Con il decimo articolo, arriva alla fine il ciclo sulla gestione degli Uffici Stampa.
Per scrivere quest’ultimo pezzo, ho compiuto anche qualche passo all’indietro lungo il percorso e ho preso atto del fatto che il contenuto è la somma di una serie di articoli pensati e scritti perché fossero auto conclusivi all’interno di un piano più generale. Se avrò la possibilità di produrre un lavoro più organico partendo da questa base, mi premurerò di creare collegamenti più solidi tra le varie parti e smussare qualche inevitabile ripetizione. Per ora arrivo alla fine e volto pagina con questo: Uffici Stampa le conclusioni.
La conclusione
La sintesi di questo mio lavoro è che l’Ufficio Stampa opera all’interno di un settore Comunicazione e nell’ambito di un più ampio piano di comunicazione. Il responsabile dell’Ufficio Stampa risponde a un responsabile della Comunicazione che è consapevole della mission aziendale, in quanto parte del management. L’Addetto Stampa è un giornalista e deve onorare la sua professione. Non si presta a fare propaganda e agisce nel rispetto della deontologia del mestiere di giornalista. Fa comunicazione attiva (le media relations) e passiva (monitorando quel che i media dicono dell’organizzazione) e concorre a formare l’immagine aziendale. L’immagine non è il fine, ma un mezzo per portare a compimento la mission dell’azienda.
La teoria e la pratica
Il lavoro di James Grunig è un punto di riferimento per chiunque si occupi di Comunicazione. A livello accademico, il suo modello simmetrico e a 2 vie (che data 1984) è stato oggetto di notevoli critiche (in particolare: di Leitch e Neilson nel 2001, di Edwards nel 2006) perché eccessivamente idealizzato.
Grunig in effetti prova a portare la relazione tra l’organizzazione e il suo pubblico in una zona win win (lo abbiamo già detto: è la terminologia della Teoria dei Giochi), cioè in cui tutti ottengono un vantaggio, e per i suoi critici questo sottovaluta “la complessità del genere umano”. Per la verità, e a parziale smentita delle critiche, Grunig sul punto è abbastanza concreto: “La società non corrisponde al pubblico, ma è un insieme di diversi tipi di pubblico”.
Io ho avuto la fortuna di conoscere il lavoro di Grunig quando non ero più studente da un po’ (anche se mi vanto del fatto che rimarrò, come attitudine a imparare, uno studente per sempre…) e, anzi, avevo fatto esperienza un po’ in tutti gli ambiti di questo lavoro: dal ruolo di semplice estensore di note e comunicati a quello di responsabile dell’intero settore Comunicazione. Quindi dico che il suo lavoro è un vero e proprio punto di riferimento. Nel 1992, con un gruppo di ricerca, Grunig ha provato a mettere assieme il lavoro definitivo sull’argomento con Excellence in Public Relations and Communication Management. Ne è uscito un lavoro monumentale (e costoso da comprare…) ma che conserva tutto il suo valore anche a più di 20 anni di distanza. Certo, non siamo in presenza di un manuale di istruzioni per montare uno scaffale comprato all’Ikea. Ma in queste pagine si trova l’essenza del lavoro di Comunicazione a tal punto che azzardo: molte delle idee di Grunig erano quasi filosofia, e comunque pura teoria, nel 1984. Oggi però, dopo la rivoluzione digitale, trovano sul serio applicazione pratica.
Scrive Grunig in un articolo del 2011 pubblicato dal Central Europe Journal of Communication: “Il responsabile della Comunicazione del futuro esercita la sua leadership aiutando a definire e poi instillando nella comunità i valori della sua organizzazione; crea e gestisce le relazioni e in questo è aiutato dai nuovi mezzi che ci sono oggi a disposizione. L’Ufficio Comunicazione gestisce la fiducia nei confronti dell’organizzazione”.
Io e Grunig
Io la penso esattamente così. Sono con Grunig quando dice che il settore Comunicazione non può e non deve avere “un approccio generalizzato di marketing” (aiutiamo a vendere, ma non vendiamo nulla) e nemmeno può usare più di tanto “la retorica per convincere”. Il settore Comunicazione si occupa di convincere il pubblico (ed è proprio qui che entra in gioco quella parte del settore Comunicazione che definiamo Ufficio Stampa, incaricato di approdare sui media o, come abbiamo visto, utilizzare il sito internet o i profili social aziendali) ed eventualmente di gestire i conflitti che dovessero sorgere.
Sono con Grunig anche quando afferma che il settore Comunicazione è una ”funzione di management strategico” e non serve solo a interpretare i desiderata del management. Un piano di Comunicazione si programma (anche sottoponendo a test, sulle opinioni interne ed esterne all’organizzazione, le decisioni che il management sta considerando di prendere; oggi, grazie ai social media, può essere tutto più agevole) e poi lo si verifica. L’ambiente in cui ci si muove non può più essere considerato una costante ma va utilizzato come risorsa. Il settore Comunicazione ha la possibilità di convincere il management ad adattarsi all’ambiente.
Uffici Stampa le conclusioni
Parlando solo di pratica, e lasciando da parte per un attimo completamente la teoria, la parte più difficile del lavoro del settore Comunicazione è imporre questi concetti e assumere davvero il ruolo di funzione di management strategico. Perché non è affatto scontato che questa competenza venga riconosciuta dai vertici dell’organizzazione.
Io, come responsabile della comunicazione di una Federazione Sportiva, mi sono trovato a convivere con il fatto che chi ricopre cariche elettive si sente in qualche maniera in grado di intervenire su tutto per il solo fatto di aver ottenuto un consenso popolare. Per chi opera in organizzazioni politiche, presumo che la tendenza sia ancora più netta. Non è per niente da escludere che le cariche elettive attribuiscano come funzione principale al settore Comunicazione quella di mantenere elevato il loro consenso. Perdendo di vista il fatto che il consenso lo manterranno elevato con le azioni che compiranno e che il settore Comunicazione potrà solo informare al riguardo, una volta che saranno compiute. Se il settore Comunicazione sarà escluso dalla progettazione delle azioni, il suo ruolo risulterà fortemente sminuito.
Inoltre, nessun Ufficio Stampa (quindi l’intero settore Comunicazione) potrà mai essere efficace se il management (specie nella gestione delle crisi) non avrà la lucidità per applicare 2 concetti fondamentali: accountability (ammettere le responsabilità) e soprattutto disclosure (ovvero: rendere noto tutto quello che si sa).
Ancora poche parole
Come ho detto, lavorare a questo progetto mi ha fatto venire voglia di riprenderlo in mano e realizzare una pubblicazione più organica. Spero che sarà possibile e prometto di tenervi aggiornati attraverso il sito e i miei profili social.
Per ora, ho avuto la soddisfazione dell’apprezzamento di molti colleghi che si occupano regolarmente degli stessi argomenti. In particolare, mi fa piacere segnalare il sito di Fabio Brocceri, che ha una sezione dedicata a giornalismo e uffici stampa.
Dedico il ciclo di articoli alla memoria del Professor Carlo Carli. Se non avessi conosciuto lui presso l’Università di Parma nell’Anno Accademico 1985-1986 non sarei qui.