Lasciata Rio, il mio viaggio in Brasile ha iniziato a essere dedicato alla natura e agli animali
Gilberto detto Gil si è capito subito che era un grande. Ci è venuto a prendere all’aeroporto di Campogrande esponendo, anzichè il consueto cartello, un I-Pod con la scritta Pantanal Adventures come salvaschermo.
Campogrande (pronuncia ovviamente grangi) è la città da cui di solito partono le gite per il Pantanal, la più grande pianura alluvionale del mondo (150.000 chilometri quadrati), riconosciuta come riserva della biosfera e patrimonio dell’umanità. Stando alla guida Lonely Planet, il Pantanal è la zona migliore al mondo per osservare gli animali, assieme a Yellowstone negli Stati Uniti e al Serengeti in Tanzania. A Yellowstone non sono andato, ma al Serengeti ho passato una giornata indimenticabile il 26 dicembre del 2013. Quindi sono andato nel Pantanal con notevoli aspettative.
Per il momento però torniamo a Giu.
Parla l’Inglese benissimo e infatti confessa: “Ho vissuto 5 anni in Canada“.
Quando gli ho chiesto per fare cosa, mi ha spiegato che ha giocato a calcio “Nei primi anni ’80“.
Che io sappia, l’unico campionato professionistico che c’era in quegli anni in Nord America era la NASL (North American Soccer League), nella quale militavano squadre canadesi di Edmonton, Calgary, Toronto e Vancouver. Stoltamente, non mi sono appuntato in che squadra ha giocato il nostro, ma un’ampia ricerca su internet mi ha portato in questi giorni a concludere che in nessuna squadra canadese hanno giocato brasiliani tra il 1980 e il 1984, anno in cui la NASL è fallita.
Non è stata naturalmente l’unica informazione imprecisa fornita da Gil, che ci ha mollati in un albergo (Hotel Nacional: “It’s a little basic”) in cui il personale parlava solo Portoghese (e con gli stranieri comunicava attraverso il traduttore di Google; bisogna riconoscerlo: ingegnosi), ci ha fatto preparare dei panini come pranzo al sacco direttamente al ristorante del Nacional nonostante un minaccioso cartello intimasse di non far uscire cibo dalla sala della colazione, ci ha detto che non potevamo pagare la sua agenzia con carta di credito perchè l’hotel nel Pantanal non accettava carte di credito e invece l’hotel tendeva a guardarti male se pagavi in contanti.
“Non è esente da critiche” è la lapidaria sentenza della Guida Lonely Planet su Gil (pronuncia: Giu).
L’hotel Passo do Lontra è a circa 5 ore di strada da Campogrande. La distanza la si percorre con un comodo pullmino guidato da un tizio giovanile ma non giovane, con un taglio abbastanza punk (nuca rasata, ciuffo ribelle) dei suoi capelli ossigenati. Il tizio parla (regolare) solo Portoghese. E, come spesso accade ai brasiliani che non sanno lingue diverse dalla loro, con gli stranieri si esprime a gesti. Ammetto di avere avuto il sospetto che fosse sordomuto fino a quando non ci siamo fermati in un autogrill e l’ho sentito parlare con il personale. All’area di sosta ho anche imparato un furbissimo sistema per il pagamento: all’ingresso vi consegnano un aggeggio sul quale vengono annotate (elettronicamente, leggengo il codice a barre) tutte le spese, poi si fa un conto unico alla cassa. Ovviamente, l’ho usato correttamente solo nel viaggio di ritorno.
Notorius (così soprannominato per l’ardita tinta dei capelli) si comportava da habituè nell’area di sosta, così ho iniziato a indagare sul suo servizio di trasporto. Al termine della permanenza nel Pantanal scoprirò che il nostro si fa avanti e indietro tutti i giorni. Quindi il tempo che trascorre alla guida è di un bel 10 ore quotidiane. A parte i pullman a lunga percorrenza (andando da Campogrande al Pantanal si va verso la Bolivia e il Paraguay, paesi nei quali si estende la pianura alluvionale), non si ha notizia di altri mezzi di trasporto oltre al pullmino di Notorius. Che carica di tutto e di più. Per i turisti fa servizio personalizzato, con trasporto fino all’hotel, per gli indigeni ha un paio di fermate: all’autogrill già citato e alla Rodovia (stazione degli autobus).
Il punto di incontro con il personale dell’hotel, che forse è più che altro un lodge, è un piazzale polveroso. Abbiamo incontrato la nostra guida (“Che è cresciuta lì e parla Inglese”, come aveva detto Gil. Che però si era scordato di citarne la caratteristica principale: non dice una parola più del necessario, al punto che devo ancora sapere il suo nome) e ci siamo portati verso il lodge con un mezzo di quelli classici da safari, aperto ai lati per consentire a chi viaggia di osservare a destra e sinistra.
Il viaggio verso il Lontra è stato sicuramente promettente, visto che abbiamo incrociato subito le cicogne Jabiro (simbolo del Pantanal) e una famiglia di lontre. Giunti a destinazione, dietro il nostro bungalow brucava tranquillo un maschio di cervo con un palco di corna sensazionale.
