Apparentemente, in Venezuela gli aerei non possono partire ad un orario normale. Così sabato 18 dicembre la sveglia suona prestissimo e c’è ancora buio, quando lasciamo l’hotel Pestana per trasferirci al terminal domestico e imbarcarci per Puerto Ordaz.
Se prima di partire avevo il dubbio che il film “The terminal” di Spielberg fosse profetico, adesso ho la certezza: gli aeroporti sono lo specchio di quel che non funziona nel mondo del 21esimo secolo.
A Puerto Ordaz, stando agli orari dei nostri voucher, avremmo dovuto perdere la coincidenza per Canaima. In effetti, ho già abbastanza esperienza della puntualità venezuelana per capire che l’aereo non lo perderemo. Però un po’ di agitazione c’è, visto che questo è il primo test per il nostro programma di viaggio.
All’uscita ci sono per fortuna i banchi delle agenzie viaggi, compresa la ‘nostra’ Canaima Tours. Quando arrivo, una signora anziana sta trattando malissimo 2 impiegati che non le sanno dire a che ora decolla il volo. Gli impiegati sono talmente preoccupati che non alzano nemmeno la testa dalle loro occupazioni (mandare SMS).
Per fortuna mi trovano nella lista dei passeggeri destinati a Canaima. Ma la mia domanda “quando partiamo” ottiene un prevedibile “boh” come risposta. Poi uno degli impiegati aggiunge: “Vai al bar a bere qualcosa e quando torni ti diciamo a che ora partiamo”.
Comunque partiamo. Anche se a bordo di un aereo che non sembra abbia la forza di potermi trasportare, tanto è piccolo. E imprevedibilmente, arriviamo anche.
Il volo dura poco più di mezz’ora e la parte finale è davvero spettacolare, perchè si sorvola la foresta che contorna l’enorme rio Orinoco. Qui siamo vicini al delta e l’Orinoco sembra in effetti più il mare che un fiume.
Siamo alloggiati al lussuoso Waku Lodge e ad accoglierci all’aeroporto (parola un po’ abusata: diciamo pista d’atterraggio) c’è il direttore del lodge. Si chiama Frank e, anche se so che non è politically correct, non posso che chiamarlo una checca abbastanza agitata. Se vedeste Frank (che parla un ottimo italiano), vi rendereste conto che non esiste un altro termine per descriverlo.
Frank ci spiega che la gita principale, alla cascata Salto Angel, è per la mattina successiva. Ma che al pomeriggio visiteremo le cascate della laguna di Canaima.
Il divertimento principale qui è passare dietro alle cascate. Operazione che ha un che di pericoloso (le rocce sono scivolose) e molto di bagnato. Non avendo altre calzature, finisco con l’indossare le mie preziose (non tanto per il valore, US $ 29.99, ma perchè sono le uniche che ho) scarpe da ginnastica Under Armour e le riporto al lodge in condizioni penose. Oltretutto, senza aver ben capito il divertimento di passare dietro le cascate, che è un po’ come fare la doccia alla massima intensità.
In camera, le cattive notizie si succedono: il tucano stanziale vorrebbe esercitare il suo notevole becco sulle mie scarpe e quindi non posso lasciarle ad asciugare all’esterno. Il mio telefono Nokia da battaglia non funziona e il telefono americano (che avrebbe la banda giusta) si rifiuta di digerire la mia sim italiana. Sono irraggiungibile da telefonate ed SMS e mi sento un po’ nudo, lì per lì. Dai rubinetti esce acqua rossiccia e io a Frank che mi dice che è potabile, proprio non ci credo.
A cena c’è l’altra cattiva notizia. E’ in programma uno spettacolo del Coro Infantil Kanaima, che propone i suoi Cantos para el Alma. Io sono già in crisi d’astinenza da Paul Weller, perchè non ho portato l’IPOD, e non sono nello stato d’animo migliore per ascoltare questi bambinetti guidati da una maestrina che ha le sopracciglia di Elio di Elio e le Storie Tese. Oltretutto, tra gli ospiti c’è la figlia di Hugo (arrivata in elicottero, visto che siamo tutti uguali…), con tanto di nipotino molesto che si sente messo in secondo piano perchè non è tra gli interpreti. E come se non bastasse, il concerto ritarda la cena.
Ai bimbi vanno comunque 100 bolivar (50 per l’acquisto del CD e altrettanto come contributo spontaneo) perchè a volte vivere nel Paradiso terrestre non è così semplice.
Come detto, l’attrazione principale è il Salto Angel. Anzi, secondo la guida Lonely Planet, il Salto è “la principale attrazione turistica del Venezuela”. Per altro, grazie alla guida scopro che si chiama così in memoria del pilota americano Jimmy Angel, che per primo individuò la cascata.
Per andarci e tornare in giornata, è necessaria una comoda sveglia alle 4.30, una navigazione di un 4 ore di canoa e una camminata di un’ora scarsa. Che non è dura (è tutta in salita, il primo tratto in falsopiano, la seconda parte un po’ più ripida, ma alla portata di tutti), però è scomoda. Il terreno è fangoso e si incespica spesso nelle radici. La cosa più scomoda è però la canoa, nella quale io sono praticamente piegato in 2 e ho il sedere ormai piatto. Certo, la navigazione offre uno scenario meraviglioso, a cominciare dai Tepui, monti con la cima piatta che sono caratteristici di qui.
La guida parla ottimamente italiano e ci insegna a come nutrirsi di termiti, nel caso ci perdessimo nella foresta. Io sono maligno: “I gorilla che ho visto in Uganda erano già più furbi, anzichè infilare un dito, infilavano nel termitaio un bastoncino”. Accusa e non risponde.
E’ un bel tipo anche lui: padre di 5 figli dai 14 ai 28 anni, ha vissuto ad Ibiza e parla tantissimo. Condividendo anche i cavoli suoi. Ad esempio, il fatto che quando viveva ad Ibiza pesava 45 chili. Chissà cosa si fumava…
Con noi in gita c’è una famiglia di italiani residenti in Venezuela e un gruppo di amici, del quale fa parte anche il responsabile dell’Alitalia Venezuela, un altro italiano nato qui. Lui stesso ci dice che gli italiani che sono residenti in Venezuela sono ben 750.000.
Dopo la sudata per salire al Salto Angel, ci tuffiamo nelle acque fresche del rio Carrao. Che sono in effetti rossicce, ma non perchè inquinate. In verità, assumono la colorazione dalle alghe.
Pranziamo a base di pollo (ma sarà stato pollo? Aveva un becco strano) asado, cioè allo spiedo sulle braci, ed è un pasto molto soddisfacente.
“Piace a tutti” dice la guida “Non capisco se per la fame o perchè è buono sul serio”.
Il Salto Angel è una cascata ben strana. E’ alta un chilometro, ma è stretta. Certo, il colpo d’occhio che si gode dal mirador è davvero speciale. E poi, stare così a contatto con la natura mi fa bene.
Il 20 dicembre, giornata cuscinetto di relax, mi dedico a risolvere il seguente quesito: “Se compro la maglia e la bandiera di una squadra e pago in totale 110 euro, quanto costa la bandiera, se la maglia costa 100 euro in più?”
Edoardo Bonvicelli, che scrive l’articolo di Micromega dal quale ho tratto il quesito, mi tranquillizza: “Non preoccupatevi se avete risposto 10. Lo fanno quasi tutti, ma la risposta è sbagliata”.
Insomma, sono caduto in una Illusione Cognitiva.
La risposta giusta è 5. Con la maglia che costa 105. In effetti, tra 100 e 10 non c’è una differenza di 100.
Detto così, sembro svelto. Ma in realtà ad arrivarci ci ho messo una vita. Ero anche partito per risolvere il problema con una proporzione e le tracce dei miei calcoli sono disponibili per la consultazione sul mio diario di viaggio.
L’unica distrazione del giorno è stata il prete locale, uno spagnolo che io ho affettuosamente soprannominato Don Paraculo, visto che vive al lodge e non nel pueblo degli indigeni, che mi è venuto a far notare un’iguana che si arrampicava su un albero.
Thats more than sesnible! Thats a great post!