Torniamo al viaggio vero e proprio in Brasile. La prima tappa è stata Rio de Janeiro. Che propone talmente tante attrattive da richiedere 2 articoli. Questo è il primo.
Amerigo Vespucci aveva capito che la Florida non era il Giappone, ma quando il primo giorno del 1502 arrivò con Gaspar de Lemos alla Baia di Guanabara, non capì di essere sul mare. Credeva di navigare su un fiume (in portoghese rio) e, prendendo anche atto del fatto che era iniziato il mese di gennaio (in portoghese janeiro), Rio de Janeiro fu scelto come nome della città che fu fondata nel 1565 e, a partire dal 1763 e fino alla nascita di Brasilia, sarebbe stata la Capitale del Brasile. Gli indigeni Tupi sono invece i responsabili dell’aggettivo carioca, che definisce gli abitanti di Rio. Nella loro lingua Kara Iwa significa “uomo bianco” e Oka vuol dire “casa”. Quindi, carioca significa casa dei bianchi o qualcosa di simile.
Rio è notissima, soprattutto per le spiagge di Copacabana e Ipanema. Quando, appena arrivato, ho scritto su Facebook che mi apprestavo a fare il primo giro per Ipanema, sono stato raggiunto da una serie di insulti. Per molta gente, si tratta insomma di un luogo leggendario e da sogno. Che non è una definizione lontanissima dalla realtà. Tra Ipanema e Copacabama (ma nemmeno si può escludere Leblon) si sommano chilometri di spiaggia bianca sui quali girano in continuazione venditori di tutto: occhiali da sole, pareo, copricapo, cibarie. Uno dei generi più in voga per una pausa dal sole sono pezzetti di formaggio che vengono cotti su una griglia portatile e serviti ricoperti di origano. Ma si possono comprare anche gamberetti o dei volgari gelati, che in portoghese sono sorvetes. Gelado è un aggettivo e significa ghiacciato.
Con le cose fredde, i brasiliani hanno un rapporto morboso. Specie la birra, la tengono in frigo a temperature sotto lo zero e la servono inserendo la bottiglia in un aggeggio (non sanno nemmeno loro come si chiama, quindi azzardiamo un custodia per bottiglia) per mantenere la temperatura. Per bere una birra a temperature più europee, l’alternativa è ordinare un chop (pronuncia sciop), ovvero una birra alla spina.
Il sole d’estate è feroce, a questa latitudine. Quindi in spiaggia non si può stare senza quella che a Rio chiamano barraca (attenzione a pronunciare bahaca) e che in altri luoghi diventerà parasol. Parlo dell’ombrellone. Ci sono diversi soggetti, quasi certamente abusivi, che vi noleggiano quel che volete (quando esauriscono la loro dotazione, chiamano amici e parenti a farsi portare ombrelloni d’emergenza…). I prezzi sono generalmente piuttosto bassi, anche se c’è il sospetto che oscillino a seconda di quanto i venditori vi ritengano consapevoli delle vere tariffe. Appena arrivati in Brasile si capisce subito che le differenze di stile di vita sono drammatiche. A Copacabana si può mangiare con pochi euro o anche farsi allegramente spennare come potrebbe succedere in Italia o in Francia. E il bello è che può succedere mangiando sostanzialmente le stesse cose. Il classico churrasco, ad esempio, ha davvero tante declinazioni. A volte è abbinato ai buffet e costa 5-6 euro, a volte è un ristorante a pieno titolo e spenderete almeno 10 volte di più.
Quello dei buffet è il primo chock culturale carioca, soprattutto indotto da quelli a peso (a quilo). Dovete riempire il piatto, metterlo su una bilancia (dove c’è indicato il valore della tara) e pagare. A noi italiani, che tendiamo a fare un piatto per la pasta, uno per la carne e uno per la verdura, ci guardano un po’ male. Ma non si formalizzano più di tanto. Certo, il classico buffet all you can eat ci è più familiare, ma anche incappando in quello si ha a che fare con una cosa ben curiosa: se prendete qualcosa e non lo mangiate, ve lo fanno pagare a parte!
Comunque, per cenare con il cameriere che vi serve e tutto, conviene puntare su Ipanema, e più precisamente sulla zona compresa tra le strade Vinicio de Moraes e Texeira. Non è sempre facile trovare posto (e neanche prenotare, a essere sinceri), ma ci sono locali per tutti i gusti.
