L’unico modo per raggiungere la Laguna di Chuuk in Micronesia è passare da Guam, un’isola che geograficamente è parte a sua volta della Micronesia. Si tratta della più meridionale delle isole Marrianne e si trova, circondata dalla barriera corallina, proprio a strapiombo sulla celebre fossa. Dal punto di vista politico Guam è territorio non incorporato degli Stati Uniti. Il che, anche solo per transitarci, può rappresentare un problema
“L’ESTA? Ma non stiamo mica andando in America…”
L’impiegata della United Airlines dell’aeroporto di Manila mi guarda dal basso verso l’alto per una mera questione tecnica, ma i suoi occhi esprimono disprezzo per la mia ignoranza. Guarda per un attimo per terra, poi mi fissa e dice: “Guam è territorio degli Stati Uniti”.
Farfuglio che non lo sapevo, provo la carta che siamo solo in transito e poi mi rassegno a seguire quella che lei chiama Escort. Si tratta, sia detto per precisione di cronaca, di un’autentica bellezza. Penso che le compagnie aeree adottano spesso questa tecnica: destinare i belli (quasi sempre donne, ma abbastanza spesso anche uomini) a occuparsi della gente incavolata o in difficoltà.
Con in mano un passaporto elettronico valido e rilasciato da uno dei paesi che aderiscono al VISA waiver program (esenzione dal visto) degli USA, ottenere l’ESTA (Electronic System for Travel Authorization) è una formalità. Serve anche una carta di credito, perché l’ESTA costa 14 dollari. E serve abbastanza pazienza, perché il modulo da compilare è lungo. Certo, magari le agenzie viaggi certe informazioni sarebbe bene che le fornissero all’atto della prenotazione dei voli, ma questo è un altro problema.
Gli americani presentano Guam con lo slogan dove il giorno dell’America inizia. Tecnicamente è proprio così visto che si tratta del territorio statunitense più a est.
Quando si esce dall’aeroporto si scopre di essere su un’altura dalla quale si vede la baia di Tumon, una delle principali attrattive di Guam e notevole catalizzatore di turisti giapponesi. Si affaccia sul Mar delle Filippine, quindi sul lato est dell’isola, ed è distante circa 3 chilometri, che sono tutti in discesa (a tornare sarebbe poi salita, ma al limite ci sono sempre i taxi). A sud si trovano le Cocos Islands e la loro spettacolare laguna incorniciata dalla barriera corallina. A nord la base militare Anderson. Guam è strategica per la Marina degli Stati Uniti, visto che rappresenta un punto di assistenza e manutenzione per i sottomarini nucleari.
Quasi tutta l’isola è coperta anche oggi dalla giungla. Da quella nella parte sud, precisamente nella zona delle cascate Talafofo, nel 1972 è emerso Shoiki Yokoi.
Nato nel 1915, nel 1941 Yokoi venne coscritto dall’esercito imperiale del Giappone e inviato a Guam. L’isola cadde e divenne giapponese. Quando nel 1944 gli americani la riconquistarono, Yokoi (che aveva il grado di Sergente) decise che della guerra ne aveva avuto abbastanza. Assieme a 3 compagni disertò e si nascose nella giungla. I 4 vissero nascosti per 20 anni e, ormai vicino al compleanno numero 50, Yokoi rimase solo. Visse altri 8 anni in una grotta, poi nel 1972 uscì e venne ritrovato da Mariano Cruz, un ex Marine degli Stati Uniti divenuto Tenente della polizia di Guam. La vicenda è raccontata nel libro 28 years in the Guam Jungle, una raccolta di articoli e notizie di stampa messa assieme dai corrispondenti del giornale giapponese Asahi Shimbun che si trova ancora oggi su Amazon in una costosa (32 dollari) versione cartacea. Le recensioni parlano di una interessante sequenza di foto, ma lamentano anche gli scarsi dettagli sulla sopravvivenza di Yokoi e dei suoi commilitoni nella giungla. Dai diversi articoli dedicati alla figura di Yakoi al momento della sua morte (avvenuta nel 1997 per un attacco di cuore) si desume che lui e i suoi compagni d’armi abbiano fatto affidamento per anni sulla dotazione dell’esercito, finendo poi per fabbricarsi gli abiti con la fibra degli hibiscus (Yokoi era un allievo sarto, prima di essere arruolato a forza). Quando venne ritrovato, Yokoi si stava nutrendo della corteccia di alcuni alberi.
Nella vicenda di Shoiki Yokoi c’è un evidente corto circuito della memoria. Benché sia rimasto nascosto per 28 anni per non combattere una guerra alla quale non avrebbe voluto contribuire, venne accolto come un eroe al suo ritorno in Giappone. Lui stesso si calò nella parte con dichiarazioni roboanti: “Ho vergogna di ritornare vivo”.
Una volta ricevuto dall’Imperatore Hiroito, gli si rivolse così: “Maestà, sono ritornato. Sono profondamente dispiaciuto di non aver potuto servirla bene. Il mondo è sicuramente cambiato ma la mia determinazione nel servirla non cambierà mai”.
Yokoi venne insignito della Medaglia della grande Asia dell’Est, uno strappo alla regola che aveva visto abolire le jugun kisho (medaglie d’onore) dopo l’occupazione alleata del Giappone. La Medaglia andò a Yokoi nel 1972 e a Hiroo Onoda e Teruo Nakamura, i più celebri soldati fantasma giapponesi, nel 1974.
Hiroo Onoda venne ritrovato nell’isola di Lubang (Filippine) dopo essere stato attivamente ricercato per anni. Gli era stata conferita una missione di guerriglia e lui aveva continuato a portarla avanti per 30 anni. All’inizio, con 3 commilitoni (Yuichi Akatsu, Shoichi Shimada e Kozuka Kinshichi), attaccava i villaggi dell’isola. Akatsu si arrese nel 1950 e il suo racconto convinse le autorità a lanciare sulla giungla volantini, che comunicavano la fine delle ostilità, e lettere dei famigliari degli altri soldati. Dirà anni dopo Onoda: “Erano scritti male, in un giapponese pieno di errori. Pensavo fossero un trucco degli americani”. Shimada morì in uno scontro a fuoco nel 1954, Kinshichi fu a sua volta ucciso nel 1972. Falliti i tentativi della sorella e del padre (che morirà poco prima del ritrovamento), Onoda venne rintracciato il 20 febbraio 1974 da una sorta di vagabondo di nome Norio Suzuki (descritto come “incubo delle ambasciate giapponesi di oltre 50 paesi”), che aveva intrapreso un viaggio nel sud est asiatico allo scopo di incontrare (in quest’ordine): Onoda, un panda, l’abominevole uomo delle nevi. Suzuki portò Onoda a incontrare una delegazione giapponese, ma per convincerlo ad arrendersi servì colui che, 30 anni prima, gli aveva impartito l’ordine di resistere: il Maggiore Taniguchi.
Nonostante avesse ucciso decine di persone Onoda, dopo che ebbe consegnato la sua spada da samurai in una cermonia solenne al Presidente delle Filippine Marcos, venne graziato e potè tornare in patria. La stampa sostituì immediatamente la sua immagine a quella di Yokoi per farne l’eroe che al Giappone sconfitto nella seconda guerra mondiale mancava, ma ci riuscì in parte.
Dopo essere emigrato in Brasile (in Giappone faticava comprensibilmente ad ambientarsi), a oltre 60 anni Onoda tornò a Lubang e donò 10.000 dollari a una scuola.
E’ morto il 16 gennaio del 2014, quando mancavano 2 mesi al suo compleanno numero 92.
Onoda ha scritto della sua esperienza in No surrender, libro (cartaceo ed elettronico) disponibile in Inglese nella traduzione di Charles S. Terry. Alla sua figura ha dedicato una canzone il cantautore Massimo Morsello.
Teruo Nakamura era invece un soldato taiwanese. Aborigeno Amis di etnia, era in realtà di cultura giapponese. Era di stanza in Indonesia con i volontari di Takasago. Dopo l’invasione alleata che seguì alla battaglia di Morocai del 1944, fu prima dichiarato disperso e poi (1955) morto. In verità, prima con altri commilitoni e dal 1956 da solo, continuava a combattere. Nel 1974 un pilota individuò per caso il suo campo: una capanna recintata. Nakamura si arrese il 18 dicembre, 7 mesi dopo Onoda. Sarebbe stato l’ultimo dei soldati fantasma. Al momento del ritrovamento non parlava né Giapponese né Cinese, era apolide e Taiwan e Giappone si scontrarono per decidere il suo destino. Chiese di essere rimpatriato a Taiwan, dove finì col ricevere una modesta pensione. Morì nel 1979 di cancro ai polmoni. Nessuno lo ha mai considerato un eroe.
Al contrario dei suoi commilitoni, Shoiki Yokoi ebbe pochi problemi a riambientarsi. Tentò (con poco successo) la carriera politica e poi visse tenendo corsi di sopravvivenza. Pubblicò anche (1989) il libro Lettere dal Pacifico, che al momento mi risulta introvabile. Il sito del Governo di Guam gli dedica comunque una pagina.
Quando scoppiò la seconda guerra mondiale Guam era possedimento degli Stati Uniti (dal 1898, al pari delle Filippine). Occorre però precisare che risulta abitata da migliaia di anni. La prima popolazione fu quella Chamorro (nella loro lingua l’isola era detta Guahan). Il primo europeo ad arrivarci fu Magellano (che la chiamò l’isola dei ladroni, dopo che gli indigeni avevano provato a turlupinarlo in ogni maniera) e la dominazione spagnola (con cambio del nome in San Juan) iniziò nel 1565. Oggi Guam è un’isola abbastanza ricca (il PIL pro capite ammonta a 15.000 dollari), benchè conviva con un tasso di disoccupazione del 14%. Pur essendo dicembre e gennaio parte della stagione secca, con la pioggia bisogna conviverci. Per il resto, una passeggiata a Tumon è proprio un tuffo negli Stati Uniti. La spiaggia ha un vago aspetto da Honolulu, con tanto di alberghi ecomostro, ma è molto più piccola. Alghe a parte (e ci mancherebbe, siamo a Guam…) verso riva, l’acqua è trasparente e tranquilla, protetta com’è dalla barriera. Anche se un cartello avverte che un’eventuale bandiera blu significa vita marina pericolosa in acqua. Quella che sventola è gialla, ma il fatto di non avere con me il costume mi toglie ogni tentazione di entrare in acqua. Che siamo negli Stati Uniti d’ America lo si capisce dalla disponibilità di cibo (scatta un gelato da Subway), di farmacie (è il momento di rifare le scorte di Advil) e domande intelligenti: “Italy is where italians come from?”.
Anche in aeroporto siamo decisamente negli Stati Uniti. Lo si vede dai controlli di sicurezza particolarmente laboriosi e dall’impeccabile food court. La mia esperienza a Guam finisce non a caso con un pizza pan da 6 pollici di Domino’s.
8-CONTINUA
1-INIZIO DALLA FINE 2-MOMPRACEM NON E’ POI COSI’ VICINA
3-LA VISITA DI KUALA LUMPUR 4-SUMATRA, DOVE MORI’ NINO BIXIO
5-L’INCONTRO CON L’ORANGO 6-IL BAGNO DEGLI ELEFANTI
7-LE FILIPPINE