Peppe Mazzanti All Star Game 2016

Peppe Mazzanti: “È arrivato il momento di vivere un’estate senza baseball”

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Non avevo mai sentito parlare di Giuseppe Mazzanti quel pomeriggio del 2001 in cui mi accomodai nel parterre dello stadio Europeo di Parma. La Nazionale U-18, allenata dal canadese Dave Robb, stava preparando l’Europeo e giocò un’amichevole contro il Parma. Tornai a casa chiedendomi dove avevano nascosto quel bambinone che aveva battuto la palla oltre il tabellone segnapunti sia a Paolo Ceccaroli che a Massimo Fochi. E mi appuntai di far notare a tutta la redazione di Baseball.it che, visto che era di Nettuno, lo dovevamo chiamare Peppe, non Beppe.

Un primo piano di Peppe Mazzanti
Un primo piano di Peppe Mazzanti (Corrado Benedetti)

Peppe, ti ricordi quei 2 fuoricampo?
“Altro che. E non solo io. Recentemente ho partecipato a un Camp assieme al Ciga (Paolo Ceccaroli, n.d.a.). E’ stato lui a ricordarmelo. Mi ha detto che dopo il fuoricampo è tornato nel dugout e per chiedere chi era quel bimbone…”.
Cos’altro ricordi di quel giorno?
“Per me, era stato un fuoricampo come un altro. Ma quando sono arrivato nel dugout dopo il giro delle basi, Robb mi ha accolto inginocchiandosi. Allora mi son detto che avevo fatto qualcosa di importante”.

Che anno, quel 2001. La Nazionale ha vinto l’Europeo U-18, cosa che non accadeva dal 1995. E tu firmasti per i Seattle Mariners.
“Ricordo che giocavo in Serie B nel Nettuno2 allenato da Guglielmo Trinci e anche nella U-18. Quindi, facevo 3 o 4 partite alla settimana”.

Torniamo ai Seattle Mariners.
Gary Davenport” tecnico azzurro e scout dei Giants, oltre che ex giocatore del Nettuno, n.d.a. “mi aveva fatto una proposta per firmare per i San Francisco Giants, ma non avevamo formalizzato nulla perché non aveva a disposizione i contratti. All’Europeo in Spagna mi avvicinò Mauro Mazzotti e disse che i Mariners erano pronti a firmare il giorno stesso. Considerando che in squadra c’era Francesco Imperiali, un altro nettunese, ho detto sì”.

Hai accettato, ma l’avventura è durata solo una stagione (2002) di Rookie League, 34 partite in tutto.
“L’ultimo giorno ero stato chiamato per un colloquio e mi era stato detto che sarei tornato per la stagione successiva. In inverno però mi chiamò Mazzotti per dire che c’era stata una riduzione dei visti e che io e Imperiali eravamo stati rilasciati”.
Cosa non ha funzionato? Sei andato troppo presto?
“Mah, se avessi avuto un paio d’anni di più, forse sarei riuscito a fare meglio. Forse avrei dovuto aspettare i Giants. Pensa che quando sono rientrato dall’Europeo, ho trovato il contratto di San Francisco nella posta”.
E non hai avuto altre opportunità?
“Davenport mi aveva proposto di andare allo Spring Training 2003, ma non c’era una garanzia che avrei firmato. Non me la sono sentita”.

Adesso è finita. La decisione è definitiva?
“All’inizio del campionato 2021, avevo parlato con la società e i compagni e detto chiaro che sarebbe stato il mio ultimo campionato. Alla fine della stagione il club mi ha chiesto di ripensarci e devo dire che mi avevano quasi convinto. Mi stuzzicava l’idea di non lasciare alla fine di una stagione non proprio positiva. Ma pensandoci bene, mi sono detto che era il momento di dedicarmi più alla famiglia che al baseball”.
Non ti hanno proposto di fare il coach?
“Sì, ma non voglio un impegno quotidiano. Se avessi la volontà di impegnarmi tutti i giorni, avrei continuato a giocare. Almeno per un anno, lasciatemi godere un’estate senza baseball”.

Ti ritiri come settimo giocatore di tutti i tempi come presenze in Nazionale. Ti sei fermato a 122, 2 in meno di Giorgio Castelli.
“Ho iniziato a giocare in Nazionale al Mondiale del 2003 a Cuba, con Giampiero Faraone allenatore. Ricordo che mi guardavo intorno, vedevo che ero in squadra con giocatori come Liverziani, Frignani, DiPace, che erano miei modelli, e mi dicevo che stavo vivendo un sogno”.

Peppe Mazzanti (Ezio Ratti)
Peppe Mazzanti all’esordio in Nazionale nel 2003 (Ezio Ratti)

Hai partecipato alle Olimpiadi del 2004, ma non sono stati anni bellissimi, come risultati.
“Sono stati anni difficili. Soprattutto, mi brucia ancora il fallimento dell‘Europeo 2007“.

Sei rimasto un punto fermo anche con il cambio alla guida tra Faraone e Marco Mazzieri.
“Con Mazzieri è iniziato un ciclo di vittorie. Al World Baseball Classic 2009 abbiamo battuto il Canada a Toronto, poi abbiamo vinto l’Europeo 2010 e siamo arrivati terzi all’Intercontinentale“.
Il World Baseball Classic lo giocasti da titolare in prima base.
“Alla fine sono stato il miglior battitore dopo DeNorfia, una gran soddisfazione”.

In quegli anni eri il miglior battitore del campionato. O esagero?
“Nel baseball è tutto scritto, i numeri non mentono. Non posso dire che stai esagerando…”.
Il Nettuno però non vinse lo scudetto, pur avendo giocato la finale nel 2007, 2008 e 2011. Cos’è mancato?
“Le finaliste erano squadre dello stesso livello. Forse noi siamo stati penalizzati da qualche scelta tecnica azzardata. Ma non fraintendermi, Ruggero Bagialemani era un manager che ti tirava fuori tutto quello che avevi. Direi che si sentiva ancora uno dei giocatori”.

Ripensando a quegli anni, per te il baseball cos’era?
“Era il mio stile di vita. Da quando sono andato negli Stati Uniti, per 8-9 anni ho continuato ad allenarmi tutti i giorni anche in inverno. Forse ho chiesto troppo al mio fisico, infatti nel 2009 ho avuto un problema alla schiena.”
Sei pentito per tutta questa dedizione?
“Nello sport se vuoi crescere c’è solo la strada del sacrificio. Per diventare un atleta di primo piano, devi fare rinunce. Hai 20 anni, ma devi rinunciare al sabato sera fuori e non puoi fare le vacanze con gli altri”.

Per vincere lo scudetto, te ne sei andato da Nettuno. Com’era la vita da pendolare?
“Gli anni di Rimini” il 2014 e 2015, con scudetto nel secondo campionato, n.d.a. “sono stati i più duri. Mi allenavo a Nettuno o Anzio, il venerdì prendevo 2 ore di permesso dal lavoro e saltavo in macchina. La domenica mattina ero a Nettuno. Quando giocavo a Bologna” il 2018, con scudetto al primo colpo, n.d.a. “era meno faticoso. I Frecciarossa rendono tutto più facile”.

Hai giocato le ultime 3 stagioni a Nettuno, nel 2019 con il Nettuno Baseball City e nel 2020 e 2021 con il Nettuno 1945. Gli anni gloriosi sembrano purtroppo lontani.
“Purtroppo, le forze si sono divise su 2 società. Ma la generazione dei Giordani e dei Mercuri ha delle potenzialità”.
Del campionato più in generale cosa pensi?
“La formula mi lascia perplesso. Lo scorso anno noi non abbiamo mai affrontato il Parma e il Bologna. Diciamo che questo mi ha aiutato a smettere”.
Non facciamo come gli anziani, che ai nostri tempi il livello era più alto….
“Negli anni tra il 2007 e il 2009, il livello era un’altra cosa. Ma solo nel 2018 il campionato era ben diverso. Quel Bologna è forse la squadra più forte nella quale io abbia giocato”.

Per chiudere, torniamo alla Nazionale. Anche qui sono arrivate delusioni.
“Il ciclo vincente di Mazzieri era fondato su un gruppo. Secondo me, inserire giocatori all’ultimo momento paga solo se quei giocatori sono davvero in grado di fare la differenza. Se no, meglio dare spazio ai giovani italiani”.
C’è da preoccuparsi per una Nazionale che esce in semifinale all’Europeo contro Israele?
“Speriamo sia stato un anno di transizione. Inserire i giovani non è sbagliato. L’unica strada è far crescere i giovani italiani. Comunque, quandi ci si prepara a commentare i risultati, bisogna essere consapevoli del livello che si esprime”.

Giuseppe Mazzanti con la maglia della Nazionale
Peppe Mazzanti ha giocato 122 partite in Nazionale dal 2003 al 2019 (Corrado Benedetti)