La Repubblica Dominicana e il suo parco rilievi fatto di closer

BASEBALL, World Baseball Classic 2017

Di solito una squadra di baseball di closer ne ha a disposizione 1. La Repubblica Dominicana al World Baseball Classic ci ha invece abituati a metterne in mostra almeno 4. Nella partita vinta (3-0) contro il Venezuela giovedì notte, i Campioni del Mondo in carica hanno mandato sul monte nelle ultime 4 riprese Robles (15 salvezze con i Mets nella stagione 2016), Betances (12 con gli Yankees), Colome (37 con i Rays) e il formidabile Familia (51 con i Mets). Il closer è il pitcher che si solito sale sul monte al nono inning per ottenere gli ultimi 3 out. Sempre di solito, ha almeno un lancio dominante e la capacità di lanciare strike sempre e comunque. Questo è come dire: nelle ultime 4 riprese contro la Repubblica Dominicana è quasi impossibile segnare. Chi ricorda il Classic 2013, avrà in mente la partenza sprint dell’Italia su Volquez e poi l’assoluta impossibilità di segnare contro i formidabili rilievi dominicani: Strop, Casilla e Rodney. Se no, può rileggere il mio articolo sul sito FIBS.
Giovedì notte Volquez è stato a sua volta imbattibile e alla Repubblica Dominicana sono bastati 3 punti per ottenere la prima vittoria della seconda fase. Il primo è arrivato con un fuoricampo di Gregory Polanco dei Pirates sul quarto lancio nel conto (il numero 83 della gara) del partente venezuelano Chacin (San Diego Padres). Profetico è stato il commentatore di FOX Jim Kaat (da giocatore, 19591982, ben 283 vittorie in Grande Lega): “Verso la fine della sua partita, per Chacin è un lancio molto pericoloso”.
Il secondo punto lo ha spinto a casa Robinson Cano, la superstar dei Seattle Mariners fin qui piuttosto in ombra, al settimo su Castillo. Il terzo punto è arrivato sul fuoricampo di Nelson Cruz (Mariners) su Leon all’ottavo.

I fuoricampo sono decisivi

Il Venezuela aveva concesso 2 homer decisivi anche agli Stati Uniti la sera prima, segno evidente che qualcosa a livello di bullpen manca alla squadra di Omar Vizquel. È una sensazione rafforzata dal fatto che Petco Park di San Diego non è certo un campo considerato favorevole ai battitori, come magari era il Charros de Jalisco dove ha giocato l’Italia.
Oltre a un po’ di qualità nel bull pen, mano a mano che procede il torneo al Venezuela mancano anche diversi infortunati. Contro l’Italia si è fatto male Salvador Perez (Royals, non giocherà più in questo Classic), contro gli Stati Uniti si è fermato il terza base Prado (Marlins, anche lui è fuori fino alla fine) e contro la Repubblica Dominicana si è fermato anche Miguel Cabrera (Tigers; ha avuto problemi alla schiena, ma c’è fiducia sul suo recupero).
Per altro, l’infortunio di Cabrera era inizialmente passato in secondo piano, vista l’incredibile giocata di Machado in terza base. Potete vedere tutto negli highilights, facendo click sotto

Anche i più bravi hanno gli oriundi

Manny Machado gioca per la Repubblica Dominicana pur essendo cittadino statunitense. È nato infatti in Florida da genitori dominicani e ha motivato la sua scelta di rappresentare la Patria dei suoi (gli USA con consentono la doppia cittadinanza con la Repubblica Dominicana; delle regole di eleggibilità del Classic ho parlato ieri) giocando con la Dominicana il World Baseball Classic.
Tornando ai closer, come sanno quelli che mi leggono regolarmente, io non seguo il mainstream sul loro utilizzo e sulla necessità di avere un cosiddetto game plan. In un torneo corto, a volte sostituire chi sta lanciando bene all’ottavo per inserire il closer solo perché questo è il piano, non è una buona idea.
Familia ha fatto vedere quelli che sono i suoi incredibili mezzi: una veloce che tocca le 100 miglia all’ora e ha movimento e uno slider che sembra rotoli giù da un tavolo. Ma sono bastate una giocata fatta con troppa sufficienza da Cano su un pop di Altuve e una valida fortunosa di Solarte (che grazie agli infortuni trova spazio: i Padres si erano lamentati col Venezuela per il fatto che sta giocando poco…) per rendere Alcides Escobar il potenziale punto del pareggio. Sul settimo lancio, il famoso slider (a 86 miglia orarie) di Familia lo ha mandato a vuoto per il terzo strike e il ventisettesimo e ultimo out.

Questa notte si affrontano USA e Portorico

Il Venezuela è quasi fuori. L’unica sua speranza resta una vittoria su Portorico sabato sera, abbinata alle vittorie degli USA su Portorico (con anche molti punti segnati) questa notte (in diretta sul canale 204 di SKY) e della Repubblica Dominicana contro gli USA sabato notte (in diretta sul canale 205 di SKY), in modo da creare una parità a 3 con USA e Portorico. Ma l’eventualità sembra onestamente remota.

Ancora sul baseball italiano

Ho detto che parlerò di baseball italiano solo negli articoli sul World Baseball Classic. E ammetto che ne sto parlando più di quel che avevo pensato. Ma continuano (specie sui social network) i commenti sulla necessità di dare più spazio ai giocatori di scuola italiana per dare al Classic maggior valore.
Allora segnalo che ho già accennato al fatto che giocare di più, soprattutto a più alto livello, è l’unico modo per far crescere i giocatori italiani. Ripeto che, d’altra parte, l’Italia non può permettersi di uscire dal World Baseball Classic. E provo ad approfondire.
Non c’è un giocatore di alto livello della IBL che non sia convinto del fatto che sia necessario giocare di più. Ma mentre tutti si lamentano, nessuno indica una soluzione. Nel corso degli anni, ho sentito generici riferimenti a non finire la stagione troppo presto (ma controbatto: giocare per più settimane non significa giocare anche più partite), ma ho visto anche molti protagonisti del nostro massimo campionato alzare le braccia di fronte ai problemi di lavoro o familiari. Se vogliono influire sulla politica, credo che gli atleti debbano sfruttare i loro rappresentanti all’interno delle società (dei quali non ci si deve ricordare solo una settimana prima delle elezioni…) e, ancora di più, del Consiglio Federale. Ma sia chiaro, non so se una soluzione c’è.
L’unica strada che vedo è creare un campionato di alto livello con l’obiettivo di arrivare a giocare 4 partite a settimana nei mesi di maggio, giugno, luglio e agosto. Ma mi rendo conto che, con gli attuali chiari di luna, esprimo una posizione poco più che velleitaria. Sappiate però che mortificando il nostro massimo campionato, mai creeremo un ambiente nel quale si possa sviluppare una generazione di giocatori di scuola italiana capaci di confrontarsi a livello internazionale con i più forti. L’esempio del rugby e delle 2 Franchigie italiane emigrate nella Celtic League penso e spero possa insegnare.
A chi parla di aumentare la base dico infine che sì, il proposito è corretto. Ma è come dire che il Capitalismo funziona perfettamente in caso di piena occupazione. Per poi scoprire che al mondo non c’è paese evoluto senza disoccupati. Intendo dire: aumentare la base è un progetto lodevole, ma di non facile attuazione. Soprattutto, non in tempi brevi.