L’aeroporto Changi di Singapore è il tredicesimo al mondo come traffico, ma certamente il primo per i servizi che mette a disposizione. Di fatto, la giornata in quell’aeroporto conclude il mio diario di viaggio e mi apre però la strada per 2 articoli finali, che seguiranno questo. Quindi, diciamo che da Changi inizia un altro viaggio.
Leggo dal mio diario: “Ma che razza di sfiga, che il volo Tiger Air da Manila a Kuala Lumpur ha uno stop over di 5 ore a Singapore…”.
Mentre scrivevo, non sapevo ovviamente che la Tiger Air mi avrebbe perso di lì a poco la valigia. Avrei fatto meno lo spiritoso, se no. Avevo comunque superato lo chock della sveglia alle 3.30. Ma del viaggio di ritorno e dei suoi inconvenienti ho già parlato nel primo articolo. Qui voglio concentrarmi sul perché ero così euforico: sulla terrazza del Terminal 1 di Changi c’è una piscina aperta al pubblico. Si pagano 17 dollari di Singapore (poco più di 10 euro) e si ha diritto allo spogliatoio e all’asciugamano. C’è anche un bar con cucina che permette di fare uno spuntino.
Per descrivere Changi, prendo dai miei appunti senza aggiungere nulla: “E’ tutto pulitissimo e perfetto. Nei bagni il getto d’aria per asciugare le mani esce profumato e ovunque ci sono postazioni internet gratis. Il WI-FI avrà 50 mega in download e 2 o 3 in upload e si accede gratis richiedendo una password che arriva via SMS. Ovunque ci sono anche postazioni per il massaggio dei piedi, sempre gratis”.
La piscina è solo una delle alternative. Alla Tiger si aspettano che uno vada a Singapore per ammazzarsi di shopping e, non a caso, offrono un buono sconto incluso nel biglietto. In aeroporto offrono anche un tour gratuito per Singapore. Ma la piscina ha avuto più appeal su di noi, anche perché non è che le attrattive di questa Città-Stato (o, se vogliamo essere precisi, Isola-Stato…) siano particolari, dal punto di vista del turista di un giorno. Almeno, non quelle diurne.
Singapore è indipendente dalla Malesia dal 1965. Ha una popolazione di oltre 5 milioni di persone, di cui il 40% è straniero. Quasi tutti sono ricchi, alla luce del fatto che il PIL pro capite è di 50.000 dollari (poco più del doppio di quello dell’Italia, un 10 volte quello della Malesia).
Una breve occhiata alla Storia di Singapore mi fa scoprire che nel settimo secolo questo era un avamposto dell’Impero Srivijaya e che nel secolo undicesimo è stata invasa dall’Imperatore Indiano Rajendra Chola primo. Ha poi avuto una storia parallela agli altri paesi di questa zona: portoghese nel 1600, finì successivamente sotto l’influenza olandese. Durante questo periodo il Principe di Sumatra Sang Nila Utama le diede il nome Singapura (la città del leone; sbarcando aveva visto appunto un leone).
La Singapore moderna nasce nel secolo diciannovesimo, fondata da Sir Thomas Stamford Raffles. Prima fu amministrata dalla Compagnia britannica delle Indie Orientali e poi divenne nel 1867 a tutti gli effetti Colonia dell’Impero.
Durante la seconda guerra mondiale (1942) Singapore fu invasa dai giapponesi. Winston Churchill commentò: “Il più grande disastro e la più grande capitolazione della nostra storia”. Per i nipponici era Shonanto (l’isola del sud). A settembre 1945 Singapore tornò comunque britannica.
Nel 1963 Singapore si fuse alla Malesia, dalla quale è separata da un braccio di mare. Una serie di conflitti col Governo centrale portarono all’indipendenza 2 anni dopo. Nel 1967 Singapore contribuì a fondare l’ASEAN (l’Associazione degli Stati del Sud Est Asiatico di cui abbiamo già parlato).
L’atmosfera che regna in piscina mi fa pensare al Bohol Beach Club. Metto subito a confronto le contraddizioni che entrambi i luoghi hanno con l’atmosfera paradisiaca e di relax che offrono. A Bohol un cartello avvertiva: “Benchè i boholiani siano molto cordiali e accoglienti, vi sconsigliamo di camminare oltre i limiti del club”.
A Singapore sulla carta di ingresso avvertono che per i trafficanti di droga è prevista la pena di morte.
Oltre al relax, la spiaggia di Bohol e la piscina di Changi hanno per me un’altra cosa in comune. Nelle filippine ho iniziato a leggere Ilium di Dan Simmons e a Singapore sono alle prese con Olympos.
Di solito concludo i miei resoconti a puntate con qualche nota sui libri che ho letto in viaggio. In questo caso mi dedicherò solo ai libri Simmons. Si tratta di un’opera (la vicenda è unica) monumentale e leggerla mi ha sostanzialmente occupato tutto il mese. Ma il lascito davvero rilevante di queste letture sono tutte le ricerche che mi hanno stimolato a fare. Quindi mi preparo ad aggiungere 2 articoli: uno dedicato agli aspetti più strettamente letterari e l’altro a quelli più scientifici.
