Gli ultimi Diari del 2002

Diario di un cronista itinerante

Nell’autunno del 2002 ne sono ormai consapevole: lavorare per la FIBS mi ha definitivamente tolto lo status di idolo che mi ero conquistato tra l’estate del 2000 e l’autunno del 2001 con il lavoro che avevo fatto su Baseball.it. E stava per accadere qualcosa di ancor più grave, per la mia fama: mi avrebbero inviato a Cuba per raccontare la Coppa Intercontinentale

6 novembre-La moltiplicazione delle telecronache e delle radiocronache

Giosuè Carducci
Giosuè Carducci

Ce lo vedo Gesù Cristo nominato all’ufficio stampa della FIBS. E’ lì che moltiplica i suoi pani e i suoi pesci e arriva un visitatore del forum di baseball.it che gli fa: “Cavolo, Nazzareno. Hai moltiplicato delle sardine. Ma non erano meglio le orate?”.
Non voglio essere blasfemo (sono in effetti credente, anche se non giro con ampolle di acqua santa in tasca) e nemmeno ingrato, ma devo dire che la fame di baseball in tv dei nostri più affezionati lettori è tanta e vorace. Uno non fa in tempo a compiacersi di ben 6 partite della nazionale passate in TV quest’anno (contro zero del 2001) e gli chiedono la Coppa Intercontinentale“. Quasi quasi, scappo a Cuba...ma no, è proprio il posto dove si gioca la Coppa in questione! Ovviamente scherzo, ragazzi. Farò del mio meglio, ma non dipende da me soltanto. E no (per rispondere ad una domanda), l’IBAF non li cede per una modica cifra i diritti alle Federazioni.
Se trovate che sragiono, sappiate che ne ho i motivi. Ho portato da Parma a Nettuno, sede del raduno azzurro, la valigia che ci è stata data in dotazione per la trasferta. E che chiamare valigia è abbastanza limitativo. Baule sarebbe più appropriato. Oggi nelle varie stazioni dalle quali sono transitato (Parma, Bologna, Roma e Nettuno) mi guardavano come una bestia rarissima. Se non fosse che proprio piccolo non sono, credo che anche qualche boy scout si sarebbe interessato alla mia causa. Credo che confermerò, quando mi diranno che “questa federazione fa le cose in grande”.
Domenica ho vissuto una delle più tragiche giornate della mia annata di cronista itinerante.
Sono stato in un’amena località lungo la costa del Tirreno per un incontro con i Vertici Federali. Rientrando, mi sono imbattuto nel contro esodo del ponte di inizio novembre. Devono andare bene le cose, in Italia, se si fanno anche gli esodi a Ognissanti. Non discuto che, avendolo libero, anch’io avrei fatto un viaggio per occupare il week end lungo. Ma cosa ci va a fare la gente al mare con la nebbia e l’umidità? Proprio la nebbia che agli irti colli/piovviginando sale?
Ho cercato di evitare una coda uscendo dall’autostrada a Pontremoli. Del Passo della Cisa ho ricordi di bambino, quando l’autostrada ancora non c’era e io odiavo il mare. Oggi ho capito perchè. E’ una strada folle e percorrerla con la nebbia è ancora più folle. La parte itinerante della mia identità di cronista questa volta vale un bel 2.
Tornando alla nebbia agli irti colli, vorrei riflettere sull’utilità di imparare le poesie a memoria. Perchè certamente io so ancora recitare San Martino di Carducci, ma devo ammettere di aver scoperto circa 15 giorni fa che sale è la terza persona singolare dell’indicativo presente del verbo salire e non il sostantivo maschile. Mi sono chiesto per anni perchè mai la nebbia agli irti colli dovesse piovviginare sale (complemento oggetto; non avevo nessuna idea che Giosuè ci volesse dire che la nebbia agli irti colli sale, predicato verbale, mentre stava piovviginando). Ma il fatto che la mia comprensione dell’analisi logica della frase non mi impedisse di imparare il verso a memoria, mi ha fatto presto decidere per un salomonico Boh.
Ci risentiamo da Cuba.
Prima di salutarvi, una postilla. Qualcuno mi ferma per dire che gli piacerebbe se i Diari parlassero più di baseball. Faccio notare che questo sito è tutto di baseball. Il Diario è una divagazione. Che spero vi continui a divertire.
P.S.: Il mio amico degli sms mi ha minacciato di non scrivermi, mentre sono a Cuba. Dice che dopo lo prendo in giro. Come farò?

