Nonostante non mi abbiano ancora attribuito i crediti che mi spetterebbero, la giornata sulla comunicazione della Chiesa e il giornalismo sociale del 25 ottobre a Pavia è stata per me un momento davvero qualificante del percorso di formazione continua. Tanto che ne ricaverò 2 articoli. Questo è il primo
Il Vaticano fa comunicazione. E la fa anche piuttosto bene.
E’ vero di sicuro dai tempi di Wojtyla, che nel 1984 chiese a Joaquin Navarro Valls di riorganizzare la sala stampa. Fu un binomio perfetto: l’immagine pubblica di Papa Giovanni Paolo II resta (lo sapete, per me piuttosto incomprensibilmente) inarrivabile e, allo stesso tempo, Navarro Valls è certamente divenuto il giornalista più famoso del mondo.
“A volte il peso dei ricordi è tale che risulta difficile da sopportare”, dice Navarro Valls sul suo sito.
Joseph Ratzinger è stato l’esatto contrario di Wojtyla. Benedetto XVI avrebbe avuto molte più cose da dire, ma la sua immagine non aiutava. Era quella di un Teologo, del classico Professore sepolto sotto i suoi libri.
La cosa strana, restando a Ratzinger, è che, di fatto, era lui (impopolare) a essere l’ideologo del popolarissimo Wojtyla. Benedetto XVI è stato un Papa molto meno conservatore di Giovanni Paolo II. Non a caso, è stato lui a sdoganare le teorie evoluzioniste.
Jorge Bergoglio è lontanissimo dai suoi predecessori. Francesco è un Papa unico, ovviamente perchè ha scelto di chiamarsi come nessun altro Pontefice si era mai chiamato, certamente perchè è l’unico Papa che convive con un altro Papa (difficile accettare il concetto di dimissioni, quando si parla di un infallibile…), ma soprattutto perchè ha un’immagine pubblica che non ha precedenti.
Francesco ama il dialogo. Ha fatto scalpore con le famose telefonate. Quella che ha avuto più visibilità, l’ha fatta al giornalista Eugenio Scalfari. Laico per eccellenza, addirittura ateo dichiarato (forse basta dire non credente), Scalfari non è proprio il tipico interlocutore di un Prete.
Francesco non disdegna nemmeno il conflitto. Ha recentemente rimosso dalla carica di Prefetto del Tribunale Supremo (una specie di Cassazione del Vaticano) il Cardinale statunitense Raymond Leo Burke. Incidentalmente, Burke aveva dichiarato: “La Chiesa è senza un timone”. La conseguenza è che ora al suo posto c’è il francese Dominque Mamberti, che sarà quindi un nuovo Porporato.
Il 25 ottobre ho seguito un seminario sulla Comunicazione della Chiesa nell’epoca di Francesco.
Guido Mocellin, un cosiddetto vaticanista (dirige il mensile Il Martedì, è capo redattore del quindicinale Il Regno e ha fondato il sito www.vinonuovo.it) non ha usato mezzi termini e ha affermato che per il Papa essere un personaggio pop è “un’arma a doppio taglio”. Tra Francesco e una parte del Vaticano ci sarebbe, insomma, una certa distanza. Mocellin ha usato anche come esempio la celebre scenetta del frigorifero del comico Maurizio Crozza.
A proposito del modo in cui il Papa pratica il dialogo, il filosofo polacco Zygmunt Bauman ha tenuto una dissertazione all’Università Bocconi dall’impegnativo titolo: “Se il Papa ama il dialogo vero più della verità” e facendo l’inaudita (dal punto di vista di un Cristiano) affermazione che quella di verità è un’idea agnostica.
Ma esaminare quel che Francesco dice dal punto di vista di un intellettuale, secondo me è un errore grave. Francesco, e la sua penso proprio sia una strategia di comunicazione precisa, parla alla gente comune. E lo fa con lucidità, perchè oggi è la gente che ho definito comune (con un’espressione meno politically correct, la ridefinirei: gente di cultura modesta), a essere più interessata alle cose del Vaticano. Lo dimostra il fiorire di iniziative in rete, incluso il famosissimo blog di Raffaella, del quale si sono accorti alcuni dei media più attenti al web come modo di diffondere i contenuti, come i gruppi L’Espresso e La Stampa, che hanno creato sezioni dei loro siti dedicate.
Se un errore in quello che fa Francesco ci può essere, riguarda il rischio enunciato da Padre Federico Lombardi, il salesiano che dirige la sala stampa della Santa Sede: “Stiamo attenti a non farci trovare a eccessiva distanza dall’immagine che abbiamo dato di noi stessi”.
L’esempio è calzante. Pensate a quanti erano convinti che Francesco avrebbe concesso ai divorziati l’opportunità di essere ammessi al Sacramento della Comunione. O anche alla dichiarazione: “L’inizio del mondo non è opera del caos”, con la quale dice chiaro che il Big Bang “non contraddice l’intervento creatore divino, anzi, lo esige”. Qui l’errore secondo me è duplice: primo, che la Chiesa sia giunta molto prima di Francesco a questa conclusione è così vero, che il primo scienziato a teorizzare in qualche modo il Big Bang (1927) fu il belga Georges Lemaitre, un Sacerdote; secondo, siamo addirittura nel secolo diciottesimo quando Immanuel Kant ammonisce sul rischio di trasformare la Fede in sapere e chiarisce che, benchè la ragione abbia “il diritto di orientarsi”, l’esistenza di Dio la possiamo “solo suppore”. Se cerchiamo “di dimostrarla”, rischiamo di perdere la Fede proprio mentre cerchiamo di fare lo sforzo supremo per confermare (a chi, poi? A noi stessi?) di possederla.
Per concludere, torno da dove sono partito. Il Vaticano comunica bene. Non a caso, uno dei profili di Twitter più apprezzati è proprio quello del Papa (@Pontifex). Si tratta addirittura di un profilo multiplo, in più lingue (Latino incluso). E’ una scelta giustissima: inserire nello stesso profilo tweet in più lingue è assolutamente dispersivo, specie per chi arriva ai livelli di follower raggiunti da @Pontifex. Il Papa però deve stare attento a non creare, con le sue apparizioni pubbliche, aspettative che non è in grado di assecondare con le azioni concrete della Santa Sede. Quello che dice il Papa, e non succede a tutti quelli che fanno comunicazione, deve tener conto del fatto che quello che lui dice è ascoltato con attenzione anche dai non fedeli. O magari dai fedeli più scettici. E valutare bene l’efficacia concreta del suo messaggio. Non solo tra chi ascolterebbe qualsiasi cosa che dice e sarebbe felice di vedere un Papa sempre più vicino alla gente, ma anche tra chi ha la foma mentale per pesare il suo messaggio.
Mi rendo conto che sto barcamenandomi pericolosamente sul confine tra pratica religiosa e politica, tra azione spirituale e temporale. Ma se pretendessi di raccontarvi che il Vaticano non fa politica, perderei di credibilità verso me stesso.