Quando si inizia a leggere Ilium ci si trova immersi in una serie di vicende che si intersecano. La prima è quella dello studioso Hochenberry (Simmons lo chiama scholic), un uomo nato attorno al 1950, morto di cancro e riportato in vita in un futuro lontanissimo dagli dei dell’antica Grecia per fare da cronista sulla guerra di Troia. La seconda vicenda riguarda i Moravec, intelligenze artificiali in parte organiche che sono l’evoluzione delle sonde lanciate oltre la fascia degli asteroidi dall’umanità e che hanno colonizzato le lune di Giove; Hans Moravec (1948) è uno scienziato austriaco esperto di intelligenze artificiali e che ha teorizzato il paradosso che porta il suo nome e che, in sintesi, sostiene che una capacità di ragionamento complesso non richiede necessariamente grande capacità di calcolo, ma per compiere movimenti elementari sono necessari calcoli complicatissimi. Naturalmente ci tornerò. Vi anticipo che non potrete che innamorarvi dei letterati Orphu di Io e Mahnmut di Europa e delle loro discussioni.
La terza vicenda riguarda quel che resta nel futuro degli esseri umani: vivono 100 anni precisi, festeggiano il compleanno ogni 20, non sanno leggere e si spostano col teletrasporto. I personaggi principali dell’umanità del futuro con cui si entra subito in contatto sono Ada, Harman (che ha 99 anni ed è tutt’altro che pronto a morire), Daeman (che colleziona donne e farfalle). Da una stazione di teletrasporto all’altra vanno tramite una carriola spinta dai Voynix, che sono dei servitori ma si trasformeranno in nemici. I Voynix hanno origine misteriosa, comunque, non terrestre.
L’ispirazione per il nome Voynix a Simmons l’ha data quello di Wilfrid Michael Voynich, un libraio di New York (ma nato nell’Impero Russo) che nel 1912 comprò in Italia dai gesuiti un cassettone di libri antichi. Tra questi c’era quello che passerà alla storia come il manoscritto misterioso, probabilmente proprietà dello storico tedesco Athanasius Kircher, gesuita morto a Roma nel 1680. Si tratta di un codice illustrato che, stando alla datazione al radiocarbonio (fatta nel 2011), risalirebbe al 1400; il manoscritto ha un sistema di scrittura ancora non decifrato, che contiene disegni di piante sconosciute e testi in un idioma che non appartiene ad alcun sistema alfabetico linguistico noto. E’ conservato presso la Beinecke Rare Book and Manuscript Library dell’Università di Yale (USA), alla quale è stato donato nel 1969. Non ne esistono copie, per consultarlo bisogna prenotarsi. Per la verità, se ne può acquistare una versione digitale (via Amazon) o anche dare un’occhiata alle immagini direttamente sul sito della Beinecke. I libri sul manoscritto si sprecano. E’ molto divertente da leggere The Friar and the Cipher di Lawrence e Nancy Goldstone, che parte dal presupposto che Roger Bacon possa essere l’autore del manoscritto e spiega per quale motivo il filosofo e scienziato inglese avrebbe dovuto pensare a un codice cifrato. Si tratta di un libro di Storia, che vuole rivalutare l’importanza del tredicesimo secolo e per farlo parte dall’antica Grecia (Platone e Aristotele) e si concentra sull’importanza di Avicenna e Averroè per il futuro della Scienza in Europa.
Il libro più famoso sul manoscritto lo comunque ha scritto Robert S. Brumbaugh dell’Università di Yale nel 1978. Purtroppo non esiste come e-book e la versione hard cover costa una fortuna.
Simmons ci fa inizialmente balenare l’idea che i Voynix vengano dallo stesso posto misterioso da cui proviene il manoscritto (un pianeta extraterrestre, evidentemente), ma verso la fine di Olympos non manca di sottolineare che questa interpretazione è frutto di una truffa. Simmons scriveva diversi anni prima della datazione al radiocarbonio, quando ancora si pensava che il manoscritto fosse in effetti un falso creato nel 1600 per truffare Rodolfo secondo d’Asburgo, Imperatore del Sacro Romano Impero, che pagò 630 ducati (cifra capace allora di cambiare la vita di una persona) agli alchimisti (e seguaci di Roger Bacon, al quale attribuirono il manoscritto) John Dee ed Edward Kelley.
Penso si inizi a capire perché voglio dedicare altri 2 articoli a Ilium e Olympos.
13-CONTINUA
1-INIZIO DALLA FINE 2-MOMPRACEM NON E’ POI COSI’ VICINA
3-LA VISITA DI KUALA LUMPUR 4-SUMATRA, DOVE MORI’ NINO BIXIO
5-L’INCONTRO CON L’ORANGO 6-IL BAGNO DEGLI ELEFANTI
7-LE FILIPPINE 8-GUAM E I “SOLDATI FANTASMA” GIAPPONESI
9-NIENTE SQUALI A TRUK 10-PERCHE’ TRUK HA LE MIGLIOR IMMERSIONI SUI RELITTI
11-I RELITTI DI TRUK: LE NAVI 12-I RELITTI DI TRUK: GLI AEREI