9 novembre-El alma de Cuba

Un interessante aforisma di Fidel Castro
Un interessante aforisma di Fidel Castro

Questa volta la tecnologia non è dalla mia parte.
Qui a Cuba la connessione a Internet è lenta, lentissima. E le mie misure preventive, studiate all’atto della partenza dall’Italia, non funzionano. Ma in qualche modo dovremo pur fare.
Riassumendo: sono a Cuba in uno stadio da baseball. Riconosco che il fatto di trovarmi in uno stadio da baseball non sia troppo originale. E’ essere a Cuba che è la particolarità, questa volta.
Cuba è un’utopia, lo sappiamo tutti. A parte Gianni Minà e Diego Maradona, naturalmente. Che però confermano indirettamente quel che sto dicendo. Nel senso che la Cuba che li esalta non esiste. Loro vivono Cuba da privilegiati e sono affascinati da questo popolo “così dignitoso, per essere in un paese del Terzo Mondo“. Già, intanto dite che è Terzo Mondo e quando siete qui spendete in un giorno quello che un cubano guadagna in un anno.
Mi sa che sto facendo del populismo. Ma sono confuso. Cuba mi affascina, perchè è un’esperienza unica. Ma allo stesso tempo mi respinge, perchè a questo sogno ogni tanto mi vien voglia di credere e poi va a finire che faccio come tutti: vengo qui, regalo 3 biro e una scatola di aspirine, spendo in un giorno quello che loro guadagnano in un anno e torno a casa. Non vado oltre, perchè in fondo sono solo un cronista di baseball.
Un cronista un po’ nervoso, oggi. Sto facendo fatica a smaltire il fuso orario e ci sono un paio di incastri che sicuramente peggioreranno il mio umore. Sono all’Avana (2 ore di strada dal mio albergo, se va bene) e si sta giocando alle 22.30 il secondo inning di una gara iniziata alle 22. La proiezione mi dice che prima delle 3.30 non sarò a dormire. Poco male, direte voi. Se non che, l’Italia debutta alle 9.30 contro il Brasile. Anche in questo caso, in qualche modo dovremo fare. Ma non lamentatevi se sono di cattivo umore.
La spedizione sta andando piuttosto bene, per il resto. A parte il fatto che l’altro giorno ci siamo dimenticati Sal Varriale e Marcello Malagoli in albergo, intendo dire. La cosa più bella è come la comitiva, che si stava portando sul campo per un allenamento, si è accorta del tutto. Non perchè a qualcuno sia venuto lo scrupolo: è stata la polizia a fermarci e a chiederci se avevamo lasciato qualcuno per strada. E’ finito tutto con una bella risata, comunque.
Devo ammettere che sono un po’ invidioso della forma fisica di Rossano Rinaldi (Consigliere Federale) e Giorgio Castelli (Uomo Immagine). Anche perchè loro la ostentano con giri di campo estremamente sciolti durante gli allenamenti azzurri. Vorrà dire che succederà qualcosa che mi permetterà di vendicarmi. Ad esempio, domenica si gioca Juve-Milan di calcio. A buon intenditor… Infine: il mio solito amico degli sms mi ha scritto un timido: “Mi ricevi?”.
Questo Diario, insomma, potrebbe presto tornare alla normalità.

