Premessa: c’è un tizio che ha lasciato un confuso commento a un mio pezzo dicendo che era in linea di massima d’accordo con quello che scrivevo, ma che questo contraddiceva altre mie posizioni espresse sul sito della FIBS. Gli ho chiesto cosa e la risposta mi ha insospettito. Ho verificato che il tizio non esiste e che l’indirizzo e mail che ha inserito per pubblicare il commento è falso. Ho cancellato il suo commento e cancellerò tutti i prossimi commenti che vengono da indirizzi e mail di cui è impossibile comprovare la veridicità
“Quello che mi affascina del baseball è che si tratta di uno sport di squadra, la squadra diventa una specie di famiglia, ma i giocatori sono decisamente da soli, in campo. Gli altri giocatori dipendono da te, ma nel momento che conta non possono tirarti fuori dai guai”.
Chad Harbach ha studiato a Harvard, dove ha conosciuto Keith Gessen e Benjamin Kunkel, con i quali (e Mark Greif e Marco Roth) nel 2004 ha fondato la rivista letteraria n+1, interessante esperienza letteraria parecchio al passo coi tempi. Per dire: esce in edizione cartacea (200 pagine circa) 3 volte l’anno, ma il sito internet è costantemente aggiornato.
Harbach ha lavorato al suo (primo)romanzo The Art of Fielding per 9 anni (“Il tempo lungo è stato obbligato da un elemento pratico” ha detto a Repubblica al tempo dell’uscita in Italia del suo romanzo, circa un anno fa; in Italiano il libro si intitola L’arte di vivere in difesa ed è edito da Rizzoli “Lavoravo come copy editor e non potevo dedicare tutto il tempo alla scrittura”). Quando è stato pronto per pubblicarlo, ha ricevuto una serie di offerte notevoli e ha venduto i diritti a Little Brown per 665.000 dollari.
Harbach ha detto del suo libro che si tratta: “Di un libro sul baseball, ma che non parla solo di baseball“. In verità, prosegue l’autore, è più: “La storia di persone che vanno avanti tra successi e fallimenti“.
La “persona” più importante è Henry Skrimshander, un interbase che viene arruolato dal Westish College (scuola di fantasia), la cui squadra di baseball si chiama The Harpooners in onore di Herman Melville.
Uno studente degli anni ’60, Guert Affenlight, ha scoperto il manoscritto di un discorso di Herman Melville di cui nessuno sapeva nulla. Da quel tempo, una statua dell’autore di Moby Dick campeggia al centro del Campus e noi ritroviamo, ad un certo punto delle oltre 500 pagine del romanzo, Affenlight come Presidente della scuola. Impariamo anche che Affenlight ha pubblicato The Sperm Squeezers (“Sperm-whale” è come si chiama il Capodoglio in Inglese; in Italiano il doppio senso è intraducibile), un lavoro sul contenuto a sfondo omosessuale di Moby Dick.
Il manoscritto e il discorso di Melville non esistono, nella realtà. Nemmeno The Sperm Squeezers è mai stato pubblicato, anche se uno studio sui possibili rapporti omosessuali in Moby Dick non sarebbe certamente impossibile scriverlo. A cominciare dal contatto tra Ismaele e il Ramponiere (“Harpooner” in Inglese, appunto) Queequeg, che dividono lo stesso letto in una locanda nella prima (e divertentissima) parte di Moby Dick.
The Art of Fielding è parecchio ispirato a Moby Dick, specie per i rapporti tra i personaggi e sui riferimenti alle difficoltà di dimenticare il passato per aprirsi al futuro (tipo il Capitano Ahab, insomma).
Sia chiaro: The Art of Fielding è un bel libro, ma non è un capolavoro del livello di Moby Dick. Se devo essere sincero, ho trovato eccessivo il ricorso dell’autore alla tecnica del flusso di coscienza, sulla quale costruisce pagine e pagine senza essere efficace come il suo modello David Foster Wallace riesce a essere in Infinite Jest. Harbach sostiene di aver deciso di voler essere uno scrittore dopo aver letto il libro di Wallace, ma sostiene anche, a proposito del suo libro: “Ho iniziato a scrivere il romanzo a 25 anni, ed ero uno scrittore immaturo. Ero convinto di avere avuto una buona intuizione per un libro promettente e ambizioso, ma capivo, scrivendo, che c’era una distanza tra la mia ambizione ed il risultato. Tutte le esperienze di questi 9 anni hanno migliorato certamente il romanzo e spero che quella distanza si sia ridotta di molto”
Tornando a Skrimshander, il giovanotto adora un libro (anche questo di fantasia) che si intitola appunto The Art of Fielding ed è stato scritto da Aparicio Rodriguez, interbase (che non esiste, ma è chiaramente ispirato a Ozzy Smith) dei St. Louis Cardinals che è finito nella Hall of Fame partendo dallo stesso campionato di College (Terza Divisione) nel quale giocherà Henry. Di questo campionato Aparicio detiene il record di partite consecutive senza errori.
L’iniziazione di Henry al baseball come dedizione, guidata da Mike Schwartz (il capitano e catcher degli Harpooners) è la parte che un appassionato di baseball amerà di più del libro. In particolare, la mia frase preferita è: “I coach di baseball sono come le belle ragazze: i loro occhi si posano sempre sui più alti e più grossi, indipendentemente da quanto valgono”.
Henry conoscerà la gloria e la depressione, sembrerà perfetto ma anche disastroso. Costruirà grandi amicizie e si renderà protagonista di un tradimento molto deludente.
Nel libro conoscerete il bellissimo personaggio di Schwartz e le sue eccessive ambizioni di studente, che è conscio che non sarà mai un giocatore professionista ma, allo stesso tempo, ha molti dubbi sul continuare ad avviare altri a questa carriera. Affenlight e sua figlia Pella (bellissima ragazza dal seno prosperoso, che si auto definisce puttana e che, dopo un matrimonio fallito, è a sua volta alla ricerca di una sua strada), il mulatto Owen (detto Il Buddha per il suo sorriso serafico; giocatore di talento, che finisce all’ospedale perchè non si avvede di un foul ball mentre legge un libro nel dug out. E’ un invito a non trovare nel batti e corri troppi risvolti letterari?) e Starblind (riferimento a Starbucks di Moby Dick? Chi lo sa…), il lanciatore dal fisico statuario completano il quadro. I loro rapporti, naturalmente, si intrecceranno e porteranno a complessi risvolti sui quali vi lascerò il piacere della lettura.
Diciamo che questi rapporti ci servono per concludere che il tema di fondo del libro riguarda la difficoltà di crescere, la tentazione di voler cristallizzare la vita in un momento di felicità, la possibilità di essere delusi dalle persone su cui contavamo e dalla propria ambizione.
Poi, tornando al baseball, ci sono le pagine in cui si descrive la rincorsa degli Harpooners alla finale del campionato: sono estremamente efficaci e il ricorso ai termini tecnici e alle sottigliezze del gioco visto dall’interno del campo è assolutamente appropriata.
Del libro Jonathan Franzen ha detto: “Come tutti i grandi libri, mi ha riempito le giornate e mi ha lasciato un vuoto, quando l’ho finito”.
Io non sono così esaltato, ma consiglio comunque di leggerlo.
Altri critici (Il New York Times lo ha votato libro dell’anno 2011) lo hanno acclamato come romanzo che non sfigura al confronto con Il Migliore di Bernard Malamud.
Anche in questo caso, non arriverei a tanto. E concluderei con Woody Allen: “Non so se il baseball è il gioco che simula la vita, so che guardo le partite perchè è bello da vedere”.