Questi avvistamenti non mi hanno però emozionato. Io nel Pantanal ci sono voluto andare perchè è il posto migliore al mondo per vedere il giaguaro, il più sfuggente tra i grandi gatti del mondo. Lo dico subito: non lo abbiamo visto.
I mesi migliori per vedere un giaguaro sono quelli che vanno da luglio a ottobre, quando non piove e quindi i felini sono costretti ad arrivare fin sulle rive dei fiumi per bere. Come in questo filmato, nel quale un maschio di giaguaro fa fuori un caimano. E che mi ha provocato test’è un clamoroso attacco di invidia.
L’animale che è certamente più presente nel Pantanal a fine dicembre è la zanzara. Non è assolutamente consigliabile avventurarsi nelle passeggiate attraverso la giungla in maniche corte, nonostante il caldo, o a capo scoperto (almeno, se avete un’acconciatura tipo la mia). E che le maniche lunghe non siano di cotone, perchè le maledette pungono senza pietà, attraverso i tessuti leggeri. La guida, non a caso, indossava una mimetica e si cospargeva continuamente di repellente i pochi centimetri di pelle che lasciava scoperta.
Nel Pantanal i safari sono di 2 tipi: o in barca o a piedi. Per raggiungere il sito del safari a piedi il 22 dicembre abbiamo fatto 2 ore di camion sotto un’acqua micidiale. Pioveva tanto che sembrava non dovesse smettere mai e la guida aveva sentenziato che sarebbe stato difficile avvistare animali. Per la verità, le pozze d’acqua lungo la transpantaneira pullulavano di Caimani e abbiamo anche avvistato una famiglia di Capibara, curiosi roditori giganti. Il nostro gruppo era composto da una coppia di francesi e da una ragazza austriaca decisamente giunonica, addirittura capace di far sorridere la guida sfinge, che la chiamava bellezza (proprio così: evidentemente in Italiano e Portoghese si dice uguale). La prosciuttona è in Brasile da 6 mesi e viaggia da sola, ma in gruppo prima del safari non era mai stata sola, visto che nei giorni precedenti le si era appiccicato un Tedesco verboso.
La passeggiata nella giungla (zanzare e fango a parte) è stata molto piacevole. Ho osservato con interesse il fico strangolatore (ficus watkinsiana), un vero e proprio parassita delle altre piante, alla base delle quali pianta le sue radici e finisce con il soffocare.
Nel Pantanal non si vedono tantissimi mammiferi. Le Scimmie urlatrici sono sempre presenti e si sentono ripetutamente. Avvistarle non è però sempre scontato. L’Aguti, una specie di scoiattolo, ogni tanto salta fuori ma per fotografarlo ci vuole una certa fortuna. La guida dice che è fondamentale per l’ecosistema.
I volatili, specie gli Aironi, sono invece ovunque. Chi ama il bird watching, qui si può sbizzarrire. Peccato solo che il Tucano tenda a volare altissimo e non sia affatto facile da riprendere o fotografare.
I safari in barca sono bellissimi. Però, se vi chiedono se interessa fare un po’ di canoa, accertatevi che i 2 passeggeri siano compatibili a livello di peso. Io e mia moglie, ad esempio, abbiamo fatto circa un metro, prima di volare nel Rio Miranda. Che lì per lì, prima di mettersi a ridere, si ripensa a quel caimano che prendeva il sole sulla riva o ai piranha rossi che avete pescato. Ma in verità, non si hanno notizie di persone attaccate dai caimani nel Pantanal e gli stessi piranha è ben difficile che se la prendano con le persone. Ma mi rendo conto: quest’ultima affermazione smentisce qualche leggenda metropolitana, quindi annuncio fin d’ora che il prossimo articolo di questa serie lo dedico ai piranha, recuperando anche i ricordi del viaggio in Ecuador e anticipando qualcosa dell’Amazzonia.
A rovinare in parte il safari in barca al tramonto ci ha pensato la seconda guida Luis, che è riuscito a ingolfare la barca. Fatti 2 metri a fatica, la barca si è spenta e non voleva ripartire. Sono dovuti venire a recuperarci e abbiamo rischiato di perdere la suggestione del tramonto. Ai limiti della rivolta, Luis è riuscito a individuare un caimano nascosto nel fogliame e la situazione è tornata alla calma.
Campograngi non è proprio una città piena di attrattive. Ha 900.000 abitanti, quindi mette a disposizione molti servizi, senza per altro proporre un ristorante decente che sia uno. Sono quasi tutti ristoranti a buffet libero, a prezzi veramente stracciati (dai 3 ai 6 euro a persona).
In compenso, lì abbiamo scoperto il primo buffet con prezzi differenziati tra uomo e donna. C’è sempre da imparare.
Il mio Brasile 5- continua
1-La Storia 2-Leggendo i ‘Versi Satanici’ di Rushdie
3-Ipanema e Copacabana 4-Ultimo ricordo di Rio