Ho un ricordo fantastico della Coppa Intercontinentale del 2002. Partimmo con una squadra che non rappresentava nemmeno lontanamente il massimo del nostro potenziale, ma superammo il primo turno. Fu inoltre il primo torneo che ebbi modo di condividere con Giampiero Faraone, che per me resta l’insuperato modello di quello che un manager di baseball dovrebbe essere. Ascoltando lui, credo di aver imparato tutto quello che so di baseball. Proseguendo con i Diari, pubblico solo un passaggio di quello dell’11 novembre. Che porta il titolo “Se la vita è così, non conviene morire”, citazione di una esclamazione di un componente dello staff azzurro mentre eravamo sulla spiaggia di Varadero, dove alloggiavamo. Frase che venne criticata, perchè mi si accusò di andare in vacanza anzichè a lavorare. Ma leggete cosa intendevo.

Giampiero Faraone all'Intercontinentale 2002
Giampiero Faraone all’Intercontinentale 2002

Non ho ancora avuto il coraggio di confessare ai Vertici Federali che ho regalato una delle magliette della divisa da tempo libero ad un simpatico cameriere grande e grosso come me. Non avrei dovuto farlo, ma dovreste vedere come il nostro è contento della sua nuova maglietta grigia con scritta azzurra: lo ha raccontato a tutti e adesso non posso fare un passo nell’albergo che mi segue lui con coca cola, caffè, birra e strette di mano sempre più vigorose. E’ proprio vero: se la vita è così, non conviene morire.

15 novembre-Benvenuti all’Avana

Ho fatto passare un paio di giorni di silenzio perchè dovevo riflettere su cosa scrivere. E vi spiego perchè. Sul sito federale qualcuno (sono generico perchè proprio non mi ricordo il nome) si è chiesto come mai sono venuto qui al seguito della nazionale. Si è chiesto perchè c’è un dirigente accompagnatore (fa il nome, ma io non lo ripeterò) e perchè non sono stati portati al nostro posto un giocatore e un tecnico in più.
E’ veramente un modo di ragionare da Baluba (con tutto il rispetto per il popolo dei Baluba). E ammetto che è sempre più deludente constatare come a molti non interessi in realtà che la Federazione costruisca un buon gruppo (che comprende, oltre a tecnici e giocatori, anche dirigenti al seguito, personale amministrativo, addetto stampa) tramite il quale il programma tecnico sia adeguatamente supportato anche dal punto di vista logistico e della comunicazione. No, nel nostro mondo bisogna pensare male, credere che tutto sia fatto nella logica dei favori agli amici degli amici. E’ triste, che ci sia davvero tanta gente così al mondo. E comunque, il numero di giocatori nelle manifestazioni internazionali non è libero.
Comunque, l’Italia si è qualificata per la seconda fase della Coppa e tutta la comitiva si è trasferita all’Avana. Il cambio di prospettiva con Varadero è stato da subito evidente. Siamo passati da un tranquillo Beach Resort, nel quale la vita scorreva allegra e sonnecchiante, a una metropoli caotica e formicolante di vita come…tutte le metropoli.
Sono nella mia stanza d’albergo al sedicesimo piano di un palazzo del centro mentre il sole tramonta sul primo giorno di riposo di questo torneo. L’Italia si è lasciata tanta simpatia alle spalle, anche se non ha chiuso il girone eliminatorio bene come lo aveva aperto. Nessuno si aspettava che gli azzurri superassero il turno e il fatto che ci siano riusciti è una soddisfazione enorme per tanti cubani, soprattutto i tecnici che ormai da anni si impegnano in diverse squadre del nostro paese. A tutti noi del gruppo Italia Varadero resterà nel cuore. Sia per la bellezza di questa celebre località, sia per l’atmosfera che si respirava. Ma soprattutto per la leggendaria vittoria su Panama. Che leggendaria forse non è ancora, ma che sicuramente lo diventerà. E’ stato il più importante successo azzurro di tutti i tempi, lo dico con forza. Mai ci era capitato di battere una squadra composta da tanti campioni. E quel successo a Faraone e ai suoi azzurri non lo può togliere nessuno.
Osservo intanto, e capisco un po’ di più, Cuba e le sue contraddizioni. Ultimamente mi sono soffermato sulla gente che staziona lungo le strade. Se ne sarà accorto chiunque abbia percorso almeno qualche chilometro in auto o in corriera (in spagnolo, uaua) lungo le poche strade dell’isola. Il fenomeno è così massiccio che le auto in realtà circolano in mezzo alla strada, per evitare di investire qualcuno. Lungo le strade cubane si trova di tutto. Dagli studenti che escono da scuola, alle cosiddette jineteras che cercano persone interessate alla loro compagnia, ai militari che si trasferiscono dalla caserma a casa per una licenza. Tutti qui a Cuba possono diventare taxisti per un attimo. Anche il sottoscritto e il presidente del Comitato Nazionale Arbitri Mazzei è capitato di dare un passaggio a 2 ragazze in cambio delle indicazioni precise per arrivare allo stadio di Matanzas. In questa anche folcloristica gestione del problema trasporti, emerge una solidarietà necessaria per vivere su quest’isola e superare tutta una serie di contrarietà logistiche che noi non possiamo davvero nemmeno concepire.
Chiudo velocemente il Diario. Sto scrivendo con il computer alimentato a batteria, perchè i Vertici Federali mi hanno sequestrato un prezioso riduttore che sono il solo ad avere. Non vorrei essere troncato a metà, quindi vi lascio.

E’ passato così tanto tempo (non tanto in termini di anni) dal 2002, che mi fa specie riportare questo passo dal Diario del 16 novembre. Quello che allora i visitatori di Baseball.it consideravano una vera e propria conquista di visibilità per il baseball, oggi è la norma.

Mi sono letto tutti gli interventi dei forum sulla Coppa Intercontinentale e sono abbastanza sorpreso del fatto che ci sia così tanto (e appassionato) interesse.
Quel che posso dirvi, è che sto lavorando per voi. Ho buone speranze di procurarmi alcune delle partite dell’Italia (sfortunatamente, la prima sfida con Panama pare non sia disponibile) allo scopo di ri editarle e trasmetterle sul circuito delle televisioni locali. Sto poi valutando che tipo di costo potrebbe avere (in vista del prossimo Mondiale) un play by play delle partite degli azzurri da qui. Costo proibitivo, temo. Ma ci guardo lo stesso.
Insomma, vogliamo dare il massimo della visibilità agli azzurri. Perchè abbiamo capito (il plurale non è majestatis, noi come sezione comunicazione della FIBS) che il movimento ce lo chiede a gran voce.

Sempre il 16 novembre, sono ospite a casa di Victor Mesa. Proprio lui: El Loco, l’esterno centro della nazionale di Cuba pluricampione di tutto. Non a caso, scrivo: Comincio a pensare di essere effettivamente morto ed essere approdato nel Paradiso degli appassionati di baseball”.

Victor Mesa
Victor Mesa

Victor comunque è una persona modesta e alla mano, benchè qui sia un eroe nazionale.
C’è un corridoio nella sua bellissima casa tutto dedicato alla carriera, pieno di foto che lo ritraggono in compagnia di Fidel Castro.
Mesa mi ha confidato una cosa: “Ho giocato 5 anni in Giappone. E’ stato bruttissimo, ma necessario, per il contributo che la mia presenza là ha dato a Cuba“.
La cosa più bella accaduta in casa di Victor Mesa? Mi sono chiuso nel bagno. E non nel senso che ho chiuso la porta a chiave (normale, direte voi) ma nel senso che non riuscivo più a riaprirla. Per fortuna, un amico del Loco ha scavalcato la porta (che, sempre per fortuna, non arrivava al soffitto, e con un coltello ha fatto scattare la serratura. Immagino potrete capire la mia vergogna

Cuba vince la Coppa Intercontinentale in finale con la Corea. Al ristorante incrocio Compay Segundo (che festeggia il compleanno) e non ho il coraggio di andare a stringergli la mano. Avrei ricavato una foto da tenere come cimelio tutta la vita.
Mentre sono a Cuba, il
19 novembre Mike Piazza completa a Roma (con tanto di esibizione all’Acquacetosa) la sua prima visita ufficiale in Italia e pronuncia una frase che allora sembra una boutade: “Io nella nazionale italiana? Se ne può parlare”. Il 21 novembre partecipo a quella conferenza stampa del Presidente del CIO Jacques Rogge dalla quale inizierà, checchè ne pensasse l’allora Presidente della IBAF Aldo Notari, il percorso di esclusione del baseball dalle Olimpiadi

Jacques Rogge e Aldo Notari
Jacques Rogge e Aldo Notari

In piena conferenza stampa ho superato la linea immaginaria oltre la quale fotografi e cameraman non potevano andare e ho scattato ben 2 foto di Rogge, dai 2 profili. Poi ho visto Aldo Notari che se ne andava e l’ho inseguito, con Rogge che osservava assorto cosa stavo combinando. Quindi sono tornato oltre la linea dei fotografi.
A quel punto un signore distinto che era seduto a fianco di Rogge mi ha guardato e, con un eloquente segno della mano, mi ha invitato a fare meno confusione.
“Chi è il vecchietto?” ho chiesto al collega Stefano Arcobelli. Ho visto la sua espressione corrucciata. Ma non ho fatto in tempo a chiedergli perché, visto che un giornalista cubano mi ha guardato dritto negli occhi e mi ha detto: “E’ Ramon Josè Fernandez, il presidente del Comitato Olimpico Cubano“.
Avevo avuto il sospetto che fosse una persona importante, ma Arcobelli mi ha chiarito ogni dubbio: “Sai, nella sostanza è il vice di Fidel Castro“.
Insomma, il vostro cronista ha dato del vecchietto al vice di Fidel Castro

A proposito di Fidel Castro. Durante quella Coppa Intercontinentale un italiano lo incontrerà. E’ l’arbitro Pierfranco Leone. L’estratto di un’intervista che avevo fatto a Leone per Baseball.it

“Ho avuto l’impressione di una persona energica e vitale. Devo dire che, visto in tv, mi sembrava anziano e sofferente. Di persona non è così”.
Prosegue Leone: “Appena entrato ha cercato l’arbitro coreano. Poi gli ha detto che non gli era piaciuto sulle palle basse. Sembrava sinceramente molto competente. Mi ha stretto la mano e poi ha mormorato qualcosa su Berlusconi che ha fatto ridere tutto il suo entourage. E’ rimasto qualche altro minuto. Ci ha fatto un discorso sull’importanza del nostro ruolo. Voi arbitri, ci ha detto, siete quelli che tutelate la regolarità dell’evento sportivo. Poi ci ha presentato Jacques Rogge e se ne è andato. Non era in mimetica, fra l’altro, ma con un doppio petto grigio”.

Poi il mio 2002 è finito. L’ultimo atto è stato la prima Notte dei Diamanti, presso il Grand Hotel di Rimini. Questo è il mio ultimo Diario dell’anno. Leggendo il testo, potete divertirvi a trovare la frase che oggi non riscriverei mai

8 dicembre-Un cronista itinerante a riposo

Con Maurizio Caldarelli (a sinistra) e Gianluigi Calestani alla prima "Notte dei Diamanti"
Con Maurizio Caldarelli (a sinistra) e Gianluigi Calestani alla prima “Notte dei Diamanti”

Vedo la torta che entra in sala. Il tavolo dei Consiglieri Federali con più occhi lucidi di quel che potessi immaginare. Lo schermo della sala del Grand Hotel di Rimini mi manda ormai immagini confuse. Il microfono che mi spunta sul fianco della bocca (“Ma chi sei, Ambra?” mi ha detto una Consigliera Federale alta e bionda…) mi dà decisamente fastidio. Stringo mani, ringrazio i tecnici, il pianista, la hostess. Abraccio qualcuno. La Notte dei Diamanti è finita e sono ufficialmente in ferie.
Sì, perchè il vostro cronista itinerante ha bisogno di un po’ di tempo senza cellulare, computer, e-mail e fida Renault Clio grigia. Da aprile a oggi ho percorso 17.904 chilometri solo in macchina: è ora di fermarmi per un po’. L’occasione però mi è gradita per fare un po’ di ringraziamenti.
Al mio collega Maurizio Caldarelli, innanzi tutto. Perchè lavorare con me non è facile per nessuno e lui, a parte la discutibile abitudine di telefonarmi sempre quando sul cd ho appena messo le mie canzoni preferite (mi ha recentemente interrotto Romeo and Juliet dei Dire Straits, Roxanne dei Police, Stay Free dei Clash e, questo è davvero un delitto, That’s Entertainment dei Jam…), mi sopporta con ammirevole sangue freddo.
Ad Alessandro Labanti, per proseguire. Non dimentico mai che, se non lo avessi incontrato, non sarei qui.
A tutto il personale della Federazione, coordinato dal Segretario Standoli. Si tratta di persone senza le quali il baseball non potrebbe esistere.
Adesso che ci penso, non posso ringraziare nominalmente tutti quelli che lo meriterebbero. Quindi, vi accomuno tutti per celebrare un anno che è stato faticoso ma ricco di soddisfazioni.
Inoltre, escludendo di poter formulare gli Auguri di Buone Feste a tutti di persona, non li invierò a nessuno e li farò a tutti in questo momento.
Auguri a tutti, allora. E se volete farmi un regalo, pensate a qualcosa di superfluo che avete e datelo a chi ne potrebbe avere bisogno. Non dovrebbe essere troppo difficile trovarlo.
Da parte mia, vi devo comunicare che fino a fine anno non avrò accesso al mio indirizzo di posta elettronica. Chi vuole scrivermi, quindi, lo faccia per cortesia dopo Capodanno.
Certo, qualche amarezza il 2002 se la porta comunque con sè. Mi dispiace molto verificare che c’è ancora tanta gente al mondo che non sa giudicare gli altri per quello che sono. Personalmente, ho sempre rispettato chi pensa e decide, anche se lo fa in disaccordo con me o, addirittura, contro il mio interesse. Ma devo essere un animale raro. Spero non in via di estinzione, almeno.
Credo che il 2003 sarà un anno importante per il baseball e il softball italiani. Abbiamo infatti obbiettivi importanti da raggiungere tutti assieme. Gli atleti, per primi. Ci devono portare alle Olimpiadi e sono sicuro che daranno tutto quello che hanno dentro per riuscirci. Noi, sia gli addetti ai lavori che i semplici appassionati, dobbiamo renderci conto che ai risultati delle squadre azzurre possiamo contribuire tutti. Ad esempio, evitando di vedere del marcio dove ci sono solo delle scelte. Che possiamo non condividere, ma che non dobbiamo mai drammatizzare. I toni, amici, stemperiamo i toni. Perchè qualsiasi dibattito può andare avanti ed arrivare alle note alte, ma se perdiamo il rispetto dell’interlocutore, allora è meglio smettere subito di discutere. Non voglio scrivere Il Vangelo del Baseball secondo Schiroli e mi fermo qui.
Vi saluto e vado a itinerare, per conto mio, in un altro Continente. Sarò in vacanza, ma state tranquilli che se mi dovesse capitare sott’occhio una partitina di baseball o di softball, al richiamo della foresta non saprei resistere.
Un’ultima cosa: avevo pensato che non nominare il Presidente Fraccari sarebbe stata una buona idea. Ma poi mi sono detto no. Voglio che sappiate che condivido il cento per cento di quello che sta facendo. E che non mi vergogno a dirlo.