Il film Lui è tornato inizia in una zona piuttosto anonima di Berlino. Lo scrittore Timur Vernes, quando si è immaginato il ritorno di Adolf Hitler nella Germania dei nostri giorni, ha scelto il luogo nel quale il Fuehrer è stato visto l’ultima volta: il suo bunker. In quel luogo finì il periodo nazista della Germania.
Del film tratto dal libro e del suo remake italiano ho parlato su questo sito in un articolo sul PERICOLO FASCISTA nell’Italia di oggi.
Bunker in Italiano si dice…bunker. Ma facendo una traduzione idiomatica della parola, il termine nella nostra lingua che rende più l’idea è “rifugio”. Il bunker di Berlino era, nella sostanza, il rifugio di Adolf Hitler.
Non bisogna pensare a una stanzetta. Il rifugio constava di 2 edifici, connessi tra di loro attraversio vie sotterranee. Erano connessi anche alla Cancelleria del Reich, che si trovava a oltre 100 metri a nord.
Nelle stanze del bunker trovarono la morte Hitler, Eva Braun, Joseph Goebbels, la moglie e i loro 6 figli. Ma dal gennaio del 1945 nel bunker vivevano non meno di 30 persone, inclusi medici, componenti dell’ammistrazione del Governo e la segretaria di Hitler Traudi Junge.
Oggi del bunker non è rimasto nulla. Tanto che non è nemmeno facile trovare la zona in cui era, benché sia indicata. Dove si trovavano i sotterranei, oggi c’è un anonimo parcheggio. Dietro ci sono appartamenti assolutamente ordinari. Ma, a cercare bene, si trova un cartello che (asciutto come solo i Tedeschi sanno essere) vi informa di dove vi trovate.

Non lontano da dove si trovava il bunker, la Germania ha eretto il monumento più importante per commemorare il genocidio degli Ebrei. Si chiama Denkmal fuer die ermordeten Juden Europas (Monumento alle vittime Ebree in Europa) o Holocaust Mahnmal (Monumento che commemora l’Olocausto).
Per visitare il Mahnmal occorre un po’ di tempo. Ma è tempo ben speso.
Al centro informazioni (Ort der Informationen) si trova una mostra interattiva e multimediale dedicata a varie famiglie ebree deportare nei campi di sterminio. L’accesso al Mahnmal vero e proprio è libero. L’architetto di New York Peter Eisenmann ha deciso di ricordare le vittime con una serie di 2711 stele, larghe uguali ma di diverse altezze. Non si può far altro che percorrerle, osservare i giochi di luce che fa il sole tra le stele. E constatare che chiunque, e in certi momenti della giornata il luogo è abbastanza affollato, rimane in silenzio.

Non ho molto da aggiungere sull’argomento rispetto a quanto ho scritto qualche tempo fa. Ma qualche altra parola ci sta. Parafrasando Primo Levi: la certezza è che è successo e, dunque, potrebbe succedere ancora.
3-CONTINUA