che ho dovuto pagare (25 dollari) per imbarcare la valigia (prima punizione divina). Dopo un bel 3 ore passate a chiedermi come si faccia a mettersi i cappelli da cowboy come capo d’abbigliamento quotidiano e a commentare, tra me e me, che i jalapenos che mettono sui nachos in Arizona sono più piccanti di quelli texani, sono partito per Miami. Giunto in Florida (seconda punizione divina per non aver creduto fino in fondo alla qualificazione…), si è guastata la porta della stiva dell’aereo e ho aspettato un’ora prima di recuperare la valigia.
Parliamo d’altro. Secondo me, qui si sta facendo una storia eccessivamente grande della rissa tra Canada e Messico. Le risse nel baseball non è che siano una novità. Io ne ho anche viste in partite di amatori, per dire. E a un Mondiale, è normale che ci possa essere una tensione maggiore che non in una partita tra amatori.
Ma quello che mi disturba, è il motivo della rissa. Voglio dire: sappiamo tutti che eseguire un bunt o una rubata quando c’è una grande differenza di punteggio non è un atto onorevole. Sappiamo tutti che, se ce ne freghiamo di commettere un atto non onorevole, ci potrebbero tirare addosso. Ma sa anche, chi ci potrebbe eventualmente tirare addosso, che non si può. E che l’arbitro ha il dovere prima di avvertirlo e poi, se insiste, di cacciarlo. Quindi, non la vedo così drammatica. La regola vera è: non si può tirare addosso. Il fatto che sia meglio non rubare o fare bunt con un punteggio ampio, è un codice d’onore. E non se ne può fare una questione di stato.
Ho sentito spesso discorsi del tipo: “Se il divario è meno di 6 punti, ha senso rubare. Se no è scorretto”.
Non so quante partite abbia perso per 7-6 chi ragiona così. Dico: secondo me, una squadra deve segnare tutti i punti che può. Il codice d’onore del “tirare addosso” sinceramente ha un po’ rotto. E poi, è un lascito del 1800. Quando, se ti guardavano la fidanzata, sfidavi l’altro a duello. Sai quanti morti, se vigesse quella regola oggi?
Secondo me, il baseball deve modernizzarsi.
Il calcio si è inventato prima le sostituzioni, poi i tempi supplementari, poi addirittura si è deciso di interrompere le parità con i rigori. I Mondiali del 1994 l’Italia (parlo sempre di calcio) li ha persi ai rigori. Nel 1998 è stata eliminata (dalla Francia, che poi ha vinto) ai rigori. I Mondiali del 2006 li ha vinti ai rigori e gli Europei del 2008 li ha vinti la Spagna. Che aveva eliminato l’Italia ai rigori. Non è il modo migliore per risolvere una partita di calcio. Ma è un modo.
Qui (dico negli Stati Uniti) sembra che non abbiano mai sentito di un Girone all’Italiana: solo andata, tutti contro tutti. Certo, il rischio della parità, in 3 sole partite a testa tra squadre di alto livello, è elevato.
Tornando al calcio, l’Italia che ha vinto alla grande il Mondiale 1982 si era qualificata per la differenza reti. La splendida nazionale del 1978, che avrebbe incantato il mondo, aveva eliminato l’Inghilterra per differenza reti nella fase di qualificazione.
Non mi verrete a dire che il calcio è una cosa poco seria e che non appassiona, vero? E allora, perchè il baseball si fa tutte queste pare sul Team Quality Balance? Che è un metodo come un altro e tiene conto dei punti segnati e subiti negli scontri diretti, ma solo se c’è una parità. Perchè per evitare il ricorso a queste formulette, basta vincere più partite degli altri. Vedi l’Italia: ha vinto le prime 2 partite, non ha mica dovuto fare tanti conti.
La verità è che gli statunitensi non possono sopportare di non aver mai vinto il Classic.
“E’ come l’esercito: c’è chi firma come volontario, altri vorrebbero, ma non se la sentono. Sono sicuro però che una nostra vittoria cambierebbe molte cose” ha detto la superstar Jimmy Rollins.
Già. Una vittoria….
