Nino Bixio, uno dei grandi protagonisti del risorgimento italiano, è morto il 16 dicembre 1873 a Banda Aceh, isola di Sumatra. Aveva da poco compiuto 52 anni
Sul mio diario ho scritto che la Air Asia eccelle in 2 cose:
1) La selezione delle hostes
2) La velocità del check in
Meno nella puntualità dei voli.
Il volo da Kuala Lumpur a Kualanamu (l’aeroporto di Medan sull’isola di Sumatra in Indonesia) è di un’ora scarsa. Ma se capita che su Kualanamu ci sia la nebbia e l’aereo incidentalmente abbia il carburante quasi contato per fare andata e ritorno, il pilota va a finire che decide di tornare a Kuala Lumpur. Così una giornata iniziata con una sveglia alle 4.40 e che doveva portarci a destinazione (a Bukit Lawang, nel cuore della giungla) all’ora di pranzo, ci vede pranzare all’aeroporto di Kuala Lumpur con un panino che la Air Asia acquista da Burger King.
E’ una beffa essere arrivati a destinazione e ritrovarsi a vivere le solite scene da aeroporto, con gli adulti morti di sonno e i bambini che invece sono più che attivi e imperversano rumorosamente. Ma bisogna sempre vedere il bicchiere mezzo pieno: rimanere in aeroporto qualche ora a non far niente permette di appurare che nei bagni malesi c’è un cartello che invita a usare il water sedendosi e non salendoci sopra in piedi.
Sumatra è una delle 17.000 isole (non più di 7.000 abitate) che compongono l’Indonesia. Di suo, si tratta di un paese tra i più popolati al mondo: ha 238 milioni di abitanti. La capitale Giacarta (una megalopoli da oltre 10 milioni d’abitanti; sono stato in Indonesia prima degli attentati del 14 gennaio) è sull’isola di Giava. La lingua ufficiale è una derivazione del Malese ed è stata sostanzialmente imposta dopo la proclamazione d’indipendenza dall’Olanda del 1945 (l’indipendenza fu per la verità riconosciuta dalla Regina d’Olanda nel 1949). Ma non è la lingua di tutti e infatti in Indonesia la lingua franca è l’Inglese, per quanto buona parte della popolazione lo conosca in modo a dir poco sommario.
L’Indonesia è un paese povero, con un reddito pro capite sotto i 5.000 dollari annui. La valuta locale è la svalutatissima rupia (un euro ne vale quasi 15.000) e il mio unico prelievo al bancomat me ne mette in tasca un milione. Nonostante l’impressione, calcolo rapidamente che si tratta di appena 70 euro.
Abbiamo detto che l’Indonesia è indipendente dalla fine della seconda guerra mondiale. Sumatra è comunque parte a tutti gli effetti dell’Indonesia dal 1905, quando gli olandesi vinsero la guerra contro il Sultanato di Aceh, che governava l’isola. Il nome Sumatra deriva da quello di Regno di Samudra, come trascritto dal grande esploratore marocchino Ibn Battuta nel 1300. A quell’epoca Sumatra era islamica, visto che nell’undicesimo secolo era stata conquistata dai Regni Giavanesi di Singhasari e Majapahit. La prima influenza culturale resta tutta via quella indiana. Tra il settimo e il nono secolo dalla città di Srivijaya (forse l’oderna Paiembang, nella parte meridionale dell’isola) nacque infatti una monarchia buddista, che diede vita a uno stato talassocratico (ovvero, esistente per meri motivi commerciali) che si estese alla Malesia.
La storia recente dell’Indonesia vede i giapponesi a fianco del leader indipendentista Kusno Sosrodihardjo (meglio conosciuto come Sukarno), che nel 1949 diventerà il primo Presidente. Negli anni ’60 l’Indonesia vivrà un periodo tumultuoso, che avrà il suo apice nel 1965 con il Colpo di Stato del Generale Haji Mohammad Suharto, che deporrà Sukarno nel 1967 e resterà in carica come Presidente fino al 1998. Suharto (che è morto nel 2008) è colpevole di qualcosa come un milione di morti tra i suoi oppositori. I momenti del Colpo di Stato chiudono il celebre film Un anno vissuto pericolosamente (1982) di Peter Weir. Fra l’altro, il titolo originale (The year of living dangerously) è una traduzione in Inglese di Tahun vivere pericoloso, il discorso che Sukarno pronunciò al momento dell’indipendenza. Disse “vivere pericoloso” in Italiano.
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E curiosamente i traduttori del film non ne hanno tenuto conto.
L’Indonesia è uno dei paesi maggiormente colpiti dallo tsunami del dicembre 2004 ed è stata devastata pochi mesi dopo (marzo 2005) da un terribile terremoto di magnitudo 8.7.
Girolamo Bixio, che passerà alla storia come Nino, non è morto da eroe. Ha vissuto da eroe, ma a ucciderlo è stata la febbre gialla. Dopo aver guidato durante la presa di Roma le truppe che avevano espugnato Civitavecchia, aveva rinunciato alla carriera politica (era stato Deputato e Senatore del Regno d’Italia) e deciso di intraprendere quella di imprenditore-esploratore assieme a Salvatore Calvino, con il quale aveva combattuto durante la spedizione dei Mille. Dopo la morte, il suo corpo rimase ad Aceh per 4 anni e venne riportato a Genova, dove è tumulato nel cimitero di Staglieno, nel 1877.
