Un giornalista ha come missione primaria quella di raccontare la verità. Come affermazione, capisco che possa sembrare impegnativa, sia per i ricorrenti casi di giornalisti che sposano una causa e decidono di smetterla di raccontare la verità, sia per il fatto che quello di raccontare la verità è un impegno mica da ridere.
Più modestamente, e più realisticamente, quello che un giornalista può fare è cercare di avvicinarsi il più possibile alla verità. Per farlo, ha molti mezzi a disposizione. Il primo è la verifica delle informazione che raccoglie quando si appresta a divulgare una notizia.
Premesso questo, torno su una storia e poi voi concluderete:
1) se è poi così difficile fare buon giornalismo
2) se, come giornalisti, siamo messi bene.
Buon giornalismo?
Il sito StadioTardini, al quale collaboro regolarmente, pubblica l’8 maggio un mio articolo su Mike Piazza, Presidente della Reggiana calcio. Conosco Piazza di persona e racconto i miei dubbi sul suo impegno nella Reggiana, oltre ai tentativi che ho fatto per dissuaderlo dall’investire nel calcio italiano.
Sulla Gazzetta di Reggio (a firma Andrea Munari) appare un articolo che attribuisce “all’ex dirigente della Federbaseball Riccardo Schiroli” (che sarei io) la voce di una intenzione di Piazza di lasciare la Reggiana.
L’autore dell’articolo con me non ha parlato, quindi può aver dedotto la “voce” solo leggendo l’articolo. E leggendolo male, perché nell’articolo io scrivo: “Piazza non risponde ai miei messaggi e non ho conferme” e lui riporta che mi “ergo” a “grande amico di Piazza”.
Molto probabilmente, qualcuno (ho più di qualche sospetto, ma non è questo il punto) ha riferito a Munari dell’articolo e quest’ultimo ha costruito il suo pezzo sul sentito dire.
Contattarmi sarebbe stato facilissimo, visto che ho profili Facebook, Twitter e Linkedin e sono sull’elenco del telefono. Senza contare il fatto che dal menu di questo sito (il dominio porta il mio nome ed è agevolmente rintracciabile con una ricerca Google) si arriva alla pagina UTILIZZO DEL SITO E CONTATTI, dove si trovano le istruzioni per raggiungermi. E c’è anche un altro fatto: probabilmente la fonte di Munari (colui che gli ha raccontato del mio articolo) ha il mio numero di telefono.
Quel che in definitiva Andrea Munari ha fatto è stato un tentativo (maldestro) di sviare l’attenzione dei tifosi dai problemi veri e concreti della Reggiana calcio (il suo stesso giornale parla di “divisioni all’interno della società”) e attirarla su un nemico bagolone (come a Reggio Emilia veniamo definiti noi parmigiani; significa bugiardo, ma nel senso del pescatore che bara sul peso di quel che ha pescato) proprio nei giorni successivi a una sconfitta nel derby, che le 2 tifoserie sentono molto.
Sia chiaro, non è che stiamo parlando di una Questione di Stato. La vicenda è piccola e non entrerà nei libri di Storia del Giornalismo. Però esemplifica bene come un giornalista non dovrebbe comportarsi. Anche perché, fare le cose per bene sarebbe stato facilissimo.
Evidentemente, non è poi così facile fare buon giornalismo
Gli esempi di come un giornalista non dovrebbe operare sono per altro quotidiani, specie quando si scrive di calcio. Martedì 30 maggio ci sono stati siti internet che hanno titolato: “Il rinnovo di Montella ora è un giallo” minuti prima che il Milan iniziasse una irrituale diretta Facebook della cerimonia della firma.
Oggi diversi siti hanno ripreso la bufala che, stando a fonti africane, Kessié (che sta svolgendo le visite mediche per il Milan e ha giocato un eccellente campionato con l’Atalanta) avrebbe più anni di quelli dichiarati.
A proposito di come non si fanno le cose, la Gazzetta di Reggio non ha pubblicato (anche se sarebbe tenuta a farlo…) la lettera di rettifica che ho inviato, ma ne ha semplicemente fatto uno spunto per un articolo. Anche qui, fare le cose per bene sarebbe stato molto facile.
E poi ci lamentiamo per il fatto che i giornali perdono copie?