Riprendo a scrivere su questo sito dopo circa un mese di pausa.
Come ho annunciato attraverso i miei profili Facebook e Twitter, non ho trovato un accordo per proseguire il mio rapporto con la FIBS. Al momento, è tutto quello che ho da dire.
Ricomincio con un pezzo sul mondo dei media. A breve partirò con il resoconto sul mio viaggio. Ho anche in previsione una revisione grafica del sito. Ma ne parlerò successivamente
Di transito da Londra, mi è capitato in mano il Times. Attraverso un articoletto (direi un elzeviro), il Chief Sports Writer Matt Dickinson si è occupato di quella che lui chiama “curiosa disconnessione” tra la popolarità del basket come sport nel Regno Unito (regolarmente ogni anno, le partite della NBA registrano a Londra in pochi minuti di prevendita il tutto esaurito) e il “fallimento del tentativo di costruire una situazione di successo a livello locale”.
Il Times intervista Chris Finch, allenatore della Gran Bretagna alle Olimpiadi di Londra (oggi lavora per i Denver Nuggets nella NBA), che sostiene: “Il basket ha il potenziale per ottenere da noi il successo che ha in Italia o Spagna, paesi a forte vocazione calcistica come l’Inghilterra”. Aggiunge però che ci potrebbe volere una ventina d’anni di investimenti.
Lo stesso giorno, sul Financial Times ho trovato una piccata lettera di Sport England, non-departmental public body (organo consultivo) a cui il Ministero della Cultura ha conferito la delega per fornire la strategia dello sport inglese, anche dicendo la sua sulla gestione dei finanziamenti. Rispondeva a chi lamentava un eccesso di investimenti nel basket, rispetto ai risultati ottenuti.
Ho pensato che tutto il mondo è veramente paese mentre leggevo la chiosa di Dickinson: “Ogni anno, quando avvertiamo la fanfara della NBA, siamo portati a chiederci perchè non succede”. Intende: quello che spera Finch.
Riepilogo: a Londra va la NBA e ottiene un gran successo. Il basket Inglese fatica però a primeggiare in Europa a livello di risultati e ad attirare pubblico a livello di palazzetti Inglesi.
Leggo anche (parole di Finch) perchè il basket merita che su questo sport si investa in Inghilterra: “E’ espressione di un mondo genuino, è uno sport di squadra popolare e, ancora più importante, espressione della diversità culturale inglese”.
A Finch probabilmente sfugge il perchè la maggioranza di coloro che spendono centinaia di sterline per vedere l’NBA si affretta ai botteghini durante la prevendita. Azzardo un elenco:
1) Vuole vedere le stelle (nel senso di giocatori celebri)
2) E’ figo (cool, dicono anche in Inghilterra dopo averlo imparato dagli americani) esserci
3) E’ tutto organizzato benissimo (l’NBA arriva e prende in mano tutto)
4) E’ una volta all’anno
Dite che mi sono scordato del fatto che è “genuino” ed “esprime diversità culturale”?
No, non me lo sono scordato. E’ che ai soliti che mettono mano al portafoglio per comprare i biglietti, proprio queste qualità non interessano.
Mettiamoci d’accordo: alle scuole di management dello sport insegnano che lo spettatore va trattato come cliente. Tutti noi siamo clienti, fosse solo dell’ipermercato dove facciamo la spesa. Ricordiamoci perchè scegliamo i prodotti: o per il prezzo (e non può essere il caso della NBA) o perchè ci piacciono. Ricordiamoci anche perchè cambiamo ipermercato: o perchè ne abbiamo trovato uno con i prezzi migliori (e continua a non essere il caso della NBA) o perchè qualche prodotto ci ha deluso e un altro ipermercato ha roba più buona.
Succede poi anche che per la cena di compleanno non ci accontentiamo della torta confezionata dell’ipermercato e andiamo dal pasticcere a comprarne una più buona, più bella e che costa 10 volte tanto.
L’NBA è la torta del pasticcere. Il campionato inglese è la crostatina confezionata dell’ipermercato. Se un goloso (ad esempio, il sottoscritto) si può permettere una torta ogni tanto (per questioni economiche, di salute, di peso, di rimorsi di coscienza…) cosa sceglierà?
La questione non richiede costose analisi di marketing per ottenere una risposta. Per portare il goloso a scegliere la crostata confezionata bisogna renderla appetitosa, impacchettarla bene e convincere il goloso che una crostatina al giorno ha le stesse calorie di una torta del pasticcere al mese.
Anzichè pensare a quanto “rappresenta le diversità culturali”, gli inglesi farebbero bene a chiedersi se vale la pena andare a vedere il loro campionato di basket (ci si diverte? Si sta comodi allo stadio? Il biglietto ha un prezzo coerente con lo stile di vita del pubblico potenzialmente interessato?).
NOTA: i paralleli tra il basket inglese e altri sport americani in altri paesi europei li lascio a voi lettori…