Alessandro Vaglio: “Gli atleti vogliono presentare le loro idee alla FIBS”

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Conosco Alessandro Vaglio da quando è entrato all’Accademia di Tirrenia come un ragazzo col sorriso birichino, parecchio talento per il baseball e una attitudine non particolare per la disciplina. Così ho risposto di getto a un suo rilievo sul mio articolo riguardante quel che non era successo tra la Major League Baseball (MLB) e il baseball italiano.

Il messaggio via Facebook di Alessandro diceva che condivideva il mio pensiero. Ma mi invitava a considerare che nessuno ha mai chiesto l’opinione dei giocatori.
“Beh, avete pur sempre i rappresentanti dei giocatori in Consiglio Federale…”. L’ho prima pensato e poi l’ho scritto. Poi mi sono pentito. Perché di quella opinione potevo fare qualcosa di più.

“Purtroppo durante la mia carriera non c’è stata la collaborazione necessaria tra atleti e rappresentati degli atleti per migliorare la situazione. Da parte dei primi c’è stato poco interesse, mentre da parte dei secondi un progredire nel lavoro senza una condivisione tangibile”.

Me lo ha detto Alessandro Vaglio al telefono.

Alessandro Vaglio è il Capitano della Nazionale di baseball. Questa opinione non lo renderà più popolare con il Consiglio Federale. Figurarsi con i rappresentanti degli atleti. Che sono, sia detto per la cronaca, Daniela Castellani e Filippo Comelli.

Alessandro Vaglio è convinto di quello che dice. E aggiunge una interessante riflessione.
“Da quando sono arrivato io in prima squadra, la condizione degli atleti è molto cambiata”.
Parliamo di situazione economica. Stando bene attento a non fare i conti in tasca a nessuno, provo a chiedere se riusciamo a fare un ordine di grandezza: “Mettiamola così: quando ho esordito in A2 con l’Arezzo nel 2009, c’erano giocatori di A2 che guadagnavano quello che guadagno io oggi”.

Torniamo alla polemica che è stata alla base della pubblicazione dell’articolo. Cosa significa per un giocatore di alto livello giocare un campionato di 25 partite? “Significa non arrivare a essere preparato. La partita è il vero allenamento di un giocatore di baseball”.

Lasciamo perdere la situazione particolare di questo 2020. L’emergenza dovuta al coronavirus ha portato addirittura alla cancellazione dei campionati di pallacanestro e rugby. Parliamo in generale: dobbiamo rassegnarci a un baseball italiano da amatori? “Io inizierei con il porre domande diverse”.

Ci siamo. A te la parola, Alessandro Vaglio.
“Il baseball italiano si deve chiedere dove vuole arrivare. E, dopo aver risposto, decidere su cosa investire. Poi deve darsi obiettivi sostenibili”.

Parliamo degli obiettivi sostenibili: “Una società che costruisce una squadra con l’unico obiettivo di vincere partite e campionato è legittimata a fare un certo tipo di scelte. Farà investimenti e cercherà di valorizzare quegli investimenti”.

Cerchiamo di capirci meglio. Parli di investire in giocatori che possano dare risultati in breve tempo. Quindi, giocatori già pronti. Quindi, giocatori in linea di massima non formati in Italia. Meno che mai, giocatori da formare.
“In Italia c’è una convinzione completamente sbagliata. Si pensa che formare atleti sia facile. Invece è molto difficile. Bisogna prima individuare il talento, poi investirci tempo e risorse. E non è per niente detto che si riesca a sviluppare il talento. Io la chiamo l’Utopia dell’Alto Livello senza Formazione. E mi rivolgo anche agli atleti: non pensate che per diventare un giocatore di baseball di livello basti prendere mazza e guantone la domenica, salire in macchina e andare al campo…”.

Quale deve essere l’obiettivo di un atleta?
“Io ti posso dire quale obiettivo avevo io: giocare al massimo livello”.
E direi che ci sei riuscito. Spiegaci come: “Quando ho avuto la possibilità di trasferirmi a Grosseto nella IBL ho detto chiaro che volevo la garanzia di giocare 2 partite a week end. Certo, mi rendevo conto del fatto che se il campo avesse detto che non ero all’altezza, la garanzia sarebbe venuta meno…”.
Se tu avessi 20 anni oggi? “Sarebbe molto più difficile avere quella opportunità. Allora c’era l’obbligo di schierare un certo numero di atleti di scuola italiana. Oggi quell’obbligo non c’è più e noi giocatori italiani abbiamo anche perso parecchio potere contrattuale”.

Cosa intendi per potere contrattuale? “Il vincolo e le relative procedure di svincolo non mi sembra diano le stesse opportunità a giocatori italiani, comunitari e stranieri…”.

Alle parole, Alessandro Vaglio vuole unire i fatti.
“Sono nel consiglio dell’Associazione Giocatori di Baseball e Softball”.

Devo ammettere che avevo solo una vaga idea dell’esistenza della IBSPA (Italian Baseball Softball Players Association; se accettate un consiglio, opterei per qualcosa tipo Giocatori Italiani di Baseball e Softball Uniti. La nostra lingua è così bella…. ), che mi era stata presentata dal Presidente Massimiliano Geri.
Butto lì che l’ho vista fino qui impegnarsi più che altro in iniziative di marketing.
“L’inizio è stato faticoso. Siamo nati come conseguenza dello smantellamento della normativa sugli ASI (Atleti di Scuola Italiana, n.d.a.). Ci è servito un anno per scrivere lo Statuto. Ora siamo operativi”.

Leggo sul sito ufficiale che del Consiglio fanno parte anche il Vice Presidente Livinston Santaniello, il Segretario Tesoriere Stefano Desimoni. Oltre a Vaglio, i consiglieri sono Marco Sabbatani, Eva Trevisan, Greta Cecchetti, Jason Grilli e Tommaso Scagnolari.

“Vogliamo responsabilizzare gli atleti. Chiediamo a tutti di informarsi. Siamo arrivati a un centinaio di soci, ma speriamo di crescere rapidamente”.
Siete operativi, abbiamo detto? “Sì, abbiamo già incontrato gli atleti delle squadre di Serie A1 di softball e contiamo di incontrare a breve quelli delle squadre di A1 di baseball. Per assurdo, i ritardi dovuti all’emergenza coronavirus ci hanno aiutati a organizzarci”.

Servirà poi il passo più importante: “Vogliamo che ci venga concessa la possibilità di presentare le nostre idee alla FIBS”.

Alessandro Vaglio in maglia azzurra. Le foto di questo articolo sono di Corrado Benedetti-NADOC