Per il bene del baseball: più istinto, meno scienziati!

BASEBALL, SCHIROPENSIERO, SPORT

I play off del baseball di Major League stanno per arrivare alle serie che assegnano il titolo di Lega, il cosiddetto pennant (parola che può essere tradotta in Italiano con scudetto).
Al momento in cui scrivo, si sa che che per l’American League i Detroit Tigers affronteranno la vincente di YankeesOrioles di venerdì 12 (ore 23 Italiane) e che per la National League la vincente di NationalsCardinals della notte tra venerdì e sabato affronterà i Giants di San Francisco.
Mi sono impegnato a vedere quante più partite possibile in una settimana nella quale mi sono potuto organizzare giornate e serate in totale solitudine e ho parecchio da dire. E lo dirò senza mezzi termini.

Partiamo da un mio Cavallo di Battaglia, la vicenda del closer.
I Cincinnati Reds erano in vantaggio 2-0 nella serie, giocavano in casa,Dusty Baker, manager dei Reds erano in parità al nono e hanno messo a lanciare Aroldis Champman. Che con la sua palla da 100 miglia all’ora, si è fatto un sol boccone dei Giants al nono. Salvo lasciare spazio a Broxton al decimo. E Broxton ha perso la partita. Chapman è poi tornato a lanciare sul 6-3 per i Giants in gara 5, conclusasi con la vittoria dei Giants e con una serie di occasioni sprecate dai Reds (le occasioni sprecate è il secondo Cavallo di Battaglia, ci arriviamo…). Ora voglio dire che:
1) Ma non potevi (sto parlando a Dusty Baker e al suo stuzzicadente, non proprio un’abitudine da Lord britannico…, in mezzo ai denti) lasciare Chapman in gara 3? Se vincevi, aveva fino a domenica per riposarsi. Così hai perso gara 3, hai perso gara 4 e hai perso gara 5. Bella prova…
2) Ma Broxton, c’è mai una volta che è salito a lanciare senza incasinare qualcosa, tipo colpire il primo battitore con il conto di 2 strike a 0?
Io ritengo che se si ha un pitcher come Aroldis Chapman  e lo si limita a 20 lanci, si ha un problema serio. Voglio dire: capisco che da partente non potrebbe lanciare costantemente a 100 miglia all’ora, ma 95 (con il suo slider e il suo tenedor, la split finger) penso che basterebbe. Litiga con il controllo? E quindi, lo mettiamo al nono con un punto di vantaggio o magari in parità?
La storia del closer, proprio mi disturba. Per un caso (Mariano Rivera) di pitcher che sembrava nato per quel ruolo, ora si pretende che ce ne siano 30 pronti alla bisogna. Rivera è un caso particolare, perchè ha un controllo esagerato e, soprattutto, usa un solo lancio (il cutter, una palla veloce che il battitore destro vede uscire, se lanciata da un destro). E’ difficile pensare che possa avere lo stesso successo affrontando un battitore 3 volte nella stessa partita. E comunque (World Series 2001), anche lui è successo che sia entrato in partita e abbia visto gli avversari rimontare. E’ successo anche a Dennis Eckersley (World Series 1988, il celebre fuoricampo di Kirk Gibson con una gamba sola), forse il primo vero closer specialista.
Io credo che iniziare a trasformare i lanciatori in rilievo dalla più tenera età sia un delitto. Perchè la realtà è che i lanciatori migliori si usano come partenti, che il primo rilievo è il meglio di quelli che sono in panchina e così via. Ogni altra spiegazione, suona offensiva. Ha ragione Michael Zambelli (lanciatore e aspirante Billy Beane italiano) quando dice che tenere il miglior lanciatore che hai per il nono è come tenere il miglior battitore che hai, non si sa mai che ti serva un pinch hitter al nono.

Io contesto la statistica delle salvezze. Se uno entra con 3 punti di vantaggio e ne subisce 2, firma la salvezza. Ma ha lanciato bene?
Io contesto l’ingresso del closer dopo che il set up man ha fatto 3 out con 10 lanci all’ottavo. Ma facciamo continuare lui! E’ già in partita, mentre il closer ci deve mentalmente entrare.
A me non piace questa idea che il partente fa 6 inning e poi hai uno per il settimo, uno per l’ottavo e uno per il nono. Ma che roba è? Mi sembra una partita di allenamento…
Davey Johnson, manaher dei Nationals ed ex skipper del Team USALa nazionale degli Stati Uniti di solito convoca 11 lanciatori per i tornei: 5 partenti da 6 inning e 2 batterie di 3 rilievi, ciascuno destinato a lanciare 1 inning. Roba che se vinci una partita al settimo o una si prolunga fino al dodicesimo, sei già in crisi. Per non parlare del caso in cui il partente deve uscire al quarto…

Diciamo che, partendo per una stagione di 162 partite nella quale si gioca ogni giorno, un certo grado di organizzazione e di specializzazione è comprensibile. Ma non esiste al mondo che in una serie di 5 partite determinate condizioni si debbano verificare per forza. Su 5 partite, le statistiche non valgono. Figuriamoci su una. Voglio dire: Yankees e Orioles tra qualche ora devono giocare per vincere quella partita lì. Gli Orioles hanno avuto il loro closer Johnson colpevole della sconfitta nella prima partita e del pareggio al nono degli Yankees nella terza. Se il partente di Baltimora arriva (poniamo) con 3 valide concesse e magari un bel 7 o 8 out consecutivi fatti, al nono diamo la palla a Johnson, perchè è il closer?
E il manager dei Giants Bochy, è convinto di aver eliminato i Reds perchè ha messo a lanciare il suo closer tuttounoslider Sergio Romo o perchè Angel Pagan gli ha preso una palla al volo incredibile con in base i punti del pareggio?

Quello che non mi piace del baseball di oggi è la pretesa che sia una scienza. A volte, sono le scelte non canoniche che fanno vincere. Tipo mandare in panchina uno che guadagna 30 milioni all’anno (Alex Rodriguez) e sostituirlo con un vegliardo pelato (Raul Ibanez) che batte il fuoricampo del pareggio e quello della vittoria (fatta da Joe Girardi, manager non convenzionale degli Yankees).
E soprattutto, se facciamo tutti uguale, viene meno anche il divertimento. Ad esempio, adesso hanno letto “Money Ball” e non fanno più bunt, a meno che in battuta non ci sia un lanciatore. Poi capita che Carpenter dei Cardinals mandi in foul malamente 2 bunt e spari un missile contro il muro quando gira la mazza. E pensare che i manager lo dicono sempre: “on a given day, anything can happen” (in una data giornata, può succedere di tutto). Figuriamoci in un dato turno alla battuta.

Insomma, io reclamo più creatività e più coraggio. Vorrei che i manager prendessero decisioni anche con l’istinto (gli americani dicono “with your guts”, con lo stomaco, la pancia). Pur essendo io un ammiratore di quelli che hanno un piano. Come Jim Leyland, il nonno manager dei Tigers, che certo ha i Cabrera e Fielder in battuta e Verlander in pedana, ma tende ad arrivare alla post season con qualsiasi squadra alleni, ormai da 30 anni.

Poi, ci sono anche i manager che non mi piacciono ed è colpa mia. Come Davey Johnson, l’altro nonno manager (Nationals). Che personalmente avevo dato per bollito fin dai tempi in cui era manager dell’Olanda (2003) e che ha gestito malissimo il Classic 2009 per gli Stati Uniti, ma che ha rivinto un Mondiale per il Team USA dopo più di 30 anni dalla prima volta, ha portato ai play off i Nationals nonostante gli abbiano tolto Strasbourg (il miglior pitcher) per il bene del ragazzo e del futuro dell’organizzazione. Soprattutto, Johnson (il manager che ha fatto smettere di giocare il top prospect Billy Beane), ha vinto nel 1986 con i Mets, ha portato alla post season i Reds nel 1995 e i Nationals nel 2012. Come dire, la continuità…

A proposito di Billy Beane: ai play off ci arriva, gli dedica un articolo il Corriere della Sera, ma il primo turno dei play off proprio non lo supera.

E a proposito di stampa, la visibilità di questa post season è enorme, anche in Italia. Dalle lenti a contatto rosse di Bryce Harper a Billy Beane, dalla Tripla Corona di Cabrera a Ibanez, dai walk off home run ai record di pubblico.

E a proposito, adesso chiudo perchè ho registrato gara 4 tra Yankees e Orioles. E vi lascio con 2 parole di Woody Allen: “Nel baseball io non trovo nessun significato particolare, ma è bellissimo da guardare”

1 thought on “Per il bene del baseball: più istinto, meno scienziati!

  1. Diciamo che, e non soltanto nel baseball, un buon manager soprattutto in condizioni di criticità deve adottare l’aurea regola: cosa che funziona non si tocca……
    E’ poi incredibile come, con un ‘closer’ sul monte, si invertano tutte le regole. Al nono sul 4-0, se becchi un homer da 2, non lasci il pitcher (vedi Valverde dei Tigers) a prenderne un altro. La rabbia di Cabrera, inquadrata in panchina, era la mia….

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