Io, addetto stampa della FIBS

FICTION E PROGETTI EDITORIALI, Il praticante, SCHIROPENSIERO

Il giornalista si può fare in 2 modi: o per fare il mestiere in quanto tale o per ottenerne vantaggiIndro Montanelli

Quando Riccardo Fraccari mi propose di entrare nell’Ufficio Stampa della FIBS ebbi pochi dubbi.
Lasciato il lavoro sicuro a Teleducato, mi ero presto reso conto che vivere con i proventi di Baseball.it sarebbe stato difficile, almeno in tempi brevi. Avevo iniziato una collaborazione con un editore di Bologna che mi dava tranquillità, ma la proposta della FIBS era molto allettante. Non tanto dal punto di vista economico, quanto perché mi avrebbe consentito di fare quello che sognavo da sempre: vivere 24 ore al giorno a contatto con il mondo del baseball.
La cosa mi creò problemi nel rapporto con Alessandro Labanti e Baseball.it più in generale. Io avevo l’ingenua convinzione che un incarico in FIBS non avrebbe cambiato nulla. Ma ero, appunto, ingenuo. Forse anche un po’ sprovveduto. Non avevo mai fatto la cosiddetta comunicazione timbrata di un ufficio stampa, ma avevo frequentato parecchie redazioni (radio, TV, giornali) negli ultimi 10 anni e questo mi dava un’idea chiara del lavoro di un ufficio stampa. O almeno, di quello che una redazione si aspetta di ricevere da un ufficio stampa. Ero meno conscio di altre difficoltà, non propriamente tecniche.
Prima delle elezioni, ero un idolo. Negli stadi ero coccolato dalle varie società e non c’era una critica che una al lavoro che facevo. Il mio ego, ovviamente, attribuiva tutto questo alla mia bravura. Così il mio ego uscì profondamente ferito, dopo aver constatato che molti tra coloro che celebravano il mio lavoro dell’ultimo anno avevano iniziato a guardarmi con sospetto dopo il mio accordo con la FIBS.
La Federazione è sempre stata matrigna. Ricordo uno spettatore gridare “La rovina del baseball sono gli arbitri e Beneck” allo stadio a Parma nel 1978, ma anche Aldo Notari doveva continuamente difendersi da punzecchiature a tutti i livelli. Notari aveva in parte risolto il problema con il tono di voce e il non accettare il dialogo. Anche volendo, nel 2002 non sarebbe stato possibile. Erano infatti nati i forum  e quello di Baseball.it era frequentatissimo.

Con Maurizio Caldarelli (a sinistra) e Gianluigi Calestani alla prima "Notte dei Diamanti"
Con Maurizio Caldarelli (a sinistra) e Gianluigi Calestani alla prima “Notte dei Diamanti”

Nel programma di lavoro che avevo presentato al Presidente Fraccari c’era l’ambiziosa idea di dividere i flussi di comunicazione della FIBS. Una parte del lavoro del nostro ufficio si sarebbe rivolto, come da tradizione, ai media e una parte del lavoro si sarebbe rivolto al movimento. Il fulcro della comunicazione sarebbe stato il sito internet. La FIBS avviò in effetti una informatizzazione degli uffici, che a quel tempo erano dotati di un solo computer collegato a internet e con un modem analogico. Iniziò una vera e propria rivoluzione.
Dal mio punto di vista, l’Ufficio Stampa doveva essere presente sui campi durante tutte e 3 le partite del fine settimana della allora Serie A1 di baseball e seguire in tempo reale il massimo campionato di softball. Avremmo coperto tutti gli eventi ai quali avessero partecipato nazionali italiane. Non volevo che si ripetesse più quello che era successo a me nel 1986: nessuno mi aveva informato del risultato della partita di esordio della nazionale di baseball al Mondiale olandese e avevo telefonato a tutte le redazioni possibili. L’ANSA (ma ci furono quotidiani che mi risposero: “Non sapevo che ci fosse un Mondiale di baseball“) mi aveva saputo dire il risultato ore dopo che la partita si era giocata.
Per me, raccontare baseball da luoghi lontani era un sogno. Con mio stupore, appresi però che qualcuno avrebbe preferito non avere informazioni, purché io fossi rimasto a casa. Io pensavo che rimanere lontano dalla famiglia per circa 2 mesi (Mondiale a Cuba, Qualificazione olimpica delle Americhe a Panama) come feci nel 2003 sarebbe stato apprezzato, ma invece niente. Ad Atene alle Olimpiadi (non c’era posto in delegazione) mi trovai un comodo albergo al Pireo. Era inqualificabile, ma pur di esserci, accettai di condividere la stanza con Pippo, lo scarafaggio più grosso che avessi mai visto.
Durante le Olimpiadi partì la campagna elettorale. Gli attacchi furiosi a cui era sottoposto un po’ tutto mi convinsero a sospendere la rubrica Diario di un cronista itinerante, che avevo portato avanti su Baseball.it per tutto il 2002, 2003 e 2004. La ripresi nel 2007, per poche settimane, pur di dare una fine a quella bella avventura.