Questa seconda Cartolina è invece dedicata a un classico: la copertura mediatica del torneo. Rispetto ai tanti articoli dedicati al tema durante le edizioni precedenti del torneo, qui do anche conto di una polemica che ho affrontato sul mio profilo Facebook
15 marzo- Anche quando la nazionale di baseball gode di buona stampa, il tafazzismo è in agguato
Dalla finestra del mio albergo a Miami (sono al piano 17…nessuno riguardo, da parte del World Baseball Classic Inc, alla scaramanzia di noi italiani…) vedo un enorme grattacielo della SunTrust, attorno alla cui sommità volano, inquietanti, gli avvoltoi collorosso, che sono una presenza in tutta la Florida. Una presenza che mi stimolerebbe a fare un sacco di illazioni. Ma farò il bravo.
La corrispondente del Corriere della Sera dagli Stati Uniti Alessandra Farkas, che è una donna di cultura abbastanza (per sua ammissione) digiuna di sport, ha sentito l’eco delle imprese degli azzurri, ci ha contattati e ha proposto un pezzo al suo giornale. “Se passano il turno”, pare sia stata la sentenza.
Visto che il turno non lo abbiamo passato, Alessandra ha scritto un pezzo sul blog Route 66.
Dal punto di vista della copertura mediatica, direi che il World Baseball Classic ci lascia una certa soddisfazione. La Gazzetta dello Sport (con l’inviato Stefano Arcobelli, che martedì 12 marzo ha dedicato anche un GazzaFocus al Classic) e il Corriere dello Sport (con i contributi ad hoc del nostro Ufficio Stampa) hanno seguito il torneo su base quotidiana. Tuttosport, grazie al collega Paolo Viberti in redazione, ha aggiornato regolarmente.
Rilevanti spazi ha conquistato il Classic anche su Il Messaggero (a firma Gianni Del Giaccio), Il Tempo (Antonio Maggiora Vergano) e Il Giornale (Filippo Fantasia).
Repubblica e La Stampa hanno seguito su base quotidiana attraverso i loro siti internet. E sul web si è letto del Classic anche su Panorama.it (Dario Pelizzari ha intervistato Mike Piazza).
Oltre a ESPN America, si è visto Classic in televisione in diretta su Sport Italia 2 (le partite con la Dominicana e Portorico della seconda fase) e nei notiziari Mediaset e di Rai Sport.
Bando ai trionfalismi, penso che si sia dimostrato ancora una volta che una nazionale vincente è il migliore (se non l’unico) modo per far parlare di sè.
Allora, invito tutti a rivedere certi giudizi del 2006, quando se ne dissero di cotte e di crude sull’operazione Classic.
Anche perchè, come previsto, c’è sempre qualcuno che è affetto da Tafazzismo incurabile. Scrive Cesare Turchini sul mio profilo di Facebook: “Non c’è nessuna progettualità e nessuna scuola italiana e italiani d’Italia nel team che ha dato fastidio comunque al Classic”.
Turchini, che stando al suo profilo di Facebook vive a Londra, potrebbe essere giustificato dalla sua lontananza dall’Italia. Potrebbe non aver seguito quel che si è fatto. Però dovrebbe aver capito che per avere in nazionale i Luigi Bianchi e Luca Verdi nati e cresciuti in Italia (lo scrive lui) servono risorse, servono conoscenze tecniche. Bene: questo risultato, porterà risorse in decente abbondanza (non al punto di cambiarci la vita, ma al punto di respirare) che potranno sostenere i progetti di sviluppo. Che devono essere paralleli all’alto livello e non alternativi.
Il Tafazzismo italiano nel baseball ha vissuto per anni sul luogo comune: “Facciamo giocare di più questi ragazzi”. Ma detta così, è una banalità bella e buona, una dichiarazione di propaganda senza nessun fondamento. Qui non c’è bisogno di chiacchiere, c’è bisogno di allargare la base, scegliere i più bravi e dare a questi ragazzi le loro possibilità. Ma nel baseball (e nello sport in generale) non si va avanti per scatti di contingenza. Solo il lavoro, laddove c’è il talento su cui costruire, paga.
In conclusione, esprimo preoccupazione perchè questa sera, a un metro dal mio albergo, si inaugura l’Ultra Music Festival, rassegna (giunta alla 15esima edizione) di musica elettronica da discoteca, che io amo quasi come ho amato il commento di Turchini sul mio profilo Facebook.
Mentre i vari DJ fanno le prove, tremano i vetri delle finestre. Si prepara una lunga notte, dite?
2-CONTINUA