Quel che ho visto delle Filippine

Malesia, Indonesia, Filippine e Micronesia 2015-2016, VIAGGI

Le Filippine sono l’unico stato del Sud Est Asiatico a non avere confini terrestri. Onestamente, non pensavo ci sarei mai andato. Ma dopo la terrificante esperienza di qualche anno fa di un lungo viaggio dall’Europa alla Nuova Zelanda, avevo promesso che non avrei ripetuto l’errore. Scegliere le Filippine come tappa intermedia è stato vincente.

Josè Rizal, eroe nazionale filippino
Josè Rizal, eroe nazionale filippino

General è qualcuno, direbbero dalle mie parti.
E’ il corrispondente della nostra agenzia viaggi a Manila, città dalla quale originariamente avremmo solo dovuto transitare. Devo ammettere che provavo un po’ di rammarico, perché è fin dall’adolescenza che mi intriga moltissimo la sensazione che provo quando sbarco in un posto del quale ho parlato tanto e penso: “chi l’avrebbe mai detto, che ci sarei venuto sul serio”.
La prima volta a Manila siamo stati giusto il tempo per trasferirci da un Terminal all’altro dell’aeroporto internazionale e incassare il rum e il mango essiccato che sono l’orgoglio di questa nazione, tanto che le confezioni ostentano la scritta qualità da esportazione. La seconda volta, un po’ sotto stress per il disagio del viaggio di ritorno dalla Laguna di Chuuk (di cui al capitolo 1), all’inizio non trovavamo General. Che oltretutto non ci ha portato altro mango e rum (che per altro non avremmo saputo dove mettere) ma ci ha condotti in un albergo diverso da quello originariamente prenotato (il nuovo albergo si chiama Jen) e agitati con la notizia che non aveva ancora comprato il biglietto per Kuala Lumpur.
In compenso, a quel punto sapevamo già che le Filippine sono un arcipelago di 7000 isole e che si chiamano così perché l’esploratore Villalobos, che fu chiamato nel 1541 a stabilire una rotta definitiva tra il Messico e quelle che erano allora chiamate Islas de Poniente, decise di nominarle in onore del Re Filippo Secondo di Spagna.
La Spagna ha dominato le Filippine proprio a partire dal secolo sedicesimo. Il primo europeo ad arrivare nell’arcipelago fu per altro Magellano, un portoghese (in verità si chiamerebbe Magalhanes, ma ci dev’essere stato un momento in cui era necessario pretendere che tutti gli esploratori fossero stati italiani…) nel 1521. La linea di demarcazione tra possedimenti spagnoli e portoghesi nelle Indie Orientali fu stabilita solo nel 1539.
All’arrivo degli europei le Filippine erano abitate. Il primo popolo ad arrivare nelle isole fu quello dei Negritos (originari delle isole Andamane, sud dell’India), ma c’erano state anche influenze malesi e arabe.
Il movimento indipendentista filippino risale al secolo diciannovesimo ed è ispirato alla figura di Josè Protasio Rizal. Poeta e scrittore di lingua spagnola, aveva studiato a Madrid, Parigi e Heidelberg (la Germania era notoriamente il centro culturale del mondo occidentale, all’epoca). Abbastanza noto per i romanzi Noli me tangere ed El filibusterismo, venne accomunato al Katipunan, un’associazione separatista. Venne incarcerato e rinchiuso a Forte Santiago, nella città coloniale che gli spagnoli chiamavano Intramuros. Qui scrisse Mi ultimo adios, una poesia che è ritenuta un capolavoro della letteratura spagnola, ma che sfortunatamente nelle Filippine quasi nessuno oggi è in grado di leggere, visto che l’idioma è stato dimenticato.
Rizal nella sua poesia si diceva convinto che il suo nome sarebbe caduto nell’oblio. Cionostante, dice di dare la sua vita “sereno”   e che “altri son pronti la vita a te donare”.

L’ULTIMO ADDIO (metrica in Italiano di Rino Pavolini)       MI ULTIMO ADIOS

Uno degli accessi a Intramuros a Manila
Uno degli accessi a Intramuros a Manila

Il 30 dicembre 1896 Rizal venne giustiziato e oggi la giornata è festa nazionale. Altri raccolsero, come chiedeva, il suo messaggio. In particolare Andres Bonifacio ed Emilio Aguinaldo, protagonisti della guerra civile. Che però servì nella sostanza per sostituire alla Spagna il dominio degli Stati Uniti.
Le Filippine indipendenti nascono dopo la seconda guerra mondiale e vivono un periodo tumultuoso che le porta a diventare una Repubblica dal punto di vista strettamente teorico, visto che la stessa sfocia nella lunga dittatura di Ferdinando Marcos.
Oggi le Filippine hanno 90 milioni di abitanti, fanno parte dell’ASEAN, ma non hanno certo risolto il problema della povertà. Il PIL pro capite dà ai filippini un potere d’acquisto medio a persona di 4.000 dollari americani all’anno. L’Inglese è lingua ufficiale secondo la Costituzione, ma in verità la prima lingua è il Tagalog, curioso mix di vari idiomi. Proprio i Tagalog e i Bisaya (austronesiani) sono le etnie prevalenti.

A Intramuros si può visitare Fort P1070981Santiago. Sono interessanti anche da vedere la Chiesa di San Agostino (1600, la più antica in mattoni del paese) e la Cattedrale, che è un notevole simbolo della Fede dell’unico paese asiatico a prevalenza Cattolica. E’ stata infatti ricostruita ben 8 volte (la prima versione in bambu risale al 1571) e contiene una copia della statua del Cristo nero.
E’ un’altra storia incredibile, quella del Cristo nero. Arrivò su una nave che prese fuoco in porto. Miracolosamente non bruciò, venne solo annerito dalla fuliggine. Ogni anno il 9 gennaio Manila è attraversata da una processione guidata da questa statua e che coinvolge milioni di persone. Ce ne rendiamo conto tornando in taxi (“una persona costa 100 pesos, 2 fanno 200“…un euro vale 52 pesos) all’albergo e notando che molta gente sta assicurando le amache agli alberi per passare la notte.
Dentro a Intramuros si può tranquillamente girare a piedi, ma sarete tormentati da chi offre la gita sui risciò a motore o, peggio, a bordo di carrozzelle trainate da cavalli abbastanza imbolsiti.
Non è che Metro Manila offra granché altro. Ci parlano della più grande Chinatown del mondo, ma sinceramente mi è sembrata sporca e anche un po’ pericolosa. Il lungomare avrebbe velleità, ma è mal tenuto e la baia su cui si affaccia è resa poco appetibile per un turista dalla vicinanza del porto.
Non è un mistero che ci sia un altro tipo di turismo che va per la maggiore nelle Filippine. L’andirivieni di belle ragazze vestite da sera tra il night adiacente il nostro albergo e le camere, con la evidente compiacenza delle guardie di sicurezza, fa sorridere. I cartelli che avvertono di denunciare atteggiamenti sospetti nei confronti dei bambini un po’ meno.

P1070423Manila è sull’isola di Luzon, ma il primo contatto filippino (oltre che la prima bottiglia di rum e il primo sacchetto di mango) è stato per noi Cebu, la più grande delle Visayas, al centro dell’arcipelago. Trasferirsi dall’aeroporto alla stazione dell’aliscafo è stato sostanzialmente un incubo a causa di un traffico terrificante. In realtà Cebu ha diverse attrazioni, prima fra tutte Boljoon, a sud est, che è una nursery dello squalo balena. Sul tipo di quella che avevo visitato nella Bassa California.
Noi siamo diretti a Bohol. Abbiamo chiesto una spiaggia bianca e ci hanno mandato su una spiaggia bianca, quella del Bohol Beach Club. Che per la verità è su Panglao, un’isoletta collegata a Bohol da un ponte.
Bohol sarebbe famosa per delle colline che chiamano Chocolate Hill e che sono abitate dal tarsio, una scimmia piccolissima. Ma eravamo decisi a mantenere l’assetto tipico da spiaggia bianca: sveglia in tempo per la colazione, lettino, pranzo frugale (riciclando in sostanza i dolcetti della buona notte) e ancora lettino fino al tramonto. Con magari la variante di una seduta di massaggio.
A renderci ancora più determinati in questo è il trattamento da super lusso che il personale ci riserva. Inspiegabilmente, hanno per noi un’enormità di attenzioni e (lo ammetto…) non è che dispiaccia.
L’acqua davanti al Club è cristallina, anche se piuttosto bassa. Per tuffarsi bisogna camminare parecchio. Si entra in acqua con piena attenzione a evitare il corallo morto, che sarebbe doloroso sotto i piedi, ma nella laguna di corallo ce n’è parecchio anche di vivo e uno snorkelling con la maschera è assolutamente consigliabile.
A Bohol abbiamo passato la vigilia e il giorno di Natale. Nelle Filippine prendono il Pasko (il termine che significa Natale deriva dallo Spagnolo Pascua, curiosamente) molto seriamente, tanto che i giorni festivi sono ben 9: dal 16 al 25 dicembre. In questi giorni all’esterno delle Chiese vengono preparati e consumati dolci di riso (bibibinka e puto bunbong) e tutte le case sono ornate con lanterne (polar), che simboleggiano la stella cometa che ha guidato i Re Magi. Si beve il salabat, a base di zenzero.
La Messa di mezzanotte (Misa de Aguinaldo) prevede una sorta di recita: una coppia, che simboleggia Maria e Giuseppe, bussa alle case fingendo di cercare un ricovero per la notte (Panunuluyan). Dopo la Messa, la finta Maria depone un bambolotto nella mangiatoia e tutti intonano il Gloria. I Canti di Natale iniziano per altro a risuonare per strada a settembre.
Al Beach Club si cena con sontuosi buffet e accompagnati da musica dal vivo. Per la cronaca, sul mio diario annoto che questi gruppi sono dei cover killer.
Il piatto forte è il lechon baboy, maialino da latte. A mezzanotte della vigilia si officia il rito del countdown come se fosse l’ultimo dell’anno.

Un'apparizione del gigante
Un’apparizione del gigante

Lasciamo Bohol rendendoci conto che un attentato di estremisti islamici ha ucciso 9 persone nell’isola di Mindanao. Una delle 6 Regioni, il Mindanao musulmano, è autonoma.
Il Governo è impegnato nelle trattative di pace con il MILF (Moro Islamic Liberation Front; i moro, è rimasto il termine spagnolo, sono i filippini di origine araba) ma il BIFF (Bangsamoro Islamic Freedom Fighters) non accettano questa soluzione.
La stampa è polemica con il Presidente Benigno Aquino Terzo (classe 1960, è in carica dal 2010; è figlio di Corazon Aquino, colei che succedette a Marcos, e Benigno Aquino, ucciso nel 1983 perché si opponeva al dittatore), colpevole di un “immorale avvicinamento al MILF” e accusato di essersi circondato dei KKK (Kabbarilan, Kaklase, Kaliampi; compagni d’armi, di classe, alleati).
Il Presidente nelle Filippine è Capo di Stato e di Governo, sia detto per completezza.

La lettura del quotidiano mi porta a pensare che è meglio dedicarmi a fotografare Il Gigante. Si tratta del geco più grosso che io abbia mai visto e che vive dietro un quadro lungo le scale che portano alla nostra stanza del Bohol Beach Club.

7-CONTINUA

1-INIZIO DALLA FINE     2-MOMPRACEM NON E’ POI COSI’ VICINA
3-LA VISITA DI KUALA LUMPUR    4-SUMATRA, DOVE MORI’ NINO BIXIO
5-L’INCONTRO CON L’ORANGO    6-IL BAGNO DEGLI ELEFANTI