Meiji Jingu Stadium Tokyo

La mia giornata a Meiji Jingu

Giappone, Mondiale femminile 2018

Non avevo mai visto una partita della NPB (Nippon Professional Baseball, le Major Leagues del Giappone). Martedì 30 agosto si è presentata l’occasione.
In verità, allo stadio in Giappone ero già stato. A Tokyo avevo anche visitato il Museo e Hall of Fame e ne avevo scritto su questo sito.
Quella che segue è la cronaca della mia visita al Meiji Jingu Stadium.

All’hotel Green Tower di Chiba c’è una persona dedicata a rispondere alla richiesta di informazioni. Ma quando le spiego dove voglio andare, se ne esce con un “oh-oh-oh…ma è lontano”.
Il posto è il Meiji Jingu Stadium, un impianto storico. La pagina che Wikipedia dedica all’impianto recita: “Uno dei pochi stadi ancora esistenti in cui ha giocato Babe Ruth. Accadde nel 1934, quando le stelle MLB (del gruppo faceva parte anche Lou Gehrig) si esibirono in Giappone. Meiji Jingu venne costruito nel 1926. Mantiene una capienza di quasi 38.000 spettatori.

Tutto questo non rende più facile arrivarci da Chiba.
A due passi dal nostro albergo c’è la stazione della JR (Japan Railway) di Kaihin Makuhari, che ha un treno veloce che arriva alla Tokyo Station, quindi nel bel mezzo della megalopoli. Ma lo stadio è a Shinjuku, un altro degli special ward di Tokyo (chi non mi avesse letto precedentemente, sappia che sono in totale 23…) e, prima di raggiungere lo stadio, dobbiamo procurarci i biglietti. Che ci aspettano all’ufficio postale di Akasaka, ovvero il quartiere residenziale di Minato.

Comprare i biglietti non è che sia stato uno scherzo. Ai botteghini erano esauriti e mi sono dovuto rivolgere a un’agenzia on line. Che mi ha un po’ taglieggiato (7000 yen, ovvero 54 euro, per biglietti che non penso valgano più di 15), ma ormai ero troppo infoiato dall’idea di vedere una partita di NPB e non ho saputo rinunciare.

Una volta a Tokyo, ci siamo portati con il metro (che non è la stessa cosa del JR) alla stazione di Yotsuya. A questo punto, non sapevamo (io e un collega) più dove eravamo e non potevamo che seguire il foglietto consegnatoci in albergo e che conteneva anche la frase d’emergenza, scritta in Giapponese: “voglio andare allo stadio Meiji Jingu”. L’indicazione era scendere a Yoyogi e poi raggiungere a piedi l’ufficio postale. Ma una signora, che per fortuna parlava un eccellente Inglese, si è insospettita vedendo la nostra incertezza e ci ha consigliato di prendere un’altra linea del metro e scendere a una stazione che si chiama (opportunamente) Akasaka.

Da lì abbiamo raggiunto l’ufficio postale. Abbiamo creato un po’ di scompiglio prima di trovare lo sportello che ci avrebbe consegnato i biglietti, ma abbiamo compiuto la missione. Solo che ormai erano le 18 e la partita stava per iniziare. Così, dopo qualche (ennesimo) momento di incertezza, abbiamo fermato un taxi e ci siamo fatti depositare allo stadio.

Appena entrati, abbiamo visto che il punteggio era sul 2-1 per gli Yakult Swallows, la squadra di casa. Era appena iniziato il secondo inning. Non c’era un posto libero. O meglio, ce n’erano 2: i nostri. Non comodissimi, per la verità. Una volta che ci siamo infilati, ci siamo trovati a contatto fisico un po’ troppo intimo con i vicini di posto.

Lo stadio era praticamente diviso a metà tra tifosi che indossavano il verde (degli Swallows) e il rosso degli ospiti: Hiroshima Carp, la squadra nettamente in testa alla Central League (la NPB è formata da 2 Leghe, l’altra si chiama Pacific League). Swallows e Yomiuri Giants (la squadra che gioca al Tokyo Dome) si contendono il secondo posto.

Per Hiroshima lancia Kevin Johnson, ex prospetto dei Red Sox che ha trovato la sua realizzazione in Giappone. Dopo un primo inning difficile, lascerà il campo ai rilievi. Per gli Swallows (che sono le rondini) lancia Yasuhiro Ogawa, il loro numero uno. In Giappone sostengono che abbia ispirato il caricamento a quello del leggendario Nolan Ryan e per questo lo chiamano Ryan.
Ryan lancia bene, ma non può evitare che Hiroshima pareggi al quarto e passi in vantaggio al sesto. Si tratta di un pitcher che non fa della velocità la sua arma principale. Il suo mix di lanci non è abbastanza per contenere un attacco di stelle: l’interbase Tanaka, il seconda base Kikuchi, l’esterno destro Seiya Suzuki e l’esterno sinistro Xavier Batista. Quest’ultimo è un dominicano (classe 1992) arrivato in Giappone con una semplice esperienza di Minor League negli USA e che ha cominciato dalle Leghe Minori anche qui. Poi è diventato il primo giocatore straniero capace di battere un fuoricampo in ciascuno dei suoi primi 2 turni NPB.

Xavier Batista Meiji Jingu
Xavier Batista, uno degli idoli dei tifosi degli Hiroshima Carp

Batista la batte un paio di volte contro il muro e il terza base Abe (che mi ero scordato, nell’elenco di stelle) chiude i conti con un fuoricampo all’ottavo, un inning in cui Hiroshima segna 3 volte e chiude i conti.
Gli Swallows in attacco non combinano niente fino al nono, quando mettono in croce il closer All Star Shota Nakazaki. Il set up man dominicano Geronimo Franzua (classe 1993, lancia pillole da 95 miglia all’ora) non aveva lasciato chance ai battitori degli Swallows.
Peccato che i padroni di casa si siano svegliati così tardi, perché quando gli Swallows segnano, si scatena al Meiji Jingu la tradizionale Umbrella Dance.

Nella sostanza, la gente si porta degli ombrellini (in vendita al negozio di souvenir, per altro) e li agita in modo rituale. La dance è accompagnata da un canto che, ovvio, non ho speranza di interpretare. Ma l’effetto visivo è notevole.

La partita dura quasi 4 ore e senza andare ai supplementari. Il ritmo a cui l’evento si snoda è piuttosto lento. Sembra di essere negli stadi MLB negli anni ’80 e ’90, quando a volte l’intrattenimento prendeva il sopravvento sul gioco. Ma i posti che si liberano prima della fine sono veramente pochi. Ai giapponesi, insomma, piace così.

In comune con gli stadi MLB c’è il fatto che gli spettatori consumano quantità inimmaginabili di cibo e bevande. Inclusi super alcolici: qui non hanno problemi a venderli allo stadio, perché la moderazione fa parte dell’identità nazionale. Non è concepibile, ipotizzare ubriachi sugli spalti.
La differenza con gli stadi MLB (che pure, in confronto agli stadi italiani di qualsiasi sport, sembrano puliti) è che nessuno si sognerebbe nemmeno lontanamente di abbandonare rifiuti. Tutti arrivano allo stadio con la loro borsina in plastica dentro la quale accumulare rifiuti. Che poi consegnano all’addetta che passa regolarmente. O, se son proprio educati, differenziano ai cestini che si trovano sulle scale che portano all’uscita.

Per la cronaca, all’uscita troviamo una maniera molto più agevole di raggiungere la Tokyo Station rispetto a quanto consigliato dall’addetta dell’albergo. Ma per dire come sono i giapponesi, superiamo di slancio un assembramento di persone nei pressi della fermata del metro per scoprire che era gente in fila per entrare alla metro. Solo, non occupava tutto lo spazio a disposizione.