Non mi piace la strategia di comunicazione del Milan

CALCIO

Devo dire la verità: ci sono parecchie cose che non mi piacciono, nella gestione societaria di questo Milan targato Elliott. In particolare, non mi piace la strategia di comunicazione.
Dal Milan azienda non si sa nulla e le comunicazioni ufficiali sul Milan squadra arrivano quando le notizie sono ormai di pubblico dominio.

Questo, mi si può contestare, è esattamente come tutti i club di calcio professionistico in Italia comunicano. Le notizie non arrivano mai per via ufficiale, ma sono affidate ai giornalisti vicini al club. Ma questo non vuol dire che sia un modo corretto di comunicare.

Parlando di Milan, è letteralmente venuta a noia la telenovela sul futuro dell’allenatore Gattuso e sul nome del suo eventuale sostituto.
La noia sarebbe, naturalmente, il minore dei problemi. Ma il clima di incertezza attorno all’allenatore (che, come giustamente notava lui domenica, dura dal pre-campionato…) non ha certo aiutato la squadra. Per un tecnico non è semplicissimo farsi seguire da campioni che guadagnano il doppio di lui se opera in condizioni ideali, figurarsi cosa succede se le voci gli tolgono autorevolezza.

A proposito di voci: quelle sul Fair Play Finanziario più che noia provocano ansia. E trovo personalmente assurdo che una società importante come il Milan, che ha alle spalle una proprietà che cavalca i mercati finanziari come se fossero i tori di un rodeo, non senta il bisogno di chiarire al popolo dei tifosi come stanno realmente le cose.

Il mio non è un discorso sentimentale. I tifosi il Fondo Elliott li dovrebbe vedere per quello che sono: una delle principali risorse del club.

Il Milan oggi paga l’incompetenza della gestione Galliani-Famiglia Berlusconi. A partire dal 2012, senza più la potenza di fuoco delle aziende del Capo, il Geometra ha annaspato. Ha riempito la rosa di giocatori strapagati ma di dubbio valore, vincolandoli con contratti a lunghissimo termine. Sul mercato si è affidato alle conoscenze (specie quelle dei procuratori) anziché alle competenze.

Non mi è onestamente chiaro come il mondo milanista abbia tollerato anni di disastri e ora non intenda concedere seconde chance a nessuno. Ma di questo posso solo prendere atto.

Ho pensato di scrivere oggi, perché ancora non si sa cosa succederà. Io non vivo la società e neanche la squadra. Giudico quindi dall’esterno e con le informazioni che sono pubbliche. Ma voglio comunque azzardare qualche opinione.

Una delle poche cose che la società ha detto ufficialmente è che vuole portare il Milan ad avere una gestione sostenibile. Con l’attuale fatturato, una gestione sostenibile significa dare un bel taglio al monte stipendi. Questo significa diminuire la rosa e affidarsi a giocatori giovani.
Come tifosi, ovviamente, potremmo essere portati a storcere la bocca. Ma sostenibile, significa che i ricavi coprono i costi. E se i ricavi sono 200 milioni di euro, un monte stipendi di 150 non è sostenibile.

Rientrare nei parametri del Financial Fair Play potrebbe non avere troppo a che fare con il progetto di sostenibilità economica. In questo senso: anche realizzare clamorose plusvalenze e portare il bilancio al pareggio a giugno 2020 servirebbe a poco. Una gestione in cui i ricavi palesemente sono inadeguati ai costi finirebbe con il riproporre esattamente la stessa situazione.

Ovviamente, la qualificazione per la Champions League aiuterebbe, visto che il torneo garantisce 50 milioni di ricavi a stagione. Ma il Milan deve comunque cambiare rotta. Con l’attuale fatturato, non può permettersi di pagare uno stipendio da oltre 6 milioni a stagione al portiere titolare e più di 3 alla sua riserva. Né si sarebbe potuto permettere di avere in rosa uno strapagato Higuain.

Per altro, l’Atalanta di quest’anno dimostra che non è necessario avere a libro paga le stelle che fatturano come aziende, per lottare per un posto in Champions League.

Certo, siamo il Milan. Siamo stati “il club più titolato al mondo”. Ma era decisamente un altro mondo.

Se poi domani Paul Singer dirà che ha risolto tutte le questioni con la UEFA e intende investire centinaia di milioni a fondo perduto, sarò il primo a essere contento.