Tra Leblon, Ipanema e Copacabana si potrebbe tranquillamente già passare una splendida vacanza. Oltretutto, tutti questi pericoli sui quali ero stato messo in guardia, onestamente non li ho visti. E’ vero che a poca distanza da Copacabana ci sono parecchie favelas, è sicuramente vero che parecchi giovani da lì vanno verso le zone battute dai turisti con intenzioni bellicose, ma l’impressione è sempre che è sufficiente tenersi lontano dai guai, per rimanere sufficientemente sicuri.
A me la zona veramente pericolosa è sembrata quella delle baraccopoli adiacenti l’autostrada che porta all’aeroporto. Che ci fossero poliziotti in assetto da guerra e col colpo in canna a presidiare i buchi nel guard rail mi fa in effetti pensare che in passato ci possano essere stati veri e propri assalti a mano armata alle auto.
La zona delle spiagge a me è sembrata sicura. E anche molto brasiliana, con bimbi delle scuole di calcio che giocano a piedi nudi e, soprattutto nel tratto da Leblon a Ipanema, diverse stazioni per fare esercizi fisici. Addirittura, è disponibile un professional di educacion fisica. Che presumo si faccia pagare.
Sia poi chiaro: se siete uomini di mezza età e approcciate una bella mulatta di 18-20 anni, lei vi invita a rivedervi alle 2 della notte chissà dove, ci andate, vi presentate ostentando un Rolex da 10.000 euro e vi derubano, non avete diritto a stupirvi più di tanto.
A Ipanema alloggiavo alla Posada Bonita, che si vanta di essere stata la residenza del grande compositore brasiliano Antonio Carlos (detto Tom; gli hanno intitolato l’aeroporto internazionale di Rio) Jobim. Non a caso, una delle canzoni più famose di Jobim è la meravigliosa Garota de Ipanema (La ragazza di Ipanema). Su YouTube si trova un filmato in cui Jobim canta dal vivo in Italia con un anziano Vinicio de Moraes. Ne esiste una versione in Inglese in cui Jobim, che all’apice della fama si era trasferito a New York, dove morirà nel 1994, duetta nientemeno che con Frank Sinatra).
Non è che abbia stanze bellissime, la Bonita. Ma certo, alloggiando lì si entra nel clima di Ipanema. Particolare non secondario, la Posada si trova a 2 passi dal capolinea (General Osorio) della linea 1 della metropolitana. Da lì (corsa singola circa 1 euro) si va ovunque.
Ho detto che tra Leblon, Ipanema e Copacabana si potrebbe passare già una vacanza, ma un 3 giorni per visitare Rio, spiagge a parte, io me li terrei, anche senza visitare musei. Ma ne parliamo in un altro articolo.
Vorrei chiudere questa puntata parlando del mio rapporto con la lingua portoghese. Quando ho programmato il viaggio in Brasile ero deciso a studiare il Portoghese per almeno qualche mese, prima di partire. I buoni propositi, si sa, è più facile farli che metterli in pratica. Così è andata a finire che ho comprato una grammatica e un dizionario qualche giorno prima di partire e mi sono messo a studiare con impegno durante il volo intercontinentale. Non appena arrivato a Rio, con l’autista del taxi che mi ha portato all’albergo ho iniziato a parlare in ispano-italo-portoghese e ho visto che bene o male ci si capisce. O meglio: quando parli, la maggior parte della gente sgrana gli occhi chiedendosi probabilmente se sei normale (in particolare, quando provi a riprodurre le loro vocali nasali, che sono suoni strepitosi), ma a un livello di base va a finire che si comunica. Così, valutando che comunque non sarei mai riuscito in un mese a parlare in maniera decorosa e considerato che in ogni caso mi facevo capire, ho perso la motivazione. Ma sia chiaro che imparare decentemente il Portoghese è uno dei tanti progetti che metto in fila in vista di un 2015 che, per permettermi di portarli a termine tutti, dovrebbe avere un 6-700 giorni.
Il mio Brasile 3 (segue)
Vedi anche:
1-La storia
2-Leggendo ‘I versi satanici’ di Rushdie