Il 6 marzo del 2014 Max Marchi, bolognese di Sasso Marconi, partiva per gli Stati Uniti dopo aver raggiunto un accordo con gli allora Indians di Cleveland. Quando lo intervistai per il sito FIBS, mi spiegò che si sarebbe occupato di analisi statistiche per il settore Baseball Operations.
Avevo conosciuto Marchi come Doc Pepper, uno dei primi blogger del baseball italiano. Facciamo un salto indietro al 2002. Lui (classe 1978) era fresco di laurea in Statistica. Io ero più maturo (come si legge nel mio profilo, sono nato nel 1963), ma restavo un novizio nel ruolo di addetto stampa della FIBS, alle prese con i forum degli appassionati che si trovavano su Baseball.it e che possiamo definire antesignani dei social media.
Doc Pepper ha iniziato a firmare articoli sulla tecnologia pitch f/x, che traccia la traiettoria dei lanci. E Max Marchi si è fatto notare, al punto da essere invitato da Sport Vision (acquisita successivamente da SMT, nota mia), che aveva creato la tecnologia in questione, a un summit a San Francisco. La sua avventura è iniziata così, proseguendo con la collaborazione con Baseball Prospectus, il sito bibbia della cosiddetta Sabermetrica (da SABR, Society for American Baseball Research, “la ricerca della conoscenza oggettiva nel baseball”).
Dallo scorso 19 novembre gli Indians si chiamano Guardians. Max Marchi è ancora lì.
“Quando sono approdato agli allora Indians, ero il terzo membro del dipartimento di Analytics (ora ribattezzato Research and Development), ora siamo in 8, uno dei quali è Assistant General Manager, e probabilmente ci espanderemo ancora. Ho sempre lavorato da remoto, intensificando nel tempo le trasferte in USA. Prima che la pandemia costringesse tutti a casa, viaggiavo 5-6 volte l’anno”, ci spiega Marchi attraverso una e-mail.
Aggiunge: “Con la crescita del dipartimento, sono cambiati un po’ i compiti; così, oltre a essere sempre impegnato ad eseguire analisi vere e proprie, sono anche chiamato a gestire il team su alcuni temi di ricerca”.
Quando ha accettato di concedermi l’intervista, Marchi ha puntualizzato che non avrebbe potuto rispondere a domande su singoli giocatori, meno che mai commentare la vertenza tra MLB e giocatori per il contratto di lavoro.
Quello che a me interessa però è il conflitto tra tradizione e innovazione nella valutazione dei giocatori. Ad esempio: le analisi statistiche hanno reso superfluo l’occhio dello scout?
“No. Possono semmai aver cambiato un po’ il lavoro dello scout. A livello MLB ormai ogni cosa è tracciata: sappiamo la posizione del ginocchio sinistro dell’interbase durante tutto lo svolgimento dell’azione. E’ chiaro che, di conseguenza, risulta inferiore il valore aggiunto di uno scout in un contesto simile. Ma, man mano che si scende di livello, le tecnologie disponibili vanno via via diminuendo; pertanto si vedranno sempre meno scout in tribuna per le partite MLB, ma il loro compito resta fondamentale per scovare i giocatori di domani. Ci piace monitorarli con le super tecnologie, ma meglio se qualche anno prima siamo riusciti a identificarli in anticipo sugli altri, no?”.
Io ho sempre amato lo sport proprio perché è una splendida imperfezione. Ho l’impressione che la ricerca della combinazione perfetta lanciatore contro battitore renda il gioco più noioso. Penso anche che andare alla ricerca del 100% di successo destini al fallimento. Commenti?
“Concordo su alcune parti, su altre no. Provo a fare un parallelo. Negli anni le auto di Formula 1 sono state continuamente perfezionate, lasciando sempre meno spazio all’imprevedibilità e alla creatività del pilota; per rendere il prodotto meno noioso sono state apportate modifiche al regolamento, incluse limitazioni alla tecnologia. Nella MLB i lanciatori sono più forti che mai, i battitori idem, stesso dicasi per le difese; sono venute meno tante inefficienze di gestione (lascio su il lanciatore perché “me lo sento”). A mio avviso, le squadre e i giocatori devono tendere verso la perfezione, anche se è irraggiungibile. Se il risultato è che il gioco diventa più noioso, si cambiano le regole per renderlo più divertente”.
Per dire, io abolirei lo shift.
“A me piace, anzi non capisco perché le TV non lo mostrino di continuo: sarebbe come se nel football inquadrassero solo il quarterback, senza mostrare lo schieramento di attacco e difesa. Detto questo, preferirei che lo abolissero i battitori, magari reimparando l’arte della smorzata: quando inizi ad avere una media arrivi di .600, le difese tornano a spostarsi.”
Prima di salutarci, parliamo del nome Guardians. Io Indians non ho mai neanche lontanamente pensato che potesse essere razzista. Magari il logo un po’ di più. Che ne pensi?
“Come ha detto Tito” il manager Terry Francona, nota mia “la parte del nome che conta è Cleveland. E’ vero, Indians era un nome storico, ma solo in senso di anzianità: era stato scelto (1915; in precedenza la squadra di Cleveland si era chiamata Broncos, Blues e Naps; nota mia) per copiare i Braves che avevano vinto nel 1914. Senz’altro ci sarebbe una rivoluzione a Boston, se cambiassero il nome Red Sox… ma se la squadra nascesse ora, non credo che il nome Calze Rosse desterebbe particolari entusiasmi”.
la scorsa settimana è uscito in Giappone il libro che Max scrisse prima di entrare a far parte degli Indians e che ora è in dotazione a tutti i team sia di MLB che di MiLB e a tutte le università che in USA insegnano statistica.
Il titolo originale è “Analyzing Baseball Data With R”; lascio a te trovare con google il titolo giapponese e la copertina.
saluti Leo Marchi (padre di Max)