Nel capitolo dedicato al Risorgimento della sua Storia d’Italia, Indro Montanelli lo definisce “audace comandante garibaldino”. Bixio, che era nato nel 1821, conobbe Giuseppe Mazzini a Parigi (dove aveva raggiunto il fratello maggiore Alessandro, importante funzionario di banca; vedremo dopo come mai) nel 1846 e abbracciò immediatamente l’ideale dell’Italia unita. Non gli dispiacevano i gesti clamorosi: nel 1847 partecipò a una manifestazione a Torino e, visto Carlo Alberto di Savoia, afferrò il suo cavallo per le briglie e gli disse: “Sire, passate il Ticino e saremo tutti con voi”. Come è noto, Carlo Alberto guiderà la prima guerra d’indipendenza, ma non vedrà l’Italia unita, che avrà come primo Re suo figlio Vittorio Emanuele, e morirà in esilio nel 1849.
Nino Bixio parlava comunque sul serio. Combatté infatti a fianco di Garibaldi nella prima guerra d’indipendenza (1848). Poi, da uomo pratico, prese atto del fallimento delle varie iniziative di Mazzini e tornò in armi solo nel 1859, quando aiutò Garibaldi a pianificare la spedizione dei Mille. Durante la spedizione, comandò personalmente il piroscafo Lombardo.
In Sicilia fu inoltre inflessibile comandante delle operazioni di polizia militare e guidò l’annessione di quello che era stato il Regno delle Due Sicilie al Regno di Sardegna.
Quando conobbe Mazzini, Nino Bixio aveva 25 anni e li aveva vissuti pericolosamente. La scuola non faceva per lui e, ottavo figlio del direttore della Zecca di Genova Tommaso, pensò di guadagnarsi da vivere in mare. Si imbarcò a 13 anni sul brigantino Oreste e Pilade che navigava sulle rotte atlantiche. Essendo piccolo, venne appunto soprannominato Nino. Tornato a casa, venne denunciato per ribellione all’autorità paterna. Per uscire dal carcere, nel 1837 si arruolò nella Marina del Regno di Sardegna al posto di uno dei suoi fratelli. Surrogato a sua volta grazie a un’iniziativa del fratello maggiore, trovò un nuovo incarico in mare sulla rotta per il Brasile. A Rio de Janeiro si rifiutò di comandare una nave schiavista e tornò a Genova, rinunciando alla carriera di Capitano mercantile.
Trovò un nuovo incarico, assieme ai fidi Parodi e Tini, che erano tornati con lui dal Brasile, come secondo nostromo di un bastimento del Capitano quacchero Baxter. La missione prevedeva di raggiungere la Malesia e portare un carico di pepe negli Stati Uniti. Ma a causa di un litigio con il Capitano, Bixio lasciò la nave a bordo di una scialuppa con Parodi e Tini. I 3 fecero naufragio e cercarono di raggiungere la riva a nuoto. Parodi non sopravvisse agli squali, mentre Tini perse il lume della ragione per lo spavento. I sopravvissuti furono salvati dagli indigeni, che proposero a Bixio di sposare la loro Regina. Al rifiuto, vendettero lui e Tini ai mercanti di schiavi. Fu lo stesso Capitano Baxter, evidentemente capace di perdonare, a riscattare i 2. Bixio imbarcò Tini per Genova e raggiunse il fratello a Parigi, dove iniziò la storia che tutti conosciamo.
Aceh non è molto lontano da Medan, la città più grande di Sumatra (2 milioni d’abitanti, 4 se si considera l’area metropolitana). Ci siamo stati una notte, passando il pomeriggio poltrendo alla piscina del Deli River hotel (12 chilometri dal centro e un’ora e mezza dall’aeroporto; ha un ristorante che si chiama Omlandia in ricordo del periodo coloniale). D’altra parte, visitare Medan ci era stato sconsigliato da una coppia di giovani australiani (la ragazza l’ha definita scary, che fa paura) e da questa definizione letta sulla guida Lonely Planet: “Fra i viaggiatori che frequentano il sud est asiatico ha una pessima fama, tanto che il suo nome spunta inevitabilmente ogni volta che qualcuno pone la classica domanda: qual è il posto peggiore che avete visitato?”.
Quel che abbiamo visto, muovendoci in un traffico caotico nel quale scorrazzano motorini e vie di mezzo tra i risciò a motore e i sidecar, che fungono da trasporto pubblico, non incoraggiava a smentire i 2 giudizi. Il ricordo più nitido che porterò con me di Medan è il richiamo alla preghiera del Muezzin, che poi sfumava nei rumori di una festa con musica dal vivo. L’Indonesia è un paese musulmano ma sui generis, tollerante. Quasi tutte le ragazze indossano il velo come vezzo e non coprono il volto, che spesso è truccato.
A Bukit Lawang alla fine ci siamo arrivati (quasi 4 ore di macchina, anche se la distanza è meno di 100 chilometri) grazie a un autista appassionato di calcio italiano (oltretutto juventino) e che curiosamente ha come suo giocatore preferito Zambrotta. Pur tifoso e conoscitore del nostro calcio, è convinto che al Mondiale 2006 sia stato Materazzi a dare una testata a Zidane e non viceversa. Chiama Balotelli the bad boy e mi ha fornito la non irrilevante notizia che il padre del giocatore della Roma Nainngolan (belga di cittadinanza) è originario di Sumatra.
4-CONTINUA
1-INIZIO DALLA FINE 2-MOMPRACEM NON E’ POI COSI’ VICINA
3-LA VISITA DI KUALA LUMPUR