Riccardo Fraccari fu confermato Presidente con un largo consenso. Lui confermò me per altri 4 anni.
Riflettevo, nell’autunno del 2004. Avevo cercato di dare all’immagine dell’Addetto Stampa connotati nuovi, mi ero preso la briga di rispondere sui forum a tutti i quesiti. Ma, incredibilmente, c’era sempre qualcuno pronto a strumentalizzare quello che facevo.
Essendo il baseball uno sport che in Italia non gode di copertura massiccia da parte della stampa, avevo pensato che il mio contributo di giornalista tecnico (non nel senso di allenatore, per quanto io sia anche quello) sarebbe stato importante. Ma per tutta risposta, ricevevo critiche perché non avevo il coraggio di scrivere contro la presidenza federale. Una donna mi scrisse: “Ci faccia vedere che lei non è un giornalista di parte”.
Le risposi: “Signora, forse non ci siamo capiti: io SONO un giornalista di parte, perché lavoro per la FIBS”.

Frequentando Roma in questi 12 anni ho imparato molte espressioni vernacolari. Mi piace molto: “Quello non sta capito”. Devo dire che lo pensavo (e lo penso) di molta gente.
Diciamo che posso anche capire che ci sia gente seriosa, che non apprezza che si scherzi su quel che per loro è sacro. Posso anche capire che possa dare fastidio il concetto che io sono pagato per seguire il baseball e che c’è qualcun altro che paga per seguirlo (anche se, mi permetto di sottolinearlo, non è che il mio lavoro sia solo fare la cronaca di partite). Ma non riesco davvero a capire come si possa non riconoscere l’incredibile salto di qualità che è stato fatto in questi anni a livello di informazioni veicolate dalla FIBS verso l’esterno. Faccio un elenco così, su 2 piedi: il play by play delle partite, la diretta della gara della settimana su Rai Sport, il circuito delle emittenti private, un sito internet (che è testata giornalistica regolarmente registrata) che ha colto tutte le opportunità offerte dalla tecnologia mentre si presentavano, una copertura fotografica con centinaia di immagini dedicate al massimo campionato, alle nazionali e di tutti gli eventi principali. Pensate al 2 luglio 2013, il giorno in cui Marten Gasparini ha firmato per i Kansas City Royals. Entro sera tutte le redazioni d’Italia avevano immagini, video e il resoconto completo di quel che era successo.

Alle elezioni 2004, uno dei cavalli di battaglia degli oppositori era “il baseball non va in televisione”. Strategia molto accorta, visto che si erano da pochi giorni concluse le prime Italian Baseball Series raccontate in diretta televisiva della storia del nostro baseball.
Alle elezioni 2012 il candidato Presidente Carnevale (non in grassetto) disse che la diretta Rai non ci portava “da nessuna parte”. Il suo responsabile della comunicazione in pectore Massimo De Luca (sempre senza grassetto) disse che dalla diretta Rai “non si può  prescindere”.
Sia le elezioni 2004, che quelle 2008, che le elezioni 2012 noi, come Ufficio Stampa, le abbiamo raccontate in tempo reale attraverso il sito.
Come Ufficio Stampa abbiamo prodotto 2 libri: Un diamante azzurro è il primo tentativo di raccontare la storia del baseball italiano in maniera organica. Nella realizzazione, mi sono piegato al volere della maggioranza dei miei colleghi di coinvolgere tutti. E’ stato un errore: noi abbiamo la professionalità per fare da soli e nessun obbligo di coinvolgere altri giornalisti (specie i presunti tali). Infatti, il libro sul Mondiale 2009 (realizzato veramente a tempo di record) è frutto solo del nostro lavoro. E nel 2011, quando ho scritto The game we love, la storia della IBAF, ho fatto da solo.

E’ inutile che lo nasconda: io sono molto sicuro della mia professionalità. Divento antipatico se lo dico? Non mi interessa. Come scrive Umberto Eco: “Rivendico il mio diritto all’antipatia positiva”.  Il mio mestiere non è compiacere la gente. E’ fare buona informazione sul baseball e per il baseball.
Come tutti, sono sottoposto al giudizio di qualcuno. Non mi spaventa.
So che posso non piacere, lo accetto e non ho mai avuto velleità di essere idolatrato. Fino a quando sarò responsabile dell’Ufficio Stampa FIBS, cercherò di impormi nella scelta dei miei collaboratori. La cui prima caratteristica deve essere che sappiano comunicare in un Italiano comprensibile ma corretto, anche colto, ma senza essere un esercizio di stile. Quando non sarò più responsabile dell’Ufficio Stampa della FIBS, cercherò un altro lavoro. Non nego di guardare con più timore che in passato alla possibilità di rimanere senza un contratto: ho compiuto 50 anni e il mercato è quello che è. Ma ho una grande forza che mi aiuta: quella di chi ha sempre fatto il proprio dovere, con grande impegno. E quella di chi non ha mai smesso di imparare, pur essendo sempre pronto ad aiutare chi si avvicinava alla professione.

Sì, sono orgoglioso di quello che ho fatto.

1 thought on “Io, addetto stampa della FIBS

  1. Fa bene a essere orgoglioso del suo lavoro. Mi sono avvicinato al baseball leggendo questo blog e guardando le partite sul sito della fibs .Purtroppo in italia esistono persone e pseudo giornalisti gelosi del lavoro altrui ,soprattutto quando questo lavoro compacia con una loro passione e viene svolto in maniera impeccabile .Se ne freghi delle critiche altrui,se non sono costruttive,e continui pure a svolgere il suo lavoro con la medesima passione che ci mette adesso.Auguri per il suo futuro
    Grazie mille per le belle parole. Sono molto apprezzate

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