Quando ricordo con felicità di non essere stato felice

BASEBALL, LETTERATURA, MUSICA, SCHIROPENSIERO, SPORT

Nelle “Confessioni” Sant’Agostino scrive (cito a memoria): “A volte sono contento di ricordare di essere stato infelice e a volte non sono contento di ricordare di essere stato felice”. Agostino (che lo si ritenga Santo o meno) era una mente superiore e, come tutte le persone di un’altra categoria, riesce a colpirci con un concetto molto semplice. Quando noi ricordiamo qualcosa, non possiamo dimenticare come eravamo e cosa sentivamo quando i fatti succedevano.

Il concetto mi è stato chiarissimo quando, dopo tanti anni, ho riascoltato il disco dei Charles BaudelaireCure “Kiss me, kiss me, kiss me”. Si tratta di un vero e proprio capolavoro datato 1987 e che era rimasto occultato in una angolo della mia memoria perchè lo possedevo solo in vinile e ormai (pur avendo speso 48 euro per collegare il mio vecchio giradischi all’impianto che ho in casa) i dischi in vinile non li ascolto più perchè il fruscio di fondo mi disturba; le comodità, ci rendono noiosi….
Dopo aver scaricato tramite itunes il disco intero (18 canzoni, allora sembravano tantissime per un disco solo), mi è tornato alla mente il dolore quasi fisico che mi davano certi brani.

Ho passato settimane intere, alla fine del 1988, ad ascoltare tutti i giorni quelle canzoni, impegnatissimo ad analizzare i testi di Robert Smith, che anni dopo avrebbe confessato “Stavo veramente male, mentre scrivevo quel disco”.
Robert Smith è un autore molto colto. So che molti si sentono disturbati dall’idea che chi scrive canzoni pop possa essere colto. Ma Smith è un grande conoscitore della letteratura francese. La celebre “Killing an Arab” è ispirata a “Lo straniero” di Camus e “How Beautiful you are” è, di fatto, “Gli occhi dei poveri” di Charles Baudelaire, uno dei poemetti in prosa de “Lo Spleen di Parigi”.
Per qualcuno, “How beautiful you are” è la più bella canzone dei Cure. Non so se è vero. Io posso dire che è una delle più belle canzoni del loro disco più bello. E a me, ricorda in maniera drammatica una persona.
Quando ascoltavo la canzone nel 1988, di fatto mi facevo del male. Le parole mi entravano nella testa come una lama e dentro di me qualcosa si contorceva e mi provocava davvero un dolore fisico.
Ebbene, oggi “How beautiful you are” è solo una bella canzone che mi ricorda un momento della mia vita. E ricordandolo, l’altra sera sorridevo.Il centro di Ciudad Panama

Tornare a Panama mi ha fatto più o meno lo stesso effetto. Ricordo che nei 15 giorni del 2003 che ho passato a El Istmo ero molto felice. Ma ricordo con scarsa felicità di essere stato felice, perchè ho scoperto (mesi dopo essere tornato) che non una sola persona si era rivolta al mio datore di lavoro per lamentarsi del fatto che mi avesse mandato a Panama. Perchè dai miei articoli traspariva che mi stavo divertendo.

So che ho affermato che non avrei mai più detto “a me non succederà mai”. Ma faccio un’eccezione: a me non succederà mai di provare sentimenti o commettere azioni che così tanto possano mettere allo scoperto una dose così massiccia